L'altro giorno mi sono imbattuto in questo articolo che parlava del film Dune e ho scoperto un luogo che mi è sembrato bello e un po' sconvolgente: il memoriale Brion. Si trova in una frazione di Altivole, un comune nella parte occidentale della piana di Treviso, in una zona in cui confluiscono ben quattro province trevigiane. È un posto che non conosco, che mi affascina ma di cui fatico a immaginare i paesaggi e i colori, nonostante Google. Tanto meno riesco a immaginarne il suono.
Almeno fino a pochi giorni fa, quando con una mail mi venivano mostrate le live session di Bais, vero nome Luca Zambelli, classe 1993, cresciuto a Bassano del Grappa, un cantautore molto atipico, intimo e impenetrabile allo stesso tempo, uno bravo insomma, come ha già dimostrato sul palco di MI AMI. Erano tre suoi pezzi, registrati in uno studio che sta poco distante da Altivole (e dal centro più vicino Castelfranco Veneto), per la precisione a Castello di Godego. Si chiama Ovedrive Studio, ha aperto quattro anni fa e sta diventando un punto di riferimento della (ri)fiorente scena indipendente veneta.
Ecco che la sound track del Memoriale Brion, e in generale di queste terre in cui si rende necessaria presto una gita, si fa più chiara nella mia testa. Bais, ma anche Alex Fernet, Bengala Fire, Post Nebbia, Kill Your Boyfriend, Dodicianni, tutti artisti del territorio che passano da Overdrive, che è uno studio molto sui generis, parecchio casalingo, ben diverso dagli studi urbani.
Ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con Luca Bais ed Edoardo Pellizzari, sound engineer e fondatore di Overdrive. Per parlare di Veneto, di come si fa una live session, delle caratteristiche che deve avere uno studio di registrazione.
Come si fa una buona live session?
LUCA: Una buona live session si fa con un ottimo lavoro di squadra. Bisogna avere un’idea comune di quello che si vuole raggiungere a livello audio e video. E, last but not least, i musicisti devono conoscere e suonare i pezzi in modo impeccabile.
EDOARDO: Dal mio punto di vista, una live session funziona se lo spettatore è in grado di percepire la spontaneità del momento. Non solo: chi guarda dovrebbe avere la sensazione di essere direttamente coinvolto nella session, tra i musicisti che registrano, libero di osservare i dettagli e sfumature che lo colpiscono e che non si noterebbero ad un concerto tradizionale. Questo si ottiene solo con un ottimo gioco di squadra: tra musicisti, studio di registrazione e videomaker sono essenziali preparazione, coordinazione e comunicazione.
Perchè hai deciso di organizzare delle live session?
EDOARDO: Per documentare, per avere una traccia non solo audio di quello che succede in studio e che è proprio un bel momento. Lavorare in team, per un progetto comune, è un’esperienza molto significativa da riprendere. Ancora, per promuovere lo studio e le realtà musicali che meritano di essere conosciute.
Come ti sei preparato per queste registrazioni?
LUCA: Il lavoro da fare per preparare queste rec non è così diverso dalle prove per un tour. La differenza più sostanziale è che bisogna essere molto più precisi e meticolosi, ogni singolo errore si sentirà ed allo stesso tempo bisogna suonare alla perfezione mantenendo però una buona dinamica tra i componenti della band, sennò si rischia di risultare freddi.
All'estero ci sono format di questo tipo che hanno una storia e una sostenibilità, in Italia si fa più fatica. Cosa ci manca?
LUCA: Secondo me non ci manca nulla, siamo solo un po’ troppo abituati a guardare l’erba del vicino e ad imitare le realtà estere. Dovremmo solo provare a sperimentare nuove soluzioni originali e più adatte a al nostro ‘giardino’ culturale.
