Daniele Ragghianti, in arte solo Daniele, ha appena compiuto 21 anni, ma le idee sembrano molto chiare. Da Lucca si trasferisce a Milano per studiare economia dei beni culturali e dello spettacolo, per avere una prospettiva completa sul mondo in cui vuole affondare le proprie radici. Saper fare arte, ma anche saperla "amministrare". Dopo una manciata di singoli, ora aspettiamo solo che arrivi qualcosa più corposo, anche se per scaramanzia Daniele aspetta ad aprirsi del tutto nel rivelare cos'ha in mente. In compenso, ha comunque un sacco di cose da raccontare.
Come ti sei formato a livello artistico?
Da che ho memoria, ho sempre avuto il sogno di portare la mia musica al grande pubblico ed ho cercato di lavorare per prepararmi nel modo più adeguato possibile a questa sfida. Cominciai a studiare canto nella mia città in prima media, un percorso che ho portato avanti fino al diploma. Poco dopo iniziai a scrivere e, cresciuto nell’ammirazione dei musicisti soul d’oltreoceano, cercavo di imitarli anche con l’uso dell’inglese (Stevie Wonder, Whitney Houston, Aretha Franklin, Alicia Keys etc.). Approdato al liceo, dove ho scoperto e amato con profondità la cultura greco-romana e la letteratura italiana (incluso il grande cantautorato), decisi di invertire la rotta per concentrarmi sulla mia lingua nella speranza, un po’ ambiziosa, di riuscire a portare quella stessa cultura che mi ha fondato all’interno delle canzoni.
Con chi collabori?
Al momento non ho una casa discografica, sono un cantautore totalmente indipendente. Per quanto riguarda produzione, studio e distribuzione invece sono rimasto legato alla mia città natale, Lucca, dove vivono e lavorano i grandi musicisti che mi seguono in questo percorso: Fausto Marrucci, il mio produttore, e Pamela e Davide dello studio MEDA Sound. Ho iniziato con loro il mio progetto lo scorso gennaio e devo dire di aver avuto una fortuna immensa. Quando si comincia non è facile trovare profili che siano professionali e al contempo molto umani, che sappiano farti sentire a tuo agio nell’espressione della tua arte pur non rinunciando a dirti la verità, anche quando scomoda. Ho molte idee nella testa e spero di poterle portare avanti consolidando questo rapporto. Per quanto riguarda invece l’immagine mi sono affidato a diverse professionalità, sia sul territorio lucchese che qua a Milano; l’ultimo progetto, “Incubo”, è stato realizzato da Giorgio Impellizzeri.
Come definiresti la tua musica?
Spesso mi hanno fatto questa domanda ma non ho mai saputo rispondere con compiutezza. Probabilmente una risposta non l’ho ancora trovata o forse perché cambia in continuazione. Ho iniziato studiando il pop e molto R&B e Soul degli anni novanta e degli anni duemila; ho poi toccato altri mondi e oggi cerco di farmi contaminare da tutto quello che trovo, siano i canti gregoriani del quattrocento sia il pop-punk o la musica commerciale. Una musica “fluida” in sintesi. Posso dire che i miei primi progetti, “Ultimo Ballo” ed “Eco”, sono forse più pop, “Incubo” ha delle sonorità che ricordano blues ma oggi mi sto muovendo verso suoni più rock. Ciò che però caratterizza tutta la mia opera è sicuramente la centralità della parola, che cerco di cogliere nella sua profondità, nelle ambiguità e nelle polisemie. Se volessimo trovare una definizione molto eterogenea ma piuttosto calzante, potremmo parlare di musica cantautoriale.
Quali sono i tuoi ascolti e a chi ti ispiri?
Le mie ispirazioni sono varie e non solo musicali: ogni forma d’arte, la vita, i suoni della natura, perfino la luce. Cerco di carpire quello che mi attraversa per raccontarmi seguendo forme diverse e sempre nuove. Per tornare agli ascolti, io sono cresciuto cantando a squarciagola le canzoni di Giorgia, di Bruno Mars, di Beyoncé, di Rihanna; fondamentali sono stati nella mia formazione i grandi della musica afroamericana, del blues. Verso il liceo mi sono avvicinato al cantautorato italiano, in particolare quello siciliano (Battiato, Carmen Consoli, Giuni Russo, Levante….). Franco Battiato è per me una stella polare non solo per il suo fare, ma soprattutto per il suo pensare la musica. Cerco inoltre di integrare nella mia musica anche la lezione di Carmelo Bene, che credeva nella fusione fra drammaturgia e canto (di lì ad esempio il mio tentativo di inserire il Cavalcanti in “Ultimo Ballo”), e tutto ciò che leggo, dalle liriche greche alla stretta attualità. Altre figure italiane centrali sono Pino Daniele, Mango, De André, Milva ed Elisa; guardando all’estero invece mi riferisco spesso ai Fleetwood Mac, a Nina Simone, ad Adele, a Miley Cyrus, ai Muse e ai Nirvana.
Ci parli del tuo ultimo singolo?
L’ultimo singolo che ho pubblicato, “Incubo”, nasce durante il periodo della prima pandemia (aprile/maggio 2020), un momento estremamente particolare date le incertezze, le ambiguità e al contempo la percezione di cambiamento profondo che il mondo avrebbe subito. Questa miscela di sentimenti contrastanti, questa fase di stasi mi pungeva e mi spingeva a desiderare l’evasione. Ho trovato in questo pezzo, in queste parole la mia via di fuga: Incubo è un dialogo con l’inconscio, con la parte più profonda di noi e con ciò che ci nascondiamo. È un rapporto tremendamente attraente e pauroso: “Incubo sai già tutto di me e se finisce la notte ti prego portami con te” è forse la frase più significativa del brano. Nonostante sia stata scritta ormai tre anni fa, ho deciso di pubblicarla perché trovo che abbia un significato ancora molto attuale.
C'è un ricordo particolare dei tuoi live che porti nel cuore?
Nella vita tendo ad essere abbastanza distaccato, contrariamente, quando penso alla mia arte mi sento molto fragile. Ho spesso in passato avuto il terrore di espormi ma al contempo ho sempre amato il palco: cantare è un gesto di amore e pensare che oltre a me anche solo una persona stia bene ad ascoltare quello che faccio mi nutre profondamente e mi fa andare avanti. La prima volta che ho cantato un mio pezzo al pubblico mi ricordo ero in seconda media, nel lontano 2013, al saggio della scuola di musica; la canzone si chiamava “gravity”, una struggente ballad in inglese (per un amore totalmente immaginario!) ispirata al primo Sam Smith. Ogni tanto quel ricordo mi passa per la testa, mi intenerisce e mi riporta a dove il percorso è iniziato, sempre bambino, ormai dieci anni fa.
Progetti futuri?
Ho molte cose che bollono in pentola e ne sono entusiasta. Dopo questi tre singoli sto ragionando insieme alle persone con cui collaboro di proporre al pubblico una cernita di canzoni, probabilmente sotto forma di EP, che seguano un percorso unitario sia dal punto di vista logico e narrativo che di suono. Sto vivendo un momento di grande movimento e mi piacerebbe riuscire a raccontarlo con ritmi veloci e colori musicali nuovi. Non voglio svelare troppo perché sono una persona abbastanza scaramantica, ma ogni giorno ci sono grandi progressi e sono convinto che presto saremo in grado di farvi sentire quello a cui ora, con un po’ di reticenza ma con tanta eccitazione, mi riferisco.
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L'articolo Daniele, prospettive di un musicista di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-03-18 16:00:00
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