Cucina Sonora, la musica prende forma nel buio

Pietro Spinelli, dopo aver finito gli studi al conservatorio, si innamora dell'elettronica, e da allora cerca di trovare il punto di incontro tra la classica e il clubbing. "Dormiveglia" è il suo ultimo singolo, che preannuncia un disco tutto scritto tra la mezzanotte e le cinque di mattina

Pietro Spinelli, in arte Cucina Sonora
Pietro Spinelli, in arte Cucina Sonora

Cucina Sonora è il progetto con cui Pietro Spinelli, classe '92, ha deciso di fondere il suo background di pianista al conservatorio con le fascinazioni dell'elettronica. Si tratta di un artista che cerca di trovare un punto di incontro tra la classica e la musica da club, sulla scia di quello che può essere il percorso di Dardust, spesso intento in simili esperimenti. 

È da poco uscito il video dell'ultimo singolo – il terzo pubblicato quest'anno – di Pietro, Dormiveglia, che presenterà questa domenica con un appuntamento speciale al Ride di Milano. Lo abbiamo contattato per farci raccontare queste ultime canzoni a cui ha lavorato, in attesa di poterlo ascoltare domenica dal vivo e del suo ultimo album, che arriva dopo l'ep d'esordio del 2016 e il disco Evasione del 2017.

video frame placeholder

Qual è stato il tuo percorso accademico?

Il conservatorio è stato un percorso molto lungo e molto intenso, dopo dieci anni avevo bisogno di scappare un po’, pur sapendo che non avrei mai rinnegato quello che avevo fatto. Volevo concentrarmi su altro, la classica soltanto non sarebbe stato il mio futuro. A Siena partiva un nuovo corso di sound design gestito da Gianni Proietti, che per me è un dio, lui mi ha introdotto a tutto quel mondo di macchinette e synth. Da lì ho trovato un corso a Berlino di tre anni di produzione elettronica.

Come ti sei avvicinato all’elettronica?

La cosa che mi affascinava era l’idea di partire da zero per creare un suono. Anche se è una cosa che cerco di non fare, forse anche perché il pianoforte non lo tocchi nell’anima dentro, un pianista è sempre all’esterno dello strumento, non mette le mani tra le corde di solito. Se prima ero abituato a suonare anche i pezzi più difficili senza sapere come fosse costruito lo strumento che avevo davanti, qua ho provato a fare il percorso inverso.

C’è però chi le mani sul pianoforte le metteva, come John Cage.

Come progetto avevo anche studiato il suo piano preparato, ma si tratta di cose comunque relativamente recenti. Fino ad allora, chi costruiva lo strumento era un tipo di persona, chi componeva un altro. Ora siamo in un’epoca promiscua, ci si crea i propri suoni in funzione dei brani. Fa anche ridere la polemica di chi si lamenta dell’uso dei pre-set, se è per questo Mozart, Beethoven e tutti gli altri hanno usato i “pre-set” di Cristofori, che ha inventato il pianoforte.

video frame placeholder

Il nome Cucina Sonora arriva da questa idea di partire da zero nel fare la musica?

È un nome con più sfaccettature in realtà. C’è anche l’idea che in cucina ci sono quelle volte in cui prepari un piatto in base agli ingredienti che hai a disposizione, altre invece in cui vuoi seguire una determinata ricetta e ti procuri tutto quello ti serve, altre ancora in cui cerchi di variare a modo tuo una ricetta. Io cerco sempre di portare questo discorso in musica, equilibrare questi elementi e trovare una via di mezzo.

Il tuo ultimo disco è del 2017. Cos'è cambiato in questi tre anni?

Ho cercato di curare molto di più i miei ascolti, anche cambiandoli, seppur non in maniera drastica. Ho scoperto anche tanti progetti piccoli nel sottobosco musicale che mi hanno dato molti stimoli. Mi sono concentrato di più nella parte elettronica, cura del suono, ricerca del timbro, rispetto a prima in cui magari mi concentravo a sviluppare melodie più complesse. Anche il fatto di essermi trasferito a Milano e di entrare in contatto con altre realtà è stato molto stimolante.

