A gennaio 2022 uscirà il nuovo disco di Noyz Narcos, Virus. Una parte di tutto il lavoro che c'è dietro a questo disco è raccontata in Dope Boys Alphabet, un documentario – disponibile su LiveNOW e Amazon Prime – che racconta la storia di Emanuele Frasca (questo il vero nome di Noyz), che parte dalle prime tag sui muri di Roma e le prime rime in strada e davanti allo specchio fino ad arrivare ai concerti pieni di gente schiacciata sotto al palco e alla realizzazione di un disco tra i più attesi degli ultimi tempi.
La regia è di Marco Proserpio che cuce insieme ore e ore di filmati registrati dallo stesso Noyz, pomeriggi in studio, concerti e backstage, viaggi, vita quotidiana dal 2006 in poi, e li incastra nel presente e nella vita dell'artista oggi, dandoci anche un assaggio di futuro, con alcune registrazioni del nuovo disco. Un racconto sincero, vero, crudo, potente, come i testi dei TruceBoys e del TruceKlan, come i dischi di Noyz Narcos, alcuni dei quali hanno fatto la storia del rap italiano e sono delle pietre miliari anche a risentirle anni dopo.
Non dormire, Enemy, Guilty, TruceBoys, TruceKlan, Il Ministero dell'Inferno, La calda notte, Andrew Propaganda: il film è diviso in capitoli, come tracce di un disco. Persone, tappe importanti della vita di Emanuele e dell'alter ego Noyz Narcos, che cresce, cambia nel tempo, si evolve, si blocca, riparte, ma è sempre lui.
Questo documentario fa vedere tutto, forza e fragilità, momenti goliardici e momenti introspettivi, immaginari punk e alla Trainspotting; un film potente, che contiene un patrimonio musicale veramente raro, con contributi di colleghi amici, alcuni esilaranti. Ci sono tutti, tutti quelli che hanno condiviso con lui quelle ore, giorni, settimane, anni: Chicoria, Gel, Gast, Mystic One, Benetti, Benassa, Supremo73, Sine, Ensi, Salmo, Gué, Marracash, Fabri Fibra, The Night Skynny, Cole, Metal Carter, Gemello e tanti altri. A cucire tutto questo insieme ci ha pensato il regista Marco Proserpio, con cui abbiamo scambiato qualche parola a proposito del film.
Come vi siete trovati tu ed Emanuele, come è nata l'idea di fare questo documentario?
La connessione è stata Night Skynny. Credo che Emanuele avesse visto dei miei lavori in giro, mi hanno chiamato e mi hanno dato appuntamento al suo studio di Milano. In studio c'erano lui e Andrea (Propaganda, ndr) con questa scatola di scarpe piena di videocassette MiniDV. Dentro queste cassette c'erano ore e ore di riprese, realizzate da Emanuele nell'arco di vent'anni, momenti di vita quotidiana, live, backstage, quant'altro. All'interno di quei filmati c'era veramente gran parte della vita di Emanuele e del suo lungo e intensissimo percorso come rapper e come artista. Così quando abbiamo visionato insieme tutto questo materiale abbiamo deciso di raccontare la sua storia, dagli inizi, dai TruceBoys e TruceKlan fino al lavoro che c'è dietro alla scrittura e alla realizzazione di Virus. Da quel momento devo dire che sono stato letteralmente adottato dalla famiglia di Noyz, Andrew Propaganda e il suo staff e questo ha facilitato enormemente il mio lavoro.
Sono usciti molti documentari, docufilm, ma anche podcast sulla vita di grandi personaggi, veramente i più disparati, dello sport, dell'economia, della musica. C'è bisogno di fonti di ispirazione?
Noi innanzi tutto volevamo raccontare una storia vera, non volevamo che fosse un lavoro promozionale per l'artista come se ne vedono molti, ma volevamo che fosse un documentario vero e proprio, senza esagerazioni, senza idolatrare Emanuele, senza censura. Talmente senza censura che abbiamo deciso di mettere i testi come sottotitoli per alcuni brani o alcuni freestyle per esempio del TruceKlan, quasi a sottolineare che, sì, quelle erano le cose che dicevano e scrivevano, quello era il loro rap, era nuovo, era unico e funzionava. In fase di scrittura il materiale di Emanuele continuava ad aumentare, e parlo dei materiali più vecchi, dei concerti nei centri sociali con la Dogo Gang; oltre al materiale registrato da lui c'erano video dei live che gli mandavo anche altre persone, quindi abbiamo visionato ore e ore di filmati per poi montarli insieme fino a raccontare come si arriva alla registrazione di Virus. Questa è una storia, questo è un racconto della vita e della carriera di Noyz Narcos e credo che anche tra vent'anni sarà ugualmente rilevante.
