"Guilty Pleasures" è la nuova rubrica di Rockit con cui andiamo a scavare nei segreti più reconditi e meno condivisibili degli archivi musicali delle band italiane. In questa puntata, Capibara ci racconta qual è il disco che a lui piace tanto, ma che il resto del mondo reputa terribile.
Tra i migliori 50 album per Billboard, tra i migliori 10 dischi latini secondo Rolling Stone e video su Youtube con centinaia di milioni di views ("Ginza", in realtà, tocca quasi quota un miliardo). Eppure a me sembra ancora troppo poco.
"Energia" di J. Balvin è un prodotto popolare e commerciale fatto come si deve, con tutti i crismi e idee nuove e originali dove non c’era da aspettarselo. Questo per me rende il disco del cantante colombiano uno degli esempi da prendere da ora in poi se qualcuno vuole fare del pop moderno post 2017.
A dare validità al progetto e al lato strettamente “tecnico-lavorativo”, sono stati scelti produttori talentuosi e giovani provenienti sia dall’ambito della musica latino americana, che dalla scena della black music americana, passando per il pop di nuova generazione. Per farvi capire, chi ha lavorato su questo disco di Balvin ha anche lavorato su canzoni di Rick Ross, Lil’ Wayne, The Weeknd, ecc… senza contare l’appoggio sia artistico che lavorativo del sempre-verde Pharrell Williams. Credo che il Pop sia il genere più difficile da fare, poiché è semplice cadere nella banalità, nel già sentito o visto. Qui invece c’è dell’intelligenza, dell’eleganza, della ricercatezza. Ma, soprattutto, c’è del provare-a-fare-qualcosa-di-nuovo.
I singoli che hanno anticipato il disco sono stati “Ginza” e “Bobo”, delle specie di mine future-reggaeton che hanno una scelta di suoni, di chicche in secondo o addirittura in terzo piano che creano dei micro orgasmi e le rendono irraggiungibili per il genere. Poi è venuta la volta di “Safari”: Pharrell era decisamente inspirato e si sente. Per me questa traccia sarebbe da prendere come manifesto del “Future Pop”: influenzato, contaminato, sudato, sensuale, ballabile, con una produzione da ”blow mind”. Anche se devo ammettere che il cervello va in tilt quando parte “Snapchat”, mi fa lo stesso effetto “mutandine bagnate” della voce di Justin Bieber su “Despacito”.
Questa forse è la cosa che mi fa impazzire di questo disco: al primo acchito, ad un orecchio non attento o pregiudizioso, risulta la solita coattata commerciale reggaeton, da finestrino abbassato sul lungo mare di Fregene. Se però si approccia il disco più volte e con capacità critiche neutrali, ti accorgi di cosa sia veramente, poi funziona comunque lo stesso a bomba sul lungomare di Fregene.
Riassunto: rosico che Diplo con i Major Lazer ci sia arrivato prima di me a fare un feat. con J Balvin, solo perché è estremamente più famoso e ricco del sottoscritto.
P.S.: mio caro Balvin se leggi chiamami. Tvb.
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L'articolo Capibara - Guilty Pleasures: il disco proibito di Capibara di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2017-06-15 09:39:00
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