L'anno scorso ti sei esibito con il format Uno Nessuno Due. Come lo avevi pensato?

Vengo da altre band e non ero abituato a suonare da solo, quindi volevo provare a essere il capo di me stesso, poter decidere tutto io. Allo stesso tempo, mi mancava a livello pratico poter condividere la musica con qualcun altro, dalle prove al viaggio in tour. Per quello ho pensato a un set in cui sono da solo, Uno, e uno in cui mi faccio affiancare da un batterista, Due. Il batterista è una figura molto importante per quello che faccio io, il mio sogno sarebbe poi allargare la formazione a quante più persone possibile, ma dipende da questioni logistiche ed economiche. A seconda del contesto ho deciso di darmi la possibilità se andare da solo o accompagnato. A queste due modalità si affianca poi l’idea del Nessuno, ossia di fare dei dj set in cui semplicemente metto della musica che mi piace. Nessuno nel senso che non porto qualcosa di mio, non vuole togliere nulla alla figura del dj.

video frame placeholder

Durante la quarantena come hai lavorato?

Io e Gabriele Guidi, il mio batterista, non ci siamo visti per tutto il lockdown, a parte fare gli aperitivi online e passandoci un po’ di musica a vicenda. Abbiamo continuato a scambiarci idee, spesso registrate su WhatsApp al volo, ci siamo finalmente trovati ad agosto e nel giro di due giorni avevamo già abbozzato due brani nuovi.

Quest’anno hai pubblicato tre singoli dove compare sempre un richiamo alla notte: Notte, Klavier de Lune e l’ultimo Dormiveglia. Come mai questa tema comune?

Tutti i brani che ho scritto sono stati scritti di notte, tra mezzanotte e le cinque di mattina. All’inizio erano solo delle composizioni così, poi è la musica stessa che mi ha fatto capire cosa stessi suonando, quindi il titolo è arrivato dopo. Ho deciso di raccoglierli sotto questo tema comune, con ogni traccia che ne racconta un diverso aspetto.

Scrivere di notte è una scelta?

Mi trovo meglio a lavorare di notte, l’ho sempre preferito, ora ci riesco un po’ di meno perché ho più cose da fare durante il giorno. Per me è meglio perché ci sono meno distrazioni, riesci a essere più concentrato, l’unica cosa che puoi fare è suonare. Durante l’università, c’è stato un periodo in cui facevo la vita del panettiere: stavo sveglio di notte, la mattina andavo a lezione, tornavo a casa il pomeriggio e dormivo.

video frame placeholder

Come vivi il distanziamento sociale nei tuoi live?

I miei concerti non sono così spinti da volere la calca di persone sotto il palco, certo è che avere il pubblico distanziato e seduto è pesante. Le due date che ho fatto quest’estate le ho fatte ripensando il tipo di spettacolo, facendo qualcosa di molto più lento e rilassato, così in un certo senso mi siedo anche io. Per dire, quando abbiamo suonato al Castello Sforzesco con 4000 persone che ballavano, io sono arrivato alla fine col cuore in gola. Io riesco a dare quell’energia se la rivedo nel pubblico, quindi non posso pensare di fare una cosa così con un pubblico che deve stare fermo.

Domenica presenterai il tuo nuovo singolo al Ride di Milano. Che tipo di live sarà, in quel caso?

Sarà grosso modo il set che ho portato in giro quest’estate, quindi qualcosa di più tranquillo, e sarà quasi tutto improvvisato, così ho anche la possibilità di seguire il mood della serata. Io ho una struttura molto camaleontica, così può variare a seguire dell’andamento del concerto.

---
L'articolo Cucina Sonora, la musica prende forma nel buio di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-09-23 16:36:00

Tag: singolo

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia