Cosa ha rappresentato Vice per la musica italiana (e cosa ci dice la sua fine)

Un anno fa circa arrivava la notizia del fallimento di Vice. Chiudeva "Noisey", il sito dedicato alla musica, stop ai suoi video di reaction degli artisti e ai titoli sfrontati. Ma cosa ha rappresentato per la discografia italiana e per il nostro giornalismo musicale, e quale eredità ci ha lasciato?

Alcuni degli artisti protagonisti dei video di Noisey, testata musicale di Vice
Alcuni degli artisti protagonisti dei video di Noisey, testata musicale di Vice
05/04/2024 - 08:00 Scritto da Cecilia Esposito

Era la scorsa primavera quando arrivava la notizia della chiusura di Vice, testata nata in Canada negli anni '90 e capace nei decenni successivi di aprire appendici (fino a 29) in numerosi Paesi, e diventare un punto di riferimento editoriale e culturale per una generazione. Non era affatto un fulmine a ciel sereno: le voci sui guai di Vice si rincorrevano da anni, legati a doppia mandata a quelli dell'eccentrico fondatore ed ex CEO Shane Smith. Nonostante l'ingresso di nuovi capitali e nuovi soci, il declino si era rivelato irreversibile. 

Nella primavera 2023 la società che editava la rivista (che nel 2017 era stata valutata 5,7 miliardi di dollari) presentò una richiesta di fallimento. Le attività editoriali delle testate locali controllate dal gruppo andarono avanti "alla spicciolata" ancora alcuni mesi, sul sito italiano si leggono articoli pubblicati nel mese di luglio. Poi più nulla. Tutte le voci che, in quei giorni, volevano vari protagonisti pronti a un rilancio del "brand" sono spariti, e ora pare improbabile che avvenga.

In Italia Vice era nato nel 2006 e aveva sede a Milano. Si è occupato, spesso tramite delle "sottotestate" divenute a loro volta molto popolari, di attualità, cultura, società e lifestyle. C'erano, tra le altre cose, molta moda e molta musica. Vice aveva un modo nuovo di scrivere, sin dai titoli, che erano fantasiosi, informali, dissacratori. Fu quello a colpire l'immaginario collettivo, assieme alla capacità della redazione – da cui sono passati ottimi professionisti, tanto da far diventare Vice forse l'ultimo grande "generatore" di talenti editoriali in Italia – di scovare nuove tendenze e raccontarle in maniera originale (un esempio su tutti sono i suoi documentari). 

Nella musica sono stati un punto di riferimento durante gli anni di ascesa del rap, grazie a Noisey. Con i propri video, vedi The People Vs., Noisey ha  "anticipato" molti dei format e dei linguaggi che oggi sono egemoni in era social. Per capire cosa è stato Vice Italia per la musica, ma soprattutto cosa il suo declino ci dica dell'editoria musicale, abbiamo chiesto un commento a Cecilia Esposito, giornalista che si occupa di musica da anni. Ha collaborato con Noisey, nell'ultimo (e per molti versi doloroso) periodo della sua esistenza. 

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Ho scritto il mio primo articolo per Noisey nel 2019, contattata dall'allora editor in chief. In occasione dell'8 marzo, volevano fare scrivere ad alcune giornaliste donne degli articoli sulle donne del music business. Con grande lungimiranza, qualità che alla testata non è mai mancata, mi era stato chiesto di occuparmi dell'ascesa di Madame, che all'epoca aveva fuori solo Sciccherie. La collaborazione è proseguita per quattro anni, con numerosi articoli, sul rap e non solo. Lungo questo periodo – coinciso per altro con il cambio di due editor – ho visto e vissuto una fase di grande cambiamento della testata, legato a doppio filo a quello che stava succedendo alla "casa madre" Vice.

Il Noisey a cui mi avvicinai nel 2019 era ancora quel magazine che era abituata a compulsare da lettrice fedele: dinamico, sul pezzo, ricettivo rispetto a tutto quel che di nuovo si muoveva nel mondo della musica, irriverente e sperimentatore nel linguaggio (nel bene e nel male). Recitava perfettamente il ruolo di "pirata dell'editoria" e aveva l'ambizione di essere lo specchio dei propri tempi. Era urgente e attuale, oltre che fresco

C'erano ancora tutti quei pezzi che oggi potrebbero apparire cringe, tipo "Mi sono imbucata al concerto di Calcutta" oppure, uscendo dalla musica, "Ho provato mille tipi di sex toys". Allora però non erano affatto cringe: quando erano apparsi quei pezzi, quel linguaggio, eravamo stati in molti a percepirla come una rivoluzione. Per tante persone questo atteggiamento contribuiva ad abbattere l'idea che il giornalismo si potesse fare solo in un dato modo, presuntamente autorevole e un po' serioso. C'era in una generazione la convinzione che se non facevi parte di un certo tipo di "casta", che la pensava in un certo modo, parlava in un certo modo e ascoltava un certo tipo di musica, non saresti andato da nessuna parte.

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Noisey ha rotto un po' di regole, e lo stesso vale per gli altri contenuti di Vice: gli shooting di moda che facevi, certi tipi di articoli di attualità. Vice e Noisey rivendicavano, per un aspirante giornalista, il fatto che bastasse avere occhio e orecchio, essere svegli, aver maturato un proprio stile di scrittura, e si poteva fare questo mestiere.

