Alla fine, sarà Apolide. Per fortuna. Perché il nostro "sistema festivaliero" non poteva permettersi di disperdere il valore creato da vent'anni esatti a questa parte da una simile realtà, unica non omologabile. Si parte oggi, il 20, si finisce il 23 luglio 2023. La novità, e l'oggetto di questo articolo, è la location dell'evento organizzato dall'Associazione To Locals ETS, che da alcuni anni si avvale della collaborazione dell'Hiroshima Mon Amour di Torino.
Questa XX edizione si terrà al Cortile della Lavanderia a Vapore nel Parco della Certosa di Collegno, che ospita tutti i concerti in programma (e dove si tiene già il Flowers per intenderci), e il Magazzino sul Po, dedicato agli aftershow elettronici. Insomma "No life in the woods" come recita il claim del festival, tutto giocato su delle crocette rosse che vanno a sbarrare quello che doveva essere e non è stato. Crocette che, sul sito della rassegna, cancellano Camping, Sport o Relax tra le attività che si possono fare.
Già perché poche settimane fa Apolide – nomen omen, ahinoi – ha saputo di non avere più a disposizione il suo bosco, l’Area Naturalistica Pianezze di Vialfré che da nove anni lo ospitava. Non era un posto come un altro, il contesto in cui trovava rappresentava l'essenza stessa dell'evento. Qua l'inizio del suo manifesto.
SIAMO VENT’ANNI DI NATURA, DI CONTATTO, DI ALTITUDINI INSOSPETTABILI E BOSCHI INCONTAMINATI.
SIAMO TENDENZE INSEGUITE, INTUIZIONI RACCOLTE E SCOPERTE INASPETTATE.
SIAMO COLLABORAZIONI, INCLUSIONE, PENSIERO LATERALE E RICERCA IDENTITARIA IN UN TEMPO VARIEGATO, SENZA VALORI DA SEGUIRE, DI UTILE RACCOLTA.
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L'area usata negli ultimi anni da Apolide, in mezzo al canavese ma non distante da Torino, era un tempo usata come circuito da motocross, poi ridotta a una mezza discarica, recuperata e diventata un'are feste ed eventi da fare invidia. Per stare lì Apolide – come altre rassegne – pagava un
affitto al Comune di Vialfrè, creando economie fondamentali per la manutenzione dell’area.
Poi qualcosa cambia. Si parte da una serie di esposti di un consigliere comunale di Vialfrè, che accusavano mancato rispetto dell’ambiente e malversazioni varie. C'è il tema di alcune specie animali (a cominciare da un rospo) potenzialmente disturbati da suoni e luci (come il Jova Beach Party, ma con qualche decina di migliaia di persone di meno, insomma...).
Da piccola la vicenda monta, arriva agli uffici competenti per l’Ambiente della Città Metropolitana di Torino. Ne seguono anni di riunioni, documentazioni, tentativi di mediazioni. Che un anno fa sventano il pericolo di perdere il festival, ma che quest'anno non possono fare nulla. Perché l'ultimatum arrivato dalle istituzioni locali – di fatto tenere il festival ma senza alcun tipo di amplificazione – è irricevibile. E così il territorio (dove non tutti sono d'accordo, affatto) perde Apolide. E con lui Atlas, festival Goa nato sul territorio, che finisce in Toscana, mentre traslocano pure gli scout.
Apolide, invece, va in città. Dove non vorrebbe essere. Non perché ci sia qualcosa di male a stare in città (stiamo a Milano, e là fuori ci sono 40 gradi...), ma perché era stato pensato e creato come una cosa altra. Quel che è certo, la musica sarà figa come sempre. Qualche nome? Jeff Mills, Xavier Rudd, Omar Souleyman, Sons of Kemer. Tra gli italiani Lucio Corsi, Leatherette, Materazi, Altea e tanti altri. Qua tutti i nomi.
Abbiamo fatto qualche domanda al direttore artistico Salvatore Perri. Non tanto per raccogliere la sua sacrosanta incazzatura, ma per capire come si fa a riprogrammare un festival in un mese (nella speranza non capiti mai...).
Torniamo indietro nel tempo. La trattativa va male, dovete cambiare posto o mollare. Quali alternative concrete avevate?
A noi una cosa del genere era già successa dieci anni fa, quando per vicissitudini politiche di paese della giunta neo eletta, fummo intimati di abbandonare il luogo in cui si svolgeva la manifestazione. Per questo motivo il Festival cambiò location in meno di due settimane dall'inizio e di conseguenza il suo nome diventò Apolide. Un presagio? Non lo so, ma di certo era un'epoca diversa. Un conto è spostare un evento di piccole dimensioni che cuba qualche decina di migliaia di euro, un conto è trovare soluzioni, servizi e sicurezza per un evento che ne cuba diverse centinaia di migliaia, in cui offri un'esperienza di vita h24 per quattro giorni dove è tutto il contorno a dover essere garantito e gestito.
