10 album di culto che non sono su Spotify

La più famosa app di streaming musicale è diventata il mezzo di fruizione universale per chi vuole ascoltare qualcosa. Purtroppo (o per fortuna), non tutti di nostri dischi preferiti si trovano lì: da Battisti a Calcutta, ecco alcuni grandi esclusi della musica italiana

Alcuni dei nostri dischi preferiti che non sono su Spotify
Alcuni dei nostri dischi preferiti che non sono su Spotify

Capita, quasi per caso, che uno dia tutto per scontato, tipo la musica su Spotify. Fa l'abbonamento e dice: "Be', così ho sotto mano tutte le canzoni del mondo, posso addirittura rivendere la collezione di cd che prende mezza stanza e che non metto praticamente più. I vinili no, quelli stanno lì perchè hanno un altro tipo di appeal, ma poi alla fine a casa, in auto, mentre faccio la doccia, quando arrivano ospiti, per comodità finisco sempre per mettere la musica in streaming". 

E che gli dici a questo tipo, che potresti essere te, che prima era un cultore dell'oggetto disco, che s'imparava a memoria anche il nome del fotografo, del produttore e delle persone a caso nei ringraziamenti, che conosceva le canzoni talmente bene da sapere addirittura la durata della pausa dall'una all'altra, e oggi invece si affida alle playlist di Spotify dai nomi evocativi Sveglia frizzante o Relax serale?

Di certo non lo stai troppo a biasimare, perché il mondo è cambiato, la fruizione musicale è cambiata, la sua età e la sua curiosità sono arrugginite col tempo, e oggi si fa servire dagli algoritmi, per rendersi la vita più facile. Però poi capita, quasi per caso, che quel tipo abbia in mente una canzone e se la canti in testa tutta la notte, finché non decida di ascoltarla su Spotify, e si trovi praticamente nudo nel constatare che sull'app, quell'album non c'è

Fino a non troppo tempo fa, da Spotify mancavano i classici album di Battisti, i Pink Floyd, i King Crimson e pure i Beatles. Ora che ci sono tutti, nessuno si danna l'anima per qualche disco oscuro, di culto, un po' sotterraneo, pieno di musica bellissima, come quelli qui sotto.

Non li trovate su Spotify, se vi dice culo forse su YouTube, registrati direttamente dal vinile o dal cd, altrimenti dovrete ricercarli nella vostra collezione. Se avete seguito la modernità e ve ne siete disfatti, potrete ricomprarli usati, ma anche lì dovete essere fortunati. Questi 10 piacciono a me, ma aspetto dai lettori una caterva di altri dischi belli che su Spotify non ci sono. Ci conto: ascoltandoli sembra di avere a che fare con qualcosa di proibito e sacro, e se non ci teniamo stretta la bellezza, oggi è un bel casino.

Alberto Camerini - Cenerentola e il pane quotidiano (1976)

video frame placeholder

Se diciamo Alberto Camerini, a 99 persone su 100 viene in mente l'Arlecchino elettronico che negli '80s ha fatto faville con singoli come Rock'n'roll Robot o Tanz bambolina, ma quell'uno solitario ricorderà i veri esordi dell'italo-brasliano, prima come chitarrista turnista e poi come solista per la Cramps, con l'album Cenerentola e il pane quotidiano del 1976: sonorità tra il prog rock, il folk acustico e la musica brasiliana, prodotto tra gli altri da Eugenio Finardi e suonato tra gli altri da Walter Calloni degli Area e Lucio Fabbri futuro PFM. Canzoni fresche, favole per adulti, inni goliardici, ideologia da fantasista, per un disco che potete amare anche se non bazzicate troppo il prog.  

Enzo Carella - Vocazione (1977)

video frame placeholder

Enzo Carella è scomparso nel 2017, senza riscuotere neanche un minimo del successo che avrebbe meritato, e vi assicuro che se fosse vissuto oggi, visto come funziona il pop in Italia, sarebbe un Vate. Purtroppo è un eroe di nicchia, un tesoro nascosto in quegli scrigni che ci vuole la mappa per trovarlo. La sua musica ha influenzato non poco scrittura e arrangiamenti degli itpopper più sensibili, e i testi di Pasquale Panella hanno impreziosito il suo primo disco, Vocazione del 1977. Una perla mai ristampata in cd e ovviamente non si trova su Spotify, ma fatevi un favore e ascoltatelo, potreste trovare il vostro nuovo idolo. Tardi, certo, ma sempre meglio che mai.

Andrea Liberovici - Liberovici (1980)

video frame placeholder

 È il primo anno degli '80s quando Andrea Liberovici, figlio d'arte di un sodale di Italo Calvino e una cantautrice amante del teatro, pubblica il suo secondo album, che s'intitola come il suo cognome. Oggi quel disco è pressoché introvabile, non si trova sulle app e dovete avere una gran dose di fortuna per farlo vostro ai mercatini. New Wave e post punk d'oltremanica con testi che ricordano Faust'O, ma che vanno oltre e formano l'anello di congiunzione tra delirio psichedelico e droga. Siamo in quell'epoca lì, in cui le sostanze giravano molto e questo disco ne è un manifesto introvabile. Oggi Andrea Liberovici è un compositore per il teatro e regista.

Flavio Giurato - Il tuffatore (1982) 

video frame placeholder

Flavio Giurato è uno dei più grandi cantautori italiani, e il disco Il tuffatore del 1982 una delle espressioni più limpide del suo genio. Un concept che parla di una storia d'amore nata durante un torneo di tennis, con divagazioni ironiche o drammatiche, storie borderline raccontate splendidamente, testi magnifici e musica di più. 12 canzoni, 37 minuti, non uno inutile o riempitivo. Un album essenziale per chi voglia misurarsi con la scrittura di musica e parole, che ha ispirato scrittori e popstar. "Amore, amore, amore, figliola non andare coi cantautori. Amore, amore, amore, figliola, che poi finisci nelle canzoni". Poi quel sax, quanto cuore.

