Era il 2012 quando ho visto Lo Stato Sociale live al MI AMI per la prima volta. Sono passati dieci anni, i cinque regaz di Bologna torneranno sullo stesso palco per festeggiare l'anniversario di Turisti della democrazia. Saranno al MI AMI, dove lo suoneranno per intero il 28 maggio 2022.
Se si parla de Lo Stato Sociale si dipana la matassa tutta aggrovigliata dei ricordi di questi ultimi dieci anni in cui è cambiato tutto: discografia, Italia, mondo, percezione vs. realtà, contesto, politica, potenza dei social, conoscenza della parola pandemia a livello globale, politicamente corretto e un centinaio di altre cose che farebbero la felicità di Lodo, Albi, Carota, Checco e Bebo, amanti delle liste in musica che proprio dieci anni fa uscivano con il loro disco di debutto dal titolo Turisti della democrazia, che fece un botto enorme e divise pubblico e critica tra quelli che ne andavano matti e gli altri che ritenevano i cinque non dovessero nemmeno stare sul palco a suonare.
Invece loro ci stavano, eccome se ci stavano, a loro completo agio tra invenzioni teatrali, balletti, cori, synth punk, comizio, slam poetry, imitazione di una band e reinvenzione del concetto di band, che per la scena italiana del tempo era un anatema e insieme una boccata d'aria fresca notevole. Basso, eventuale chitarra, niente batteria, tre synth messi in formazione geometrica e una vena tra il bolognese e il british di dissacrare e sputtanare, di mettere la vita vissuta insieme alle viscere sul vassoio stando attentissimi a rimanere cazzoni per non prendersi sul serio e fare come i duri e puri della scena.
Prima parlavamo di contesto, quindi contestualizziamo: il titolo Turisti della democrazia, è preso in prestito dalle parole di Silvio Berlusconi rivolte all'europarlamentare tedesco Martin Schulz, capogruppo socialdemocratico durante la seduta al Parlamento europeo del 2003, resa famosa dall'affondo in cui l'ex cavaliere consigliava al collega tedesco di fare la parte del kapò in un film sui nazisti, provocando lo sdegno bipartisan delle istituzioni. Un titolo politicissimo che schiera i cinque dalla parte delle istanze di una sinistra italiana che nel 2012 non c'è più (figuriamoci ora) e che raccoglie le simpatie degli orfani di quei valori, ma anche l'odio degli hardcore che, oggi possiamo dirlo a ragion veduta, avevano una capacità piuttosto conservatrice di vedere le cose, che a volte faceva il giro e somigliava a quella del loro peggior nemico.
L'album è prodotto dall'etichetta indipendente bolognese Garrincha di Matteo Romagnoli, che negli anni '10 diventa una delle realtà più significative per l'indie italiano - definizione non tirata a caso, sulla quale torneremo presto - producendo oltre a Lo Stato Sociale anche Ex-Otago, gli esordi de La Rappresentante Di Lista, L'Officina della Camomilla, Extraliscio e i mai troppo celebrati Camillas. All'epoca i cinque avevano pubblicato un ep autoprodotto dal titolo Welfare pop nel 2010 e l'ep Amore ai tempi dell'Ikea del 2011 che aveva inaugurato la collaborazione con l'etichetta bolognese.
Una scommessa per Garrincha, per una band atipica, nata da tre dj dell'emittente bolognese Radio Città Fujiko nel 2009, tali Alberto Cazzola, Alberto Guidetti e Lodovico Guenzi, e solo nel 2011 ampliata a quintetto con l'innesto di Enrico Roberto e Francesco Draicchio. Tutti giovani che vengono da esperienze diverse, dal cantautorato alla Daniele Silvestri o Cesare Cremonini alle band punk hardcore, agli LCD Soundsystem, a tutto quello che sta nel mezzo. La formazione a cinque funziona talmente tanto da non essere mai stata cambiata nel corso degli anni e il 2012 sembra essere un terreno fertile per istanze, scommesse e parole che tutti dicono in privato ma nessuno si azzarda a mettere nelle canzoni.
L'estate precedente è uscito Il sorprendente album d'esordio de I Cani che ha lanciato il progetto di Niccolò Contessa nella stratosfera dei debutti che restano nella storia e cambiano i giochi, ma I cani sono un discorso personale, non collettivo. Lo Stato Sociale amplia gli argomenti e tocca l'etico, il sociale in un modo del tutto nuovo, lontano anni luce dalla comunicazione dei Modena City Ramblers al primo maggio. I bolognesi amano provocare e insieme strizzare l'occhio, conoscono benissimo il dietro le quinte degli eventi dell'underground ma anche dei rapporti interpersonali dei ventenni della propria generazione e non hanno remore nel prendere per io culo loro stessi e tutti quelli che fanno parte dell'indie italiano.
