Diss Gacha: "Non faccio roba mainstream, voglio far diventare la mia roba mainstream"

Dopo un grande show a MI AