Cremona Rock Festival - Cremona



Vi avevo detto che la palla sarebbe passata poi al Cremona Rock Festival, dopo Cantiere Sonoro. Vi avevo anche tra le righe consigliato di andarci, sicuro che la qualità dei nomi in cartello avrebbe assicurato la qualità dell’evento. Se, graditi i miei consigli, abbiate poi onorato Cremona della vostra presenza non sta a me indagare: io cercherò solo di fare un po’ di ordine fra i ricordi della seconda serata del festival, quella del 27, l’unica a cui ho presenziato, quella forse più vicina a noi di Rockit per la nazionalità degli artisti, tutti italiani.

Arrivo a Cremona verso le 18,30 e alla stazione c’è il solito Allo (aka Marco Allegri) a prendermi. Allo è uno degli organizzatori del festival, un gentilissimo spilungone con le basette lunghe amante della musica. Sul furgoncino del Comune raggiungiamo l’area concerti, mi viene dato il pass e incomincio a salutare le vecchie conoscenze. Ci sono Guido e Gilberto, gli altri due organizzatori di Cantiere Sonoro, il primo a petto nudo che lavora (l’instancabile ci darà dentro fino alle quattro del mattino), il secondo abbandonato fra le dolci braccia della ragazza (non disperate, anche lui lavorerà fin le quattro). Il tardo pomeriggio di Cremona è ancora umido, afoso, caldissimo, e i pompelmi di ghiaccio caduti la sera prima più che a rinfrescare dicono abbiano fatto danni (efficace è, in effetti, la rivisitazione in chiave minchiasel’haibollata! della macchina di Allo!).

Non ho neanche il tempo di guardarmi attorno più del momento di una stretta di mano che sul palco già ci sono i Jerrinez, che attaccano davanti a una cinquantina di persone. Vincitori della seconda serata di Cantiere Sonoro i ragazzi suonano praticamente senza sound check. La loro esibizione, però, non ne risulta poi così gravemente penalizzata, anche se questa volta la loro miscela punk-folk di Vinicio Capossela, CCCP e Tom Waits non mi convince come in precedenza. Forse la luce del giorno, forse che io penso ad altro, forse soltanto un’esibizione così così.

Ma forse è anche l’abbaglio dei Beaucoup Fish che in un certo senso sfuoca a posteriori la luce venerdi poco brillante dei Jerrinez. Un abbaglio, una sorpresa. Di loro posso solo raccontarvi la classe e in un certo qual modo l’eleganza, due aggettivi che ne caratterizzano l’estetica e lo stile. Fanno pop elettronico, soffuso e raffinato, quasi trasognato, che alterna senza alcuna difficoltà e/o disomogeneità ritmi slow a drum n bass o house. Non scherzo se vi dico che ne sono rimasto completamente stupito e che due dei loro pezzi mi hanno fatto provare i brividi. Qui al Crock vincono la targa 'Marco Costantini' per il miglior testo (in italiano). Hanno in progetto di autoprodursi in casa un nuovo demo. Che poi tutte le canzoni siano dello stesso (alto) livello, questo non posso ancora dirlo, ma nell’attesa di quel dischetto non dimenticate questo nome, vi prego.

Poi salgono sul palco i Candies. Amate i Fugazi? Amate l’indie rock grezzo grezzissimo? Giulio Calvino, il cantante chitarrista, dopo la prima canzone chiede al banco mixer una “tonnellata di chitarra”. Le canzoni suonano esattamente come su disco, “Dense waves make your eyes wider”, solo che sul palco quei tre hanno un fare fottutamente punk rock. È vero comunque che nel loro indie rock c’è poco o nulla di innovativo, ma va bene così.

