Quando è nato il Disorder, due anni fa, si chiamava “Disorder Beer Fest”, perché, come la birra, avrebbe dovuto fermentare, dando vita a qualcosa di sempre più grande e ricco. Oggi possiamo dire che i lieviti (entusiasmo, sbattimento e capa tosta) hanno fatto effetto, e quello che si definiva “il festival più piccolo d'Italia” sta crescendo bene: cambio di location – un anfiteatro che meriterebbe di essere sfruttato di più -, l'aggiunta di una serata, una line-up sostanziosa, un bel mercatino, e un pubblico folto oltre ogni aspettativa – soprattutto considerando che i nomi erano meno altisonanti di quelli dell'anno scorso (Maria Antonietta, A Classic Education...), il che ci ridà un po' di fiducia nel mondo: esiste ancora il gusto della scoperta. Che bello.
Dunque, line-up meno “importante” dell'edizione passata, dicevamo, ma assolutamente non inferiore in fatto di qualità. E di coerenza, visto che ogni serata pare avere un mood dominante. Quello della prima è un presobenismo poppettaro al sapore di sale dei pomeriggi a fare surf e serate a fare falò, è l'umore agrodolce dell'indie da party e post-party universitario di Bean Soup e North, è il sogno caraibico sotto lo smog newyorkese dei Boxerin Club, gruppo che sa come far divertire, con il suo pop contaminato e le cover ruffianelle ma trascinanti (McLusky e Gorillaz). Per la seconda serata (in cui fortunatamente a dispetto delle catastrofiche previsioni ci viene risparmiata la pioggia) i toni si fanno più lunari, con il rock virtuosistico degli ebolitani Grammophone e, soprattutto, con la dark-wave delle Winter Severity Index, ragazze dal notevole talento nel farti desiderare cieli gonfi d'acqua, paesaggi urbani thatcheriani e locali diversamente luminosi. Portatemi a Manchester, adesso! Niente, non ho trovato un passaggio, mi tocca ancora l'afa del salernitano. Poco male comunque, anche la terza serata è propizia per le fantasie di fuga verso nord, grazie ai Twin Room e al loro elettropop dal tocco sofisticato, e al post-electrorock dei Sixth Minor, che ci offrono offrono un altro paio d'ore all'ombra di suoni forti e scuri. Creatività, cosmopolitismo e flashate psichedeliche per la “serata Macaco records” con Margareth e Grimoon: i primi non fanno niente di nuovo ma lo fanno con stile e convincono tutti con le loro atmosfere rarefatte un po' alla Radiohead. Sui secondi c'è ben poco da dire: epici, pazzoidi, sontuosi, belli anche i video – realizzati in stop-motion dalla cantante e tastierista - che accompagnano il live. Alto livello, molto alto (tranne che per il cappellino del cantante. Alberto, noi non ci conosciamo, ma ti do un consiglio come se fossimo amici: quel cappellino verde NO!).
Una conclusione più che degna per una degnissima quattro giorni di musica dalle ampie vedute. Ultima birra e ultime chiacchiere nell'area dj-set (peraltro molto fighi anche questi, salvo proprio l'ultimo, un tantino tamarro) e ci salutiamo - sperando di trovare l'anno prossimo tutto ancora più “fermentato” - con la jobsiana esortazione dell'organizzatore: “Siate disordinati!”
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L'articolo Disorder -Eboli di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 2013-08-20 00:00:00
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