24 novembre 1991. Una e trenta di notte, stessa data, stesso anno, stessi attimi in cui Freddie Mercury ci lasciava, il mondo accoglieva un pargolo di 3 kg nato col ciuffo biondo. Chi scrive. Non credo all’oroscopo, ma inevitabilmente, per non so qualche congiunzione astrale, dovevo finire per odiare o amare i Queen. Ho scelto la seconda opzione, e guarda caso sono anche la band preferita di uno degli autori che prediligo.
Il 24 novembre è una data che ricorre spesso nella carriera di Cremonini. L’evento da celebrare quest’oggi, però, è un altro: venerdì 27 marzo 2020, Cesare Cremonini compie 40 anni, più della metà di questi passati sul palco. Vent’anni di carriera che hanno occupato due terzi abbondanti della mia vita. Cremonini è in assoluto l’artista che ascolto da più tempo, e, ancor più importante, è l’unico artista che ho iniziato ad ascoltare incoscientemente alle elementari e non ho mai abbandonato. Non ho mai rinnegato, non mi sono mai vergognato: ancora oggi, all’alba dei trenta, mi emoziono all’idea di ogni sua nuova uscita.
Cremonini è sempre stato presente. Oltre che accompagnarmi con i suoi successi, Cesare ha reso meno spaventosa la mia paura d’invecchiare, ha consigliato il mio rapporto col gentil sesso. Gli amori passano e vengono, quel che rimane, Marmellata #25 ad accompagnare la fine di ogni storia. Cremonini è l’esempio lampante che si può maturare emotivamente e artisticamente, evolvere, senza rinnegare le proprie radici, senza sopire la propria personalità. Fondamentalmente, quella di un vez bolognese come tanti altri. Ma con l’innato dono della poesia.
«Studiavo Chopin e Beethoven, poi per Natale mio padre mi regalò un disco dei Queen. Mi accorsi che c'erano riferimenti alla musica classica in così tante loro canzoni che chiesi alla mia professoressa di farmi studiare Bohemian Rhapsody. Ne fu contenta! Tre anni dopo, mentre ero in vacanza con i miei genitori, scrissi Vorrei, la mia prima canzone. Avevo 15 anni»
I Senza Filtro sono la band che Cesare aveva messo su ai tempi delle superiori, con la quale proponeva cover dei Beatles, dei Queen e degli Oasis. Un imprinting che si rivelerà fondamentale nell’evoluzione solista dell’autore bolognese. Nicola Balestri, da tutti conosciuti come Ballo, subentra nel gruppo per sopperire alle debacle del bassista Andrea. La formazione cambia nome, l’incontro tra il Batman e il Robin del pop italiano segna la nascita definitiva dei Lunapop. A pochi mesi dall’esame di maturità, la madre esasperata dal figlio (intento a scrivere canzoni più che a studiare) distrusse la chitarra sulla schiena sulla schiena di Cesare, che, di tutta risposta, si chiuse in camera a comporre col pianoforte. I 3,30 minuti che ne scaturirono, con il tempo lo avrebbero fatto passare, da ragazzino scapestrato a stella del pop italiano a cavallo di un cinquantino spiombato.
Il 27 maggio 1999 esce Squerez, unico album della band, 1,5 mln di copie vendute, record ancora imbattuto e imbattibile visto il cambio nelle dinamiche di fruizione della musica: zaini e diari con la famosa rana stampata in evidenza, un tripudio di Festivalbar, pubblicità per le prime campagne estive delle compagnie telefoniche, Martina Stella. Ricordo Cesare suonare C’è qualcosa di grande in televisione, al pianoforte, con i capelli tinti di rosso e conquistare il cuore delle adolescenti e delle loro madri. La rotazione musicale di MTV era dominata dalle boy band internazionali, dai Backstreet Boys, dagli NSYNC di Justin Timberlake. I Lunapop sono stati il primo caso (e probabilmente anche l’unico veramente riuscito) di boy band all’italiana.
Inevitabilmente Cremonini era ancora un autore immaturo, ma quel certo disagio adolescenziale non riusciva a sopirne l’innato talento compositivo. Acerbo, come del resto devono essere gli orizzonti entro i quali si specchia un ragazzo al debutto discografico. I Lunapop sono l’espressione sonora di una spensieratezza che non ritroveremo mai più. 50 Special è stata ispirata dal libro di uno scrittore bolognese con una parabola simile a quella del cantante. Enrico Brizzi (la nostra intervista qui), autore di quel Jack frusciante è uscito dal gruppo, l’esatto corrispettivo letterario del primo singolo dei Lunapop.