Il sole in questo momento è calato dietro l’angolo, e dopo il penultimo cambio palco della giornata salgono on stage i Lo-fi Sucks. Se vi state chiedendo per quale etichetta incida la band ligure, e vi rispondete “Suiteside”, e magari proprio poche righe fa avevate fatto la stessa riflessione per i Candies, sappiate di aver ragione. Tutto ciò solo per dire che assieme a due gruppi della sua scuderia, la patrona Suiteside Monica Melissano è qui a Cremona, e finalmente ho modo di vederla, anche se con lei c’è solo il tempo (o la voglia) di un “ciao, sono Carlo di Rockit, ci siamo sentiti spesso via mail”.

Mi dicono non suonassero live da tre mesi. Alla batteria c’è Mauro di Ouzel Records, membro dei Morose, ora anche dei Lo-fi Sucks. Spezzino fra i genovesi: Giulio dei Candies mi dice che è migliorato un casino (ed io mi fido). Un insetto malefico però gli ronza attorno e per un attimo dal pubblico e dalla band gli occhi sono fissi su di lui che si dimena sul palco agitando braccia e bacchette nell’aria. Gli uomini hanno una strana maniera di difendersi da quegli stronzi animali ridicoli che sono gli insetti. Comunque a me i Lo-fi Sucks piacciono molto. Ci sanno fare, insomma. Le strutture dei loro pezzi sono affascinanti così come gli arrangiamenti. Indie rock destrutturato ma non cerebrale, canzoni decomposte ma comunicative, intellettuali ma intelligibili, con schizzi acidi e rumorosi ma anche con una mai dimenticata indole melodica. C’è ricerca in questa musica. Io mi piazzo proprio sotto il palco. Ho le mani in tasca, ma mi muovo a tempo. A volte chiudo gli occhi anche. Chiude il concerto la cover di “Pink Moon” di Nick Drake, bella. Andateli a vedere se potete, o quantomeno ascoltate i loro dischi. “Questo è il nostro ultimo pezzo, buona continuazione con i Marlene Kuntz!”.

I Kuntz. Debbo dire che covavo un po’ di attesa verso il loro live. Non spasmodica, non eccitata, non sbrodolosa: una giusta, pacata attesa verso il gruppo che, assieme agli Afterhours, più ha segnato il rock italiano alternativo di questo decennio (e che per certi versi più ha segnato me musicalmente, in prima gioventù). Il primo live che avrei visto dopo la tournè di “Che Cosa Vedi” e l’uscita di “Senza Peso”, e allora permettetemi una certa curiosità.

Sarà che questa sera la band registra il concerto per future pubblicazioni, sarà che quando la motivazione si unisce agli stimoli e alla grinta i live guadagnano sempre una marcia in più, saranno i suoni che poche volte avevo sentito così limpidi, definiti e al contempo intensi, ma quello che inizia con “Ape Regina” è un concerto che per certi versi riesce a stupirmi. La scaletta affianca con naturalezza “1° 2° 3°” a “Schiele, lei, me” o “Lieve” a “Uscita di scena”. “Cometa” è una cavalcata punk furiosa e speciale. “Festa mesta” è fresca come non mai, forse anzi di più. “Come stavamo ieri” è una delle più belle ballate che i Marlene Kuntz abbiano mai scritto. I Marlene Kuntz non sono cosa lessa. “Sonica” chiude le danze, e io dopo il concerto non sono felice e senza parole come lo sarei stato qualche tempo fa, ma il concerto è comunque stato bello e tutto il resto è forse solo una questione mia...

Ora, comunque, sul palco non c’è più musica. Credo andrò a sedermi davanti al backstage a guardare la gente andare via. Guardo sempre la gente. Guardare i volti è bellissimo. E adesso che non c’è più nessuno credo possa andare anche io: il Crock è finito, per quest’anno.



Il Cremona Rock Festival è in qualche modo l’appuntamento conclusivo della stagione musicale cremonese rock per emergenti. Rockit, quest’anno, ha seguito passo passo l’evolversi della manifestazione, e non poteva mancare alla seconda giornata del festival, costellata solamente da artisti italiani. Ecco il resoconto…

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L'articolo Cremona Rock Festival - Cremona di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2003-06-26 00:00:00

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