Per capirsi, nel 2012 la cartina tornasole della scena italiana è il MI AMI Festival - lo è ancora - e in cartellone quell'anno c'è un mischione di generi e nomi da perderci la testa: Insieme agli headliner Calibro 35, Bugo e Brunori Sas suonano Offlaga Disco Pax, The Mojomatics, A Classic Education, i Vadoinmessico del futuro Giorgio Poi che sta sempre a Londra, i Drink To Me del futuro Cosmo, Appalooosa, M+A, Ronin, Movie Star Junkies, Hot Gossip, Soviet Soviet, Cosmetic, Il Pan del Diavolo, Thony, esordiscono i Fast Animals and Slow Kids e pure Lo Stato Sociale, che dopo Turisti della democrazia faranno un tour di 200 date in giro per i club (che al tempo esistono ancora) e i festival estivi di tutta Italia.
Per capirsi ancora di più, nel brano Amore ai tempi dell'Ikea del disco di cui stiamo parlando ampiamente oggi, suona violino e Fender Rhodes Nicola Manzan, uno dei musicisti più estremi del nostro Paese, cattivissimo col suo progetto Bologna violenta. Tutto questo per dire che i muri stanno iniziando a crollare anche nel circuito provinciale e settoriale italiano, in cui se ascolti la cassa in quattro non puoi parlare con chi suona la chitarra distorta. Non è certo un caso se nel video diventato ormai mitologia pura degli anni '10 di Sono così indie, girato interamente con un iPhone 4 - mentre si spendono ancora capitali per fare i videoclip professionali nonostante MTV non ci sia più, compaiono per amor di gag i seguenti artisti, talmente tanti da meritare un paragrafo a parte.
99 posse, A Toys Orchestra, Aedi, Frank Agrario, Babalot, Bologna Violenta, Brunori Sas, I Camillas, Giorgio Canali, Vittorio Cane, Caparezza, Chewingum, Cico, Max Collini degli Offlaga Disco Pax, Matteo Costa, Di Martino, Edipo, Edo, Ex Otago, Fast Animals & Slow Kids, Federico Fiumani, Forty Wings, Giovanni Gandolfi, Alessandro Grazian, Gazebo Penguins, Jocelyn Pulsar, LE-LI, Mariposa, Marta sui Tubi, Paolo Mei, Management del dolore Postoperatorio, Mangiacassette, Mr Brace, Nikki, Marco Notari, Ofeliadorme, L'officina della Camomilla, L'orso, Perturbazione, Quakers & Mormons, Ila Rosso, Selton, La Tosse Grassa, Ufo degli Zen Circus, Ilenia Volpe, Matteo Zanobini. Alcune realtà esistono sempre, altre si sono sciolte come i coni gelato d'agosto, altre sono diventate enormi, tessere importantissime del pop italiano.
Eh sì, gentili lettrici e lettori, perché nei primi anni '10 il pop italiano inizia il processo di cambio della pelle, tipo rettile e le etichette indipendenti si iniziano a prendere le fette di mercato che ormai le vecchie popstar della discografia non riescono più a gestire. I teenager, i ventenni diventano indie e ascoltano cose che neanche si trovano in radio, grazie ai social, al passaparola, ai concertini, ai siti che danno sempre più spazio alle realtà dal basso e agli stessi artisti che iniziano a scrivere in italiano e danno una forma alle loro canzoni sempre più vicina al pop, con un lavoro diverso sui suoni e sulle parole. Il rap, l'urban e la trap devono sempre metterci anni per prendersi il target dei minorenni e questi ultimi ancora non sono quelli che fanno il gioco dei numeroni degli streaming. Negli anni '10 siamo sempre sul "tutto conta" e Lo Stato Sociale è uno dei primi esempi di band o progetto che dir si voglia a diventare famosa fuori dal circuito dell'indie, dentro quello che conta davvero.
Frasi che diventano inni da scrivere sullo Smemoranda digitale che è diventato Facebook, facce più o meno pulite ma sicuramente fresche adatte alle ragazze con gli occhi a cuore, messaggi nascosti sotto la superficie del post modernismo, citazioni di cultura pop, di oggetti massa per veicolare concetti, musica da cameretta che la puoi ballare benissimo dove ti pare ed ecco pronto il successo su disco e nei concerti de Lo Stato Sociale. Io li ho conosciuti aprendo un loro concerto al festival Musica W di Castellina M.ma, nella campagna toscana, proprio nel 2012, mi immaginavo di trovare gente che se la tirava e che avvalorava le tesi degli hater sui social, invece la dura realtà mi poneva di fronte a cinque ragazzi normali che si stavano godendo un tour lunghissimo e insperato.
