La fuga dagli stereotipi ha raggiunto un nuovo livello: se Napoli è sempre stata considerata 'O Paese d’O Sole, oggi è colpita da pioggia torrenziale e tempo gelido. Il cielo scuro la fa apparire meno luminosa, più simile a una Gotham City affacciata sul mare. Le strade sono piene comunque, il solito delirio di turisti in una città colma, come colma è Piazza Trieste e Trento, con centinaia di fan stipati fin dal mattino in attesa di accedere a Piazza Del Plebiscito, il salotto buono della città, per non perdersi il momento storico della reunion dei Co’Sang, a 12 anni da quel 14 febbraio 2012 che li vide sciogliersi e interrompere una storia gloriosa del rap italiano.
Il palco – uno dei più belli in quanto a design in Piazza del Plebiscito – resiste sotto le intemperie e scarica giù quintali di acqua, nel pomeriggio i canali social della band sono pieni di domande nei commenti, ma una storia nel tardo pomeriggio chiarisce tutto: il concerto si fa, ci vediamo stasera. Si respira l’aria delle occasioni speciali, di qualcosa di irripetibile, o meglio, qualcosa di storico che potremo raccontare dicendo “io c’ero”, e la pioggia potrebbe diventare soltanto un marginale dettaglio. Dopo il sereno del pomeriggio, un’ora prima del concerto, torna il diluvio, ma nessuno si sposta, è la tempesta prima della tempesta ancora più grande.
Quando comincia lo show, anzi, i lampi e i fulmini sullo sfondo sembrano un avveniristico trucchetto di visual, abbinate a quelli già potenti sul grande schermo che incorona il palco. Ma l’attenzione è su quei due: ‘Ntò e Luchè, fratelli Gallagher nostrani, tornati insieme, con occhiate di complicità, sguardi increduli verso il pubblico, una ritrovata alchimia e anche un livello di performance tecnica meno sporco e ancora più preciso. Si apre con i brani di Dinastia, con quella Nu Criaturo int’o munno, che appunto, esplicita la voglia di tornare a giocare insieme con la musica.
Quando si torna sulle hit storiche la piazza esplode, e le canta tutte, nonostante 12 anni fa la maggior parte degli spettatori fosse estremamente giovane. ‘Ntò sembra concentrato mentre Luchè introduce brani come Fin quando vai ‘ncielo e Pe’ chi nun crere dicendo "Che bello risentire questi beat, questo è ancora oggi uno dei miei preferiti”.
La gente è così tanta che c’è ancora fila per entrare e la pioggia, non ha semplificato la complicata organizzazione di un concerto così grande e atteso: la fila arriva fino al Maschio Angioino ed è lunga centinaia di metri, sotto la pioggia, anche a pochi minuti dall'inizio dello spettacolo,esasperando qualche animo. C’è chi si arrampica, chi si spintona, chi scuote le transenne di metallo, un paio di schiaffi e qualcuno inciampa e cade sulle transenne. Dopo qualche attimo di paura e delirio, alla fine si riesce ad entrare tutti, e per buona parte del pit lo show inizia intorno al secondo atto, alla sesta canzone... ma è coperto dal coro che chiede di chiudere gli ombrelli. E questo già è più stereotipato.
Per fortuna, una volta entrati tutti, continua lo show. E sul palco si aggiunge una band – bella sorpresa – con batteria elettronica e tastiere per la prima leggendaria Chi more pe’mme. Quando suona O Primm post è chiaro che non c’è nostalgia, ma i pezzi nuovi sono perfettamente coerenti con la discografia pregressa e ugualmente ben accolti.
I primi ospiti a salire sul palco sono i Club Dogo per la doppietta Cchiù Tiempo e You Know NA-MI, tra presente e passato, uno dei brani più belli del nuovo disco e la prima collaborazione tra le band simbolo del rap milanese e napoletano. La gente le canta tutte, vecchie e nuove, resiste alla pioggia, ogni tanto si alza il coro “ombrelli” verso quelli del pit, ma tutto va liscio, saltellando tra gli anni 00 e il 2024, da Nun me parla ‘e strada a Carnicero, qui accoppiata con Se la scelta fosse mia, altra collab con Marra di più di un decennio fa, e Napoli urla forte lo slogan: “Se la scelta fosse mia, paradiso per il clima, inferno per la compagnia”, sarà anche solo per una invocazione alla nuvole.
Band e DJ da solo si alternano mentre Luché e ‘Ntò si sciolgono sempre di più con l’immensa folla arrivata a dargli tributo, ma Dinastia sembra commuovere tutti per il suo essere canzone manifesto. Qualcuno nelle retrovie si commuove – "ero venuto a me’ divertì, m’ann fatt chiagnere, fortuna ca sta chiuvenn" (Fortuna che sta piovendo) – dice un ragazzo in fondo al pit.
Chiaramente c’è anche il profeta in patria, Geolier, icona del nuovo rap che viene ad omaggiare ed inchinarsi a Luchè e ‘Ntò con il suo ritornello in Perdere ‘a capa, giustamente accolto dall’ovazione della piazza che lo riconosce come figlio. Int’o Rione è ormai simbolo di una carriera, inno di una periferia, di un popolo, poco prima che la band torni sul palco per augurare a tutti una Vita Bona.
Il ritorno dei Co’Sang, come scrivevamo qualche tempo fa, non è nostalgia, è coerenza, ma in questo caso è anche mettere la firma su una carriera che ha fatto la storia del rap, rifuggendo ogni stereotipo e cartolina, riempiendo il cuore della città di Napoli in una notte piovosa e fredda, riscaldata da chi è venuto per vedere un piccolo pezzo di storia del rap tornare al suo posto.
La scaletta della serata:
Nu creature int’o munno
Chello ca veco
Carne e ossa
Fin quanno vai ‘ncielo
Niente ‘a vedè cu’ ll’ati
Pe’ chi nun crere
Chi more e’mme
Che me dice
O primm post
Cchiù tiempo
You Know NA-MI
Pomeriggio pigro
Mantien a capa
Nu cuofn ‘e sord
Nun me parlà ‘e strada
Se La Scelta Fosse Mia
Carnicero
80 – 90
Vincente
Raggia e tarantelle
Amic nemic
Poesia cruda
Paura che passa
Povere Mmano
Riconoscenza
Comme na fede
Fuje tanno
Casa mia
Dinastia
Nun è mai fernut
Quanno me ne so juto
Perdere ‘a capa
Try me
Sbagli e te ne vai
Int’o Rione
Vita bona
---
L'articolo Co'Sang, con la pioggia, con la fede di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2024-09-18 11:08:00
COMMENTI