I lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo hanno una nuova data da festeggiare, probabilmente la più importante: il 13 luglio 2022 la legge delega di riforma del settore dello spettacolo è stata definitivamente approvata dalla Camera (con l'unica astensione dei deputati di Fratelli d'Italia). Significa che quasi tutte le forze politiche hanno mostrato una certa sensibilità verso una categoria che ha sofferto terribilmente durante gli anni pandemici e si è resa conto troppo tardi di non avere nessun tipo di tutela dal punto di vista politico o amministrativo.
Ci siamo fatti tradurre dal politichese tutte le novità che questa approvazione comporta da Manuela Martignano de La Musica Che Gira, il coordinamento composto da lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo; una rete che si è mossa dal primo giorno per dialogare con i palazzi della politica e spiegare le istanze dei lavoratori e le criticità di un settore fortemente atipico e incredibilmente compromesso dalla pandemia (e non solo).
Non appena il governo eserciterà la delega e ha nove mesi per farlo, migliaia di lavoratori dello spettacolo avranno diritto all'indennità di discontinuità, che non è un'indennità di disoccupazione, quella esisteva già. Piuttosto è la risoluzione di tutto quel tempo in cui attori, musicisti e tutti quelli che stanno dietro le quinte lavorano a uno spettacolo ma non stanno attivamente sul palco. Se dalla parte economica il tempo per le prove e la preparazione può essere ricaricato sullo show, dal lato previdenziale è sempre stato tempo "perso". Ecco perché fino ad ora pochi artisti sono riusciti a maturare il requisito dei 90 giorni per avere i contributi ai fini pensionistici. Con la riforma potranno valere a questi fini anche i giorni di preparazione di uno spettacolo. In pratica, finalmente si può andare in pensione.
L'indennità di discontinuità sarà un grande stimolo per il settore a lavorare in un regime di legalità, perché sotto una certa soglia dovrebbe essere previsto anche un contributo economico - che ovviamente non verrà dato a uno che guadagna come Vasco Rossi, per dire un nome - quindi inizia ad essere conveniente non lavorare in nero, che è una delle piaghe più evidenti del settore. Da questo punto di vista rende i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo meno fragili, per evitare che molti debbano cambiare lavoro per mancanza di soldi, com'è tristemente avvenuto durante la pandemia (vedi ricerca di Fondazione Centro Studi Doc che parla di 1/5 del personale tecnico in meno).
Si tratta di misure che andranno ad aiutare soprattutto i piccoli, gli indipendenti, perché i grandi si salvano comunque, ma il mondo dello spettacolo è un ecosistema, se spezzi un anello di una catena, quest'ultima si rompe anche se l'anello che hai spezzato è piccolo. I locali, i club, le etichette discografiche, gli artisti emergenti sono i soggetti da difendere a tutti i costi, per evitare di far morire un vivaio che porterà ai prossimi Marracash o Måneskin.
Ci dice Manuela: "Il percorso non è stato così semplice: dopo qualche mese dall'inizio del lockdown, abbiamo incontrato Matteo Orfini che insieme a Francesco Verducci stava lavorando a quella che in quel momento era una delle riforme meglio scritte di statuto dei lavoratori dello spettacolo e con loro abbiamo dato il via a un dialogo che ha compreso anche realtà come i Bauli in Piazza e molti altri, in modo che potessero fare delle verifiche di atterraggio sulla realtà di quello che avevano immaginato come soluzione a livello amministrativo. Da parte del ministero della cultura c'era una conoscenza scarsissima del mondo della musica cosiddetta "leggera" e del suo funzionamento atipico, era quindi fondamentale intervenire per fare chiarezza in modo che le soluzioni fossero efficaci. Nonostante i tantissimi incontri con altrettante realtà e associazioni di settore, quello con il MIC è stato un percorso a ostacoli."
Un po' di storia: la proposta di legge di Verducci e Orfini non è stata mai discussa perché il Governo ha deciso di intervenire direttamente con una Legge Delega che aveva il grande vantaggio di tempi di approvazione più rapidi, una contingenza non trascurabile visto che il Governo fin dai tempi di Conte è sempre stato sul punto di cadere e potrebbe farlo pure con Draghi nelle prossime ore. Molte associazioni e reti - tra cui La Musica Che Gira - hanno iniziato quindi a concentrare gli sforzi sull'approvazione dell'emendamento che conteneva l'introduzione dell'indennità di discontinuità, che era tra l'altro sempre stata il cuore della riforma Verducci- Orfini. Ora il Governo ha nove mesi di tempo per esercitare la Delega, quindi il lavoro delle reti e delle associazioni non è ancora finito: occorrerà vigilare sulla parte attuativa dei provvedimenti previsti dalla Delega.
Conclude Manuela: "Cosa abbiamo imparato da questa storia? Che il mondo della musica "leggera" è sempre stato disinteressato delle proprie sorti, poco sindacalizzato dal lato dei lavoratori e delle lavoratrici, per niente confederato, settato sul tutto e subito, senza una visione che vada più in là dell'immediato. Ci siamo resi conto che se artisti e maestranze alzano la voce e si fanno sentire come un fronte unito possono intercettare degli interlocutori interessati a cambiare davvero le cose. Chi lavora in commissione cultura ha un interesse nei confronti del settore, spesso a prescindere dagli schieramenti politici, prima della pandemia non abbiamo mai sfruttato questa potenziale disponibilità, ci siamo trincerati nel nostro mondo senza mai pensare alla sostenibilità del settore sul lungo periodo".
E ancora: "La politica ha bisogno di essere sollecitata, stimolata, e anche di conoscere più da vicino un mondo che non padroneggia, essendo stato molto raramente oggetto - prima dell'emergenza legata al Covid - di politiche culturali e sostegni pubblici. Difficile pensare a interventi legislativi ben calibrati con questi presupposti. Noi abbiamo però il dovere di fare un passo avanti e interessarci a quali siano le strade migliori per cambiare in meglio le cose, quella è una nostra responsabilità, anche perché c’è ancora tantissimo lavoro da fare in tema di riforme“.
Sul tema riforme abbiamo anche una dichiarazione di Matteo Orfini: “Ovviamente l'indennità di discontinuità non risolve tutti i problemi. Ad esempio in questi anni terribili molti luoghi dove si faceva cultura hanno chiuso: piccoli teatri, live club, spazi ibridi. Abbiamo costruito una legge che potrebbe non solo riconoscere ma sostenere luoghi del genere, fondamentali sia per far crescere talenti che per promuovere la domanda di cultura. È il secondo mattone col quale costruire la riforma di questo fondamentale settore”.
Come abbiamo visto, la politica potrebbe essere sfruttata meglio per conseguire risultati importantissimi e solo grazie a chi ha fatto rete, a chi ha divulgato e agli artisti che hanno capito quanto fosse importante non solo scrivere ciò che pensano nelle canzoni ma anche metterci la faccia quando è il momento di farsi sentire davvero, se oggi possiamo dire di aver raggiunto un obiettivo molto importante. Di lavoro da fare ce n'è sempre molto, ma possiamo guardare al futuro della categoria con più ottimismo.
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L'articolo Cosa cambia per i lavoratori dello spettacolo con l'indennità di discontinuità di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-07-14 16:44:00
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