Un successo editoriale senza precedenti, un romanzo borghesemente punk che prende vita attorno alle vicende di un adolescente inquieto che, proprio come Cesare, trova conforto pedalando come un Girardengo (appena più basso e diciannovenne) sulle alture che circondano la città, ove abita la sua amata. La storia di Alex attraverserà come un fil rouge l’intera discografia di Cremonini, “Dammi una Special l’estate che avanza”, la stessa estate in cui Aidi sarebbe partita per l’America che fa capolino anni dopo in La nuova stella di Broadway. “New York New York è una promessa d’amore”. Una storia di “rock parrocchiale”, una ribellione da libro Cuore, pacata eppure così emotivamente sconvolgente perché capace per la prima volta di parlare direttamente a una generazione. Una generazione cresciuta a Brizzi e Lunapop, sfociata musicalmente nell’itpop.
Una generazione cui non è mancato nulla e proprio per questo ideologicamente spiazzata, che non ha dovuto lottare per i propri diritti, ma per il proprio posto nella società, mutuando l’orizzonte compositivo su un piano autoreferenziale, anticipando la dinamica con cui Calcutta e Contessa segneranno il proprio successo anni più tardi: proporre temi (stereotipi?) nei quali chiunque può rispecchiarsi, sentirsi magicamente unici in una bolla di solipsismo universale. Il citazionismo ricercato (dalle marche di sigarette ai calciatori), il grande ritorno del pianoforte, la rivincita dell’innamorato sfigato, romantico, sensibile eppure capriccioso, dinamiche studiate a tavolino dagli autori moderni, dai nuovi emblemi del cantautorato nazionale.
La grandezza di Cremonini è percepibile in base alla naturalezza del suo talento, capace di riassumere l’intera weltanschauung di un movimento con anni di anticipo in un unico verso.
“Canto alle donne ma parlo di me”
Cremonini è il più grande cantante d’amore italiano dei nostri tempi, un sentimento cui, volenti o nolenti, siamo tutti sottoposti, motivando l’enfasi con la quale riesce a empatizzare con qualsiasi tipo di pubblico. Con qualsiasi tipo di genere umano, a prescindere dall’estrazione e dalla formazione musicale, prima che l’itpop intervenisse mischiando le carte. Cremonini ha attuato la rinascita del pop, lo stesso genere attualmente rinominato dal circuito indie per distinguerlo dalle stucchevoli proposte che erano solite riempire i palazzetti dello Stivale. Non è la formula un po' comunione-e-liberazione di Ramazzotti o Biagio Antonacci, nemmeno cantautorato impegnato.
È pur sempre cantautorato, sia chiaro, ma ha preso spunto dalla lezione glam anni ottanta – che ne anima la sfumatura nostalgica – spogliandosi di quella pesante patina politica, senza mai cadere nella retorica aizza-casalinghe imposta da Mediaset. È poesia mascherata con un abito leggero, in quella capacità di sintesi che solo i grandi artisti possono vantare, i pittori astrattisti esprimendo il proprio stato d’animo attraverso il gesto di una pennellata, e grandi penne, rinchiudendo il senso stesso della bellezza in un controllo di Baggio. Di una storia d’amore in un barattolo di confettura.
Come un Samuele Bersani ballerino, come se Lucio Dalla (leggi il nostro approfondimento qui) fosse resuscitato nel corpo di un bagnino romagnolo. E come se le sue canzoni non fossero altro che la raccolta di tutte le cotte che si sono consumate su quel bagnasciuga. Disperato, erotico, pop, Cremonini può permettersi di asserire quel che gli pare, ridurre una donna al suo fondoschiena, "ed il sedere di Selene sembra fatto apposta per l’amore", richiedere romanticamente una fellatio, "dai scendi più giù accendiamo un film porno", senza mai per questo risultare fuori luogo.
Ne Il cuore grande delle ragazze, Pupi Avati sceglie Cesare per interpretare il ruolo di un contadino belloccio che tutte le signorine del paese bramano. Lo charme di Carlino Vigetti è dovuto al suo alito curiosamente profumato di biancospino. Ecco sì, le canzoni Cremonini profumano di biancospino. Non vi è una spiegazione, è una dote naturale. Cremonini può persino permettersi di raccontare tutti i suo perché a una puttana senza venire minimamente accusato dalle femministe. Le femministe, a Cremonini, tirano il reggiseno sul palco.
La storia del nostro Paese è costellata di meteore durate poco più che una stagione. Debuttare con un successo come quello di 50 Special apre solitamente la porta a tre strade diverse: vivere di rendita per il resto della propria vita, esaurirsi precocemente o intraprendere una carriera paradossalmente in salita, con la prospettiva reale di non riuscire mai a superarsi. Cremonini non solamente è uno degli artisti più affermati d’Italia, ma anche come uno dei più credibili, l’unico (aspettando Calcutta) che è riuscito a imporre determinati stilemi a un certo livello. Cremonini è diventato la più grande pop star italiana, per un solo motivo: ha rincorso sempre e solo se stesso.
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L'articolo Disperato, erotico, pop: i 40 special di Cesare Cremonini di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-03-27 03:19:00
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