Se sei un musicista e non sai bene cosa siano i diritti connessi, in questo momento stai perdendo dei soldi che ti spettano di diritto. Proprio così. I soldi che si incassano con la vendita di un disco sono solo una parte di quelli che i singoli musicisti che partecipano alla registrazione di un album possono realmente guadagnare: conosciamo tutti i diritti d’autore che tramite SIAE o altre società vengono incassati e ripartiti a favore di autori, compositori ed editori - ma se consideriamo tutti i musicisti che hanno suonato o cantato in un disco, anche solo per due pezzi, come ci si regola?
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Ebbene, esiste una categoria di diritti che tutela proprio il loro lavoro: sono appunto i diritti connessi e nascono dall’utilizzazione in pubblico delle registrazioni discografiche. Sono riconosciuti e tutelati dalla legge italiana sul diritto d’autore (LdA 633/1941), dalle Convenzioni Internazionali e dalle Direttive dell’Unione Europea. La maturazione di questi compensi scaturisce quando la loro musica viene suonata in giro, nello specifico:
Diffusione a mezzo radio e/o tv: praticamente tutta la musica passata on air durante la programmazione radiofonica e televisiva.
Diffusione in luoghi pubblici: quindi all’interno di discoteche, palestre, bar, ristoranti, pubblici esercizi, esercizi commerciali ed eventi.
Diffusione a mezzo di nuove tecnologie: ovvero internet e mobile.
Diffusione tramite copia o duplicazione: ovvero la tanto criticata copia privata, quota pagata dalle aziende produttrici di ipod, ipad, smartphone, dischi vergini e tutte le tecnologie utili alla duplicazione di supporti fisici e file audio, poi raccolta e ripartita ad artisti e produttori discografici. Questa quota in molti casi è stata recuperata dalle aziende rivalendosi sui prezzi dei loro prodotti, facendoci pagare di più i nostri fantastici cellulari.
Come dicevamo, a godere di questi diritti sono tutti coloro che hanno preso parte ad una registrazione: artisti interpreti ed esecutori musicali, cantanti, direttori d’orchestra e di coro, coristi, musicisti ed orchestrali, produttori artistici e produttori discografici. Ovviamente bisogna dimostrare fattivamente d’aver partecipato a quelle specifiche registrazioni con l’iscrizione all’interno nei crediti dell’album o con l’esistenza di un contratto. L’intero compenso viene suddiviso poi tra produttori e artisti indicativamente al 50% ciascuno, che diventa 100% quando i due ruoli coincidono (se sei un artista che si autoproduce, per esempio).
Ok, ma come si fa, in pratica, ad recuperare i soldi che spettano ad ognuno? Esistono delle società di intermediazione che ricoprono questo ruolo-ponte fondamentale. Sono le società di collecting, imprese che rispettano determinati requisiti stabiliti per legge al fine di poter operare nell’interesse dei produttori e artisti che decidono di affidargli la raccolta e la gestione dei propri diritti connessi.
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Nel 2012, con il decreto sulle liberalizzazioni, il governo italiano ha riconosciuto effettivamente come libera l’attività di amministrazione e intermediazione portata avanti delle collecting, permettendo così la nascita di nuove società e lasciando gli artisti e i produttori liberi di scegliere, in base alla qualità e alla trasparenza dei servizi offerti, a quale società affidarsi; un principio che a livello internazionale è ovviamente in atto da molto più tempo.
Ad oggi nel mercato operano diversi soggetti; per citarne alcuni: SCF, il consorzio maggiormente rappresentativo dei produttori, ITSRIGHT, che rappresenta sia artisti che produttori, e Nuovo IMAIE che opera sia nel settore musicale che nel settore video (qui trovate l’elenco completo delle società di collecting autorizzate dal governo).
Alcuni artisti rinunciano alla possibilità di far valere questi diritti perché male informati e totalmente all’oscuro della loro esistenza, o perché scottati delle vicissitudini storiche che hanno coinvolto l'IMAIE, l'Istituto messo in liquidazione nel 2009 e successivamente rifondato come Nuovo IMAIE e che fino alla liberalizzazione del mercato dei diritti connessi ha operato in un regime di monopolio di fatto.
Scegliere di non informarsi sulle reali condizioni del mercato e non iscriversi ad alcuna collecting significa però rinunciare ad una potenziale risorsa che, se maturata e non riscossa, andrebbe persa e che invece potrebbe garantire per 70 anni dall’incisione (durata effettiva e garantita del diritto connesso) un’ulteriore tutela e guadagno per il musicista, sempre se i pezzi sono stati legalmente registrati, messi in commercio e utilizzati.
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L'articolo Sei un musicista e non sai niente dei diritti connessi? Stai perdendo soldi. di Carlotta Freni è apparso su Rockit.it il 2015-09-17 10:02:00
COMMENTI (2)
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tanto criticata, Carlotta perché la "copia privata" è solo quella fisica e non già quella del file. E poi, ma quanti si copiano il proprio catalogo di vinili e cd sullo smartphone?