Le alternative erano due: annullarlo, disattendendo tutti i contratti e gli impegni verso cui ci eravamo esposti, o onorare l'impegno e portare a casa il salvabile. Abbiamo optato per la seconda opzione. Un'opzione amara, che ha il gusto di APOLIDE, ma che comunque lo fa continuare a vivere.
Avete pensato di mollare? Cosa avrebbe comportato farlo?
Significava fare saltare una rete di collaboratori e partner costruita passo a passo in vent'anni, con estremo impegno, passione e difficoltà. Solo a livello istituzionale APOLIDE è un evento finanziato e sostenuto (e quindi impegnato con) dal Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Camera di Commercio di Torino, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Fondazione Piemonte Dal Vivo, GAL Valli del Canavese, con il patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte, della Città di Torino, di Slow Food, del Comune di Vialfrè. Oltre a questo è inserito in network di Festival italiani ed internazionali (ESNS Exchange, IEAP, Italian Music Festivals). Ha dei finanziatori privati, una rete di solidarietà di oltre 150 volontari che partecipano attivamente alla realizzazione di questo processo senza mai avere aperto una call al pubblico. A questi sostegni, aggiungiamo gli impegni con gli artisti (oltre 50 progetti in 4 giorni voi di Rockit sapete cosa significano in termini di capitale umano coinvolto e di indotto generato) e con i fornitori (sicurezza, audio, luci, video, produzione, comunicazione, design, ecc...) e il pasticcio è fatto.
Com'è avvenuto il processo decisionale sulla nuova location?
Dal 2019 APOLIDE è co-progettato con Hiroshima Mon Amour. Tempio della musica torinese e probabilmente club più longevo in Italia. Hiroshima organizza da più di 10 anni il Flowers Festival proprio all'interno del Cortile della Lavanderia a Vapore del Parco della Certosa di Collegno, maneggiando la location e conoscendone ogni segreto. Con così poco tempo a disposizione, e per i motivi di cui sopra, abbiamo deciso di comune accordo di fare un rapido sopralluogo, intercettare la Città di Collegno che, in una logica di politica del fare, ha dato il nulla osta senza remora alcuna. Non posso che ringraziare per questa manifestazione di solidarietà, soprattutto in un momento così critico. L'unico limite imposto è quello orario (non è possibile andare avanti oltre la mezzanotte). Per questo motivo, abbiamo deciso di spostare in toto il Soundwood Stage, il terzo palco deputato al clubbing, in un luogo iconico della Città di Torino: i Murazzi. Abbiamo scelto il fiume, per cercare di rimanere minimamente a contatto con la natura. Sarà di certo un'edizione atipica, decontestualizzata, ma quel che è certo è che praticamente ogni artista coinvolto, troverà spazio all'interno del nostro programma. Un ventennale che sa di amaro, ma pur sempre un ventennale.
Come avete gestito la comunicazione circa il cambio di location? Quanto è stata frenetica e faticosa la corsa a informare tutti?
Quando abbiamo annunciato che il Festival avrebbe perso la sua casa, il suo bosco, è scattato un tam tam importante in rete e nella vita reale. Le persone ne hanno parlato, i giornalisti si sono attivati, a livello digital abbiamo tenuto botta. È molto faticoso reggere un evento di questo tipo, soprattutto quando ti accorgi del vuoto che lasci. Siamo un festival di provincia, e la provincia è triste già di suo. Quando vengono tolti i grandi momenti di collettività, il vuoto diventa siderale e il pubblico ce lo ha fatto capire in ogni modo.
Com'è cambiata la produzione rispetto al passato?
Quest'anno ci siamo arrangiati a casa di un amico. Non abbiamo trovato una soluzione. È tutto molto strano, fuori contesto. La produzione è cambiata perché le regole sono cambiate, ma ribadisco, avere deciso di andare in un'area conosciuta dal nostro partner ci ha aiutato moltissimo.
Cosa vi aspettate da questa edizione? E cosa dal futuro?
Manca qualche ora all'apertura delle porte del primo giorno di APOLIDE Festival e non so rispondere a questa domanda. Quando abbiamo deciso di spostare tutto a Collegno ho personalmente preteso che venisse aperta una finestra per le richieste di rimborso, nonostante spostandoci nella stessa provincia avremmo potuto non farlo. L'ho fatto perché conosco il mio pubblico, conosco la mia offerta, e so che quello che accadrà in questi giorni è molto diverso da quello che accadeva e sarebbe dovuto ancora una volta accadere. Abbiamo avuto l'80% di richieste di rimborso, e non sono arrabbiato, non biasimo il nostro pubblico. Chissà, forse spostandoci più vicini al contesto urbano avremo delle sorprese differenti. Quel che è certo che è se il futuro si scrive nel presente, quanto mai questa volta sarà importante partecipare. Vedremo cosa succederà.
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L'articolo Cosa succede quando non hai più un posto dove fare il tuo festival: la storia di Apolide di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-07-20 14:36:00
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