Gli stessi cinque che, sei anni dopo, avrebbero cambiato di nuovo il pop italiano, stavolta per sempre, classificandosi al secondo posto del Festival di Sanremo 2018 di Claudio Baglioni con la canzone Una vita in vacanza, ben prima che diventasse il palco di quelli che vengono dall'underground. Gli stessi cinque che, dopo la fama che ha colpito Lodo in seguito alla partecipazione come giurato a X Factor, decidono di cambiare le carte in tavola e ri-partecipano a Sanremo nel 2021 con Albi come frontman con il pezzo Combat Pop e, durante la serata delle cover, fanno una performance dedicata ai lavoratori dello spettacolo colpiti dalla pandemia. Gente che quando si tratta di doverci mettere la faccia non si tira certo indietro.
Tutta la loro storia è partita dieci anni fa da Turisti della democrazia, un disco importantissimo per la musica italiana che sarebbero troppo indie se ristampassero in vinile, l'unico formato fisico che resiste negli anni venti del cloud, della pandemia, della guerra e dei progetti musicali che vengono dal basso e fanno milioni di ascolti all'uscita, ma che già due settimane dopo nessuno ascolta più. Mi sono messo in testa di riascoltare tutto il disco per capire se le canzoni funzionano ancora, dieci anni dopo ed ecco cosa è uscito fuori dall'esperimento di relistening.
Abbiamo vinto la guerra
Ricordate come si apre il disco? Suoni digitali che sembrano venir fuori da una suoneria di un videogame degli anni '80 e poi vai col pocket punk. Un sacco di parole declamate da Lodo ci spiega ancora come siamo caduti in basso durante la pace del capitalismo con frasi che stanno in piedi nonostante tutto dalle parti del palazzo del potere sia cambiato (per rimanere uguale?). Eppure il brivido mi coglie lo stesso quando parte il ritornello: "Balla che chiunque un giorno ballerà, guardando sotto i piedi leggerà il tuo nome, libertà". La voglia di urlarlo dopo due anni di fermo ministeriale nei confronti della musica dal vivo è indescrivibile.
Mi sono rotto il cazzo
Si potrebbe dire oggi che ci siamo rotti il cazzo "delle signorine che vogliono fare un sacco di cose ma non sono in grado e se ne accorgono tardi"? Hmm, secondo me scenderebbe una valanga di merda epocale, ma dieci anni fa avevo un sacco di amiche che hanno speso migliaia di euro di famiglia per emanciparsi senza riuscirci, come dice il testo. E allora tutto sta nel contestualizzare. Sulle etichette indipendenti che promettono il Coachella, abbiamo visto che lì ci vanno i Måneskin mentre non si torna più a fare i benzinai, male che vada oggi si porta un pezzo a Sanremo e si vede di far ripartire la carriera. E questa è anche colpa de LSS, ma lo sanno benissimo. Per il resto è ancora tutto giusto.
Cromosomi
Un po' wave, un po' nostalgica, mi piaceva un sacco, mi piace ancora. Poi parla di depressione, disoccupazione, lavoro, odio nei confronti del capitalismo e oggi che abbiamo visto quanto il capitalismo regoli gli equilibri anche durante una pandemia o una guerra combattuta in diretta, l'odio si fa ancora più lacerante. E ancora al lavoro, la salute mentale questa sconosciuta, produci consuma bestemmia crepa. "Ma tu chi sei? Cosa vuoi? Cosa valuti?", in loop, a chi vuole dirci quanto dobbiamo essere produttivi mentre tutto intorno muore. Attuale forse oggi più di dieci anni fa.
Vado al mare
La Girls & Boys de LSS è una canzone d'amore al contrario in cui il protagonista se la gode perché lei e i suoi irrisolvibili problemi non fanno più parte della sua vita. Beh, una tematica come questa è eterna, non passa mai di moda.
Sono così indie
Una profezia degna di stare in uno dei quattro vangeli, quando il termine indie, originariamente inteso come etichetta DIY, genere musicale scorbutico e scena alternativa al mainstream, in Italia diventa una moda in cui si fa a gara a chi è più hipster, ma anche più commerciale. Leggere il testo oggi fa cadere la lacrimuccia perché si parla di Flickr, dei blog, di un'epoca in cui ascoltare l'hip hop era da gente strana, di tipi indie folk col chitarrino che prendevano 3k euro nei club, della bamba, delle smorfie, della ragazza anoressica bulimica succhiacazzi (non si può più dire, di sicuro), del defunto Circolo degli Artisti. Un'epoca che non esiste più. Quelli che volevano fare il dj coi soldi di papà oggi fanno Twitch, diventano opinionisti e tutto viene da sé. Se avessero saputo che invece di riportare in voga le camicie a quadrettoni il 2022 avrebbe riportato in voga gli emo tipo i Dari...