Quindi in questo film Noyz è il regista del suo passato e tu sei il regista del suo presente. Che regista è Emanuele Frasca?
Lui è un regista d'avanguardia direi, nel senso che documentava questa cosa ancora prima che fosse rilevante per nessun'altro tranne che per lui o una manciata di persone. Se pensi all'intervista in auto mentre guida, o alle riprese fatte in giro o negli studi di registrazione improvvisati, lui piazzava la sua telecamera e registrava. Sembra quasi che sapesse già, nel 2000, che un giorno quei video sarebbero tornati utili a raccontare questa storia e che questa storia sarebbe stata rilevante.
Da questo film alla fine ti porti dentro una bella lezione e anche molta tenerezza e commozione per questo ragazzino, che ce la mette davvero tutta.
Sicuramente ci sono dei messaggi, e sicuramente c'è la tenerezza come dici tu di questo ragazzino agli inizi di quella che sarà una carriera incredibile, che ci crede fino in fondo, che fa sul serio, tanto da documentare già lui stesso le cose che fa. Scegliere e legare insieme tutti quei filmati e quelle immagini dandogli un senso e un filo conduttore non è stato facile, e tutti quei mozziconi che vedi nella scena in 3D sono tutti miei, di tutte le sigarette che ho fumato durante il montaggio.
Dope Boys Alphabet mostra anche l'impegno, la volontà, la voglia di scrivere, di esprimersi, e la fatica che si fa a diventare Noyz Narcos e rimanere Noyz Narcos.
Nel film c'è quella frase di quell'intervista del luglio del 2007 dove Emanuele è seduto su un divano bassissimo, che è emblematica del suo modo di ragionare già da allora: “Lo scopo del mio rap è che quello che scrivo non rimangano cazzate dette tanto per dire, ma sia roba studiata, sia qualcosa che deve arrivare dentro e a chi gli arriva, chi lo sa, lo riconosce ed è per questo che ascolta il nostro rap e non ascolta il rap di altra gente”. È incredibile come in tutti questi filmati, nell'arco degli anni, negli occhi di Emanuele tu veda sempre un piano preciso, una visione artistica che non si è mai piegata.
Il film inizia con Noyz oggi che cammina ripreso di spalle e una voce legge una preghiera in un inglese particolare. Sembrava Bob Marley, invece chi è?
La voce è di Claude Sabbah, un maestro, una vera street-legend che vive a Parigi. Siamo andati a trovarlo con Emanuele e un giorno abbiamo deciso di documentare una di queste loro sedute. Le parole con cui inizia il film sono una preghiera che Claude ha letto a Emanuele, immagino credendo che le parole fossero in qualche modo cucite si di lui.
Quindi è a Parigi la prima scena e la lettura dei tarocchi?
Sì, abbiamo scelto di iniziare il documentario da Parigi, non da Roma, non da Milano, ma nemmeno da una Parigi troppo riconoscibile nell'immediato, non sono immagini o riprese classiche della città.
Nel film passano circa 15 anni, ma il protagonista resta sempre lo stesso.
Questa era una delle cose che volevamo far vedere, quanto e come Emanuele sia cambiato nel tempo, ma anche come sia rimasto sempre lo stesso, fedele al suo rap, istintivo, artisticamente diverso nei vari momenti della sua carriera, ma sempre con quello stile e quell'attitudine che sono solo suoi. Volevo che venisse fuori la penna di Emanuele, il suo modo di scrivere, di lavorare, di rappare, che è unico, come è cresciuto e in cosa è cambiato, senza compromessi.
Come è stato a livello personale girare questo documentario?
A metà 2000 noi eravamo dei giovani punk di provincia e non ascoltavamo niente di rap se non i Beastie Boys e poco altro più vicino alla nostra attitudine. Quando arrivò Noyz Narcos e il TruceKlan cambiò tutto. Da allora li ho sempre seguiti e megarispettati, sempre sono stato consapevole dell'incredibile importanza di Noyz Narcos come artista nel nostro Paese, della loro attitudine. Avere la possibilità di documentare il processo creativo di un artista come Emanuele è stato sicuramente un grande privilegio. Raccontare questa storia per me è stato quindi necessariamente un onore.
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L'articolo Dentro lo schermo di Noyz Narcos: alla scoperta di "Dope Boys Alphabet" di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2021-12-24 15:44:00
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