EDOARDO: Concordo con il fatto che non ci manca nulla, né dal punto di vista artistico né da quello tecnico. Forse, lato sostenibilità, sarebbe opportuno che quante più realtà puntassero gli occhi su progetti di questo tipo, per notarne le grandi potenzialità. All’estero, grossi nomi investono in live session a scopo di visibilità e comunicazione: anche in Italia potrebbe potrebbe funzionare allo stesso modo, credendo nel talento di professionisti e iniziando a considerare come validi anche i progetti nuovi e inusuali.
Che posto è l'Overdrive studio?
EDOARDO: L’Overdrive è uno studio di registrazione professionale, che fa musica unendo tecnica, passione e convivialità. È uno studio sempre aperto alle novità e alle sfide, e queste session ne sono un esempio.
LUCA: È lo studio dove mi sento più a casa. Un po’ per la vicinanza a Bassano, un po’ per l’atmosfera che si respira dentro. Essendo una mansarda è super luminoso, non sembra neanche di essere in uno studio a ‘lavorare’… Si sta da dio li dentro. E poi c’è un bar corner fornitissimo dei migliori alcolici del triveneto.
Ci racconti meglio la storia della vostra realtà?
EDOARDO: È uno spazio che ho voluto creare dopo tanti anni in diversi, grossi studi. In queste esperienze ho imparato tanto, anche gli aspetti meno positivi di uno studio di registrazione. Tutto questo mi è servito per ideare uno studio “a misura d'artista”: l’Overdrive è uno spazio immerso nel verde, con tanta luce, molto confortevole, con strumentazione di grande qualità.
Quali altri studi frequenti?
LUCA: L’Overdrive è il mio studio di riferimento in Veneto. Vivendo a Milano frequento diversi studi, da quello di Sugar la mia label, a quelli dei produttori con cui collaboro. Mi piacciono gli studi ‘casalinghi’, quelli dove ci sono più strumenti e meno comfort. Non mi piacciono gli studi fast food che si affittano, mi sembrano freddi e senz’anima. Il mio studio ideale deve avere tanta luce e magari anche un giardinetto per prendere aria.
Quanto è diversa la vita di uno studio di "provincia" rispetto a quella della città?
EDOARDO: Principalmente, lavoro con artisti locali e nazionali. Non mancano i nomi esteri. Certo, lo studio si trova in provincia, ma respira un’aria molto più internazionale. Lavoro molto spesso in tour all’estero come fonico: questo mi consente di rimanere aggiornato sui cambiamenti e sulle novità, di conoscere persone nuove e inserire lo studio in un panorama ben più ampio e ricco. Mi piace considerare questo spazio come un punto di raccolta per quello che vedo altrove, di condivisione con tante realtà differenti e di partenza per chi ha voglia di esplorare nuovi ambienti. Tornando al "contrasto" con la città, l’idea è proprio quella di offrire una pausa dalla vita metropolitana, per concentrarsi nel progetto e godersi l’esperienza musicale al meglio.
Dopo gli anni d'oro, nel Nord Est c'è un rinnovato fermento di artisti, etichette, festival nella musica cosiddetta alternativa. Dove trova sempre nuove energie quest'area?
EDOARDO: È vero, il Nord-est vive un bel momento: tante realtà musicali, tanti festival, in tante città. A differenza di altre zone, credo che la mancanza di un centro principale contribuisca a rendere la scena musicale così frammentata. Ad esempio, in Veneto c’è tanto fermento musicale in tutta la regione, ma manca un polo di riferimento. Devo dire che non è questo a fermare la musica. Qui in Veneto le alternative sono tante, diversificate e, soprattutto, realizzabili con successo: siamo abituati a muoverci tra le città per alimentare la nostra scena “regionale”.
LUCA: Me lo sono sempre chiesto ma non sono mai riuscito a capire davvero il perchè. Rispetto alla scena nazionale forse noi del Nord Est ci sentiamo parte di una comunità ma non abbiamo una città di riferimento (fatta eccezione per Padova per le band padovane) che racchiude tutta la scena, come può succedere a Milano, Roma, Napoli ecc… E per questo motivo forse tendiamo a muoverci e a contaminarci.
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L'articolo Come si registra una perfetta live session di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-03-27 10:04:00
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