Carillon del Dolore - Trasfigurazione (1985)

video frame placeholder

Su Trasfigurazione dei Carillon del Dolore ci sono informazioni contrastanti, che lo collocano tra il 1981 e il 1984. Io avevo il vinile trasparente di Contempo Records di questo gioiellino di dark romana. Canzoni lente, ipnotiche, oscure come un pozzo senza fondo, lugubri, dilatate e sinistre, eppure ancora validissime, per uno dei pochi esempi di goth italiano che funziona anche dopo anni di distanza. Cambiarono nome in Petali del Cariglione e registrano il disco Capitolo quarto prodotto da Valor dei Christian Death, ma questo è più bello. Escono il coro e gli attori, Crimine di passione, veri classici del genere.

Lucio Battisti - Don Giovanni (1986)

video frame placeholder

Di Lucio Battisti, dopo lunghissima battaglia legale, su Spotify si trovano tutti gli album co-firmati con Mogol, i classici che conoscono tutti. Non si trovano ancora quelli sperimentali, da È già coi testi della moglie a quelli della collaborazione con Pasquale Panella, che Battisti pare abbia conosciuto proprio grazie a Enzo Carella. Rottura della metrica, testi assurdi per l'epoca (e anche oggi non scherzano), mai presentati dal vivo, arrangiamenti elettronici, tutto contribuisce a fare degli album di Battisti dall'86 in poi materia di studio. Ho scelto il primo con Panella, ma sono tutti notevoli, e non si trovano sulle app. Addirittura, ai tempi Don Giovanni non venne neanche stampato su CD per scelta, il mezzo venne ritenuto da Battisti troppo freddo. 

Negazione - Lo spirito continua (1986) 

video frame placeholder

Torino anni '80-'90, una band mischia il punk e l'hardcore con testi in italiano e in inglese, che oggi verrebbero definiti quasi emo ed è comunque riduttivo. Zazzo, Tax e Marco Mathieu erano i Negazione, di batteristi se ne sono avvidendati molti, tra cui anche il giovanissimo Neffa. Questo è il loro primo album, una gemma, ma se volete piangere procuratevi anche Little Dreamer, in cui c'è Il giorno del sole, che fa battere anche i cuori più arrugginiti. La vittoria della sconfitta, che apre Lo spirito continua, è l'inno di tutti quelli come me e te, a patto che ti riconosca nell'epica hc, di cui i Negazione sono gli alfieri italiani nel mondo.

Afterhours - Pop kills your soul (1993) 

video frame placeholder

L'ultimo album in inglese prima di Germi del 1995 per la band di Manuel Agnelli, che oggi è un personaggio pubblico sda tv, ma che ai tempi frequentava i peggiori club italiani suonando musica alternativa americana come pochi altri. È il primo album con Xabier Iriondo alla chitarra e alcune di queste canzoni sono diventate, negli album successivi in italiano, dei classici della band. Tipo Come Inside o Oxygen, per intendersi. La title track va bene così, pezzone vero.  Un album perfetto per farsi un'idea di cosa sarebbero potuti essere gli Afterhours se fossero nati da qualche parte fuori dai nostri confini. 

Criminal Jokers - This was supposed to be the future (2009)

video frame placeholder

Francesco Motta, Maestro Pellegrini (Zen Circus) e Simone Bettin dei Campos, tra la fine degli anni zero e l'inizio dei dieci dei Duemila, erano i Criminal Jokers nella formazione più riottosa, folk punk, Violent Femmes oriented che abbiano mai avuto. Quella con cui giravano l'Italia e l'estero suonando per strada, per farsi le ossa e mettere su quella faccia di legno che li contradustingue anche oggi. Questo è il loro primo album, e anche se si trova difficilmente, contiene pezzi che sono invecchiati benissimo, come Killer.

Calcutta - Forse (2012) 

video frame placeholder

Quando nel 2015 Calcutta diventò un fenomeno in tutta Italia con Mainstream, un'alta percentuale del suo pubblico pensò che quello fosse il suo primo album, ignorando del tutto l'Edoardo psichedelico, sghembo, confusionario, lo-fi dell'esordio del 2012, intitolato Forse, che contiene pezzi ormai diventati classici nei suoi concerti sold out, tipo Amarena, Pomezia, Cane, Arbre Magique. Erano gli anni che Calcutta veniva a suonare anche nel tuo salotto a rimborso spese e un paio di birre, per niente user friendly, perso nel suo mondo. Poi si è aperto e, quasi con la mano sinistra, ha cambiato il pop italiano. Ma questa è un'altra storia.

---
L'articolo 10 album di culto che non sono su Spotify di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-01-07 11:26:00

Tag: album

COMMENTI (4)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia
  • giucasfalchetto 19 mesi fa Rispondi

    Almeno un paio di album di Rezo Zenobi, altri di Piero Ciampi e Nada con l'omonimo album del 1977

  • patrizio.pampolini 3 anni fa Rispondi

    Io non trovo il gruppo musicale degli anni 80 Baricentro. I suoi componenti erano: Francesco Boccuzzi (tastiere, chitarra, percussioni), Vanni Boccuzzi (tastiere, percussioni), Tonio Napoletano (basso, percussioni) e Piero Mangini (batteria, percussioni).

  • iodio68 3 anni fa Rispondi

    Toccalalbicocca degli Squallor

  • vieni127 3 anni fa Rispondi

    Ah se ne mamcano.... Si può essere un'alba di Gionata... Che succede quando uno muore di Babalot... i Lotus di Amerigo Verardi... etc etc etc