Per me è stato un piccolo choc positivo. Fino a quel momento avevo scritto di musica su altre testate, più tradizionali. Ma quando scrissi il mio primo pezzo per Noisey, il mio editor notò che il mio stile era un po' ingessato. Mi disse semplicemente: "Sbloccati, capisci cosa vuoi dire e dillo nel modo più tuo possibile". Quell'attitudine lì, se fatta con le giuste intenzioni e la giusta professionalità, era vincente. E liberatoria. Si cercava di essere pop e divertirsi allo stesso tempo.

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La mia storia professionale con il gruppo ricalca gli sviluppi non felici della testata. Negli ultimi due anni ho seguito per loro un progetto in partnership con un grosso brand, che prevedeva la produzione di eventi musicali. Ho scoperto che Vice avrebbe chiuso mentre ci stavo lavorando. Non è stato un fulmine a ciel sereno, le voci che il magazine non navigasse in buone acque c'erano da un pezzo. E d'altra parte bastava leggere i suoi contenuti con occhio attento. C'è un indicatore infallibile per capire lo stato di salute di un progetto editoriale: quando un magazine fa scouting e investe sulle cose nuove, vuole dire che sta bene

Vice lo ha fatto a lungo. Per anni sono stati dentro alle cose: i suoi redattori avevano una marcia in più perché erano giovani e vivevano fianco a fianco con le nuove tendenze, intercettavano i nuovi canali. Non seguivano il mainstream, avevano circuiti paralleli in cui cercare gli artisti o le nuove wave in ascesa, guardavano all'estero per capire cosa sarebbe accaduto qua. Erano bravi a reinventarsi di continuo e capaci di stare un passo avanti agli altri. Solo che a un certo punto è finita.

Già in passato, in seguito ai vari scossoni subiti dalla proprietà negli Stati Uniti, c'erano stati forti cambiamenti, che avevano portato rimescolamenti in redazione anche in Italia. Poi è arrivato il Covid, che ha accelerato le difficoltà. Proprio in quel periodo, si assisteva a un ulteriore periodo di difficoltà delle cosiddette sottoculture, che per la testata sono sempre state il core business, e che invece non parevano più in grado di produrre nuove energie.

Tutto il poco budget che c'era era reinvestito su contenuti considerati sicuri. Così si finiva per parlare sempre dei soliti tre temi e tre artisti in croce, che portavano clic o engagement. Fino allo stadio finale, quello in cui si producono solo contenuti brandizzati. Invece di morire nel momento in cui si brilla di più, come fanno le stelle, Vice è morto in una maniera un po' triste, avendo perso tutta la sua carica innotivata. 

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Negli ultimi anni, era diventato perfettamente equiparabile ai grandi magazine che aveva "combattuto": d'altra parte anche lui era controllato da una corporate. Sottostare a regole di mercato ha portato a spegnere sempre di più quell'indole controculturale che l'aveva caratterizzato, e fargli perdere originalità. Non ha retto il colpo. È come quando un "piccolo" artista che ami diventa "grande", e tu speri che con il passaggio al mainstream non esaurisca quel suo fuoco che ti ha conquistato. Puntualmente non avviene. 

Detto questo mi è dispiaciuto molto vedere gente gioire per la chiusura di Vice. C'erano dei posti di lavoro in ballo. Inoltre la sua eredità per me rimane ampiamente positiva. Se nell'ultimo periodo Vice – quando dico Vice penso sempre a Noisey, chiaramente – è stato veramente "poca roba", al suo apice ogni cosa che pubblicava, anche le stronzate, le leggevi volentieri. 

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Il problema di Vice oggi è quello di tutti. Un'editoria sfibrata, in cui faticano a proporre cose nuove le realtà nate da poco, non parliamo di quelle mainstream. In ambito musicale sono veramente poche le volte che penso: "Ho letto proprio un bell'articolo". Mi sembra tutto plastificato, deciso a tavolino. Senza soldi in cassaforte, perché un direttore o un editore dovrebbe decidere di far scrivere un articolo su un artista che ha 600 ascoltatori mensili e garantisce un engagement bassissimo?

Non ritrovo in nessuno quell'attitudine, quella sfrontatezza mista a brillantezza, quel politicamente scorretto intelligente e ironico che per alcuni anni è stata la cifra di Vice. La testata ha sempre diviso (altra cosa molto contemporanea), fatto incazzare, con quella sua aura da "radical chic di Milano". Erano intellettuali ma cazzoni allo stesso tempo. Loro ci hanno marciato sull'essere provocatori, creare dibattito, solo che alla fine gli è un po' "tornata indietro".

Oggi tanti stanno provando a riempire quella quota di mercato, solo che la quota non esiste più. È un'esigenza che nel frattempo si è consumata. Se da una parte abbiamo un'egemonia editoriale che sta morendo, dall'altra ci sono tanti che si improvvisano, in maniera spesso nemmeno troppo genuina. Oggi nel mondo dell'editoria musicale vedo tanti "amatori" con la pretesa di essere professionali, mentre a Vice erano tutti molto preparati, ma non volevano essere trattati da professionisti. Insomma, il contrario.

Penso che quella fonte di enegia si sia irrimediabilmente estinta. Penso che sia più necessario che mai, però, fare scoccare nuove scintille

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L'articolo Cosa ha rappresentato Vice per la musica italiana (e cosa ci dice la sua fine) di Cecilia Esposito è apparso su Rockit.it il 2024-04-05 08:00:00

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