Maiale
Il lento digitale, il cantautorato da cameretta, quello che di lì a poco sarebbe stato battezzato itpop e sarebbe stato imitato da chiunque, anche da quelli che avevano una band hardcore in inglese, per vedere di svoltare. Maiale funziona ancora oggi, molto meglio di tante canzoni uscite ieri.
Ladro di cuori col bruco
Lo spoken che porta i Massimo Volume e gli Offlaga Disco Pax in un dancefloor pieno di persone sgradevoli e, un bicchiere dopo l'altro, diventa sgradevole anche il protagonista mentre si mette a giudicare tutto, un po' misantropo un po' che se la sente, inadeguato come tutti noi in una serata come quella. Livia intanto passa e se ne va, senza nessun motivo per essere ricordata, però sono dieci anni che la ricordiamo. Oggi questa canzone non potrebbe essere scritta, molto semplicemente. Si parla di fiche, culi, uomini che pagano donne che si fanno pagare, di Bologna che è una merda, della nostra generazione che è una merda e delle donne che sono una merda. È tutto figurato, simbolico, ma un mezzo miracolo che Albi, Lodo e Bebo non abbiamo fatto la fine di Kevin Spacey.
Amore ai tempi dell'Ikea
Altro capitolone dell'itpop prima dell'itpop, con tanto di citazione pop già dal titolo, che la rende accattivante dieci anni fa e oggi quasi archeologica, come quando vai a cercare le prime tracce di una civiltà ormai sull'orlo dell'estinzione. È un'altra canzone d'amore senza l'amore delle canzoni pop per come eravamo abituati a conoscerle. È l'amore dei giovani disagiati degli anni '10, quello che non ci si capisce un cazzo, che non vuole legami, che ama nella lontananza ma non nella vicinanza. Oggi mi sa che i giovani degli anni venti hanno un altro tipo di legame, più stretto, ma provate voi a stare due anni chiusi in casa e poter vedere solo i familiari quando siete adolescenti e gli ormoni escono fuori dai vestiti. Amore ai tempi del covid.
Quello che le donne dicono
Il balletto ai concerti, quello che te lo faceva rimanere simpatici o antipatici per la vita, il ritmo latino, la satira sul titolo di quella canzone di Ruggeri che per anni le donne hanno cantato a squarciagola prima di rendersi conto di quanto fosse offensiva. Qui invece non c'è da offendersi, è una conoscenza standard con una ragazza che ha il ragazzo o l'ex e che alla fine vi ritrovate sempre in tre, perlomeno nei pensieri. Spensierata, scanzonata, funzionerà sempre fin quando i locali resteranno aperti e funziona anche a parti invertite, va detto.
Pop
Finalmente il protagonista s'innamora, non è un misogino, è solo che ha trovato ragazze sbagliate, ma stavolta c'è sotto, è l'innamorato scemo. Giochi di parole prima dei Coma_Cose che sanno più di Jannacci o Elio, melodia un po' malinconica ma al tempo un gruppo indie che chiamava una canzone Pop era una gag, una roba da bestemmiare in chiesa. Oggi le cose sono talmente cambiate che indie è diventato il sinonimo di pop, figuriamoci un po'.
Seggiovia sull'oceano
La poesia dei turisti della democrazia, quella in cui la voce di Lodo, che in questo album è quasi sempre il cantante principale, si fa quasi ammaestrata, ci tiene a intonarsi. Questa è una canzone d'amore, con parole che nessun Eros Ramazzotti avrebbe mai trovato, ma vera. È generazionale, parla di fuga, si fa drammatica e sembra fatta apposta per cantarla con il braccio in aria ai concerti. È la canzone di un innamorato, un po' sfigato col cuore aperto e un'immaginazione talmente vasta da tappezzarci casa, che si scontra con la realtà e cade dal settimo cielo senza neanche avere rudimenti di stuntman. Sono le parole che vengono fuori dopo aver fatto l'amore, sincere finché non svaniscono o finché non si torna alla vita normale. Solo oggi, dopo dieci anni, mi rendo conto che questo disco è un viaggio in cui il protagonista parte incazzoso col mondo, col capitalismo, con le ragazze e poi s'innamora, si addolcisce, meno apocalittico e più integrato. Sarà così davvero? Per capirlo fino in fondo lo rimetto da capo.
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L'articolo Come Lo Stato Sociale ha dirottato la musica italiana di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-05-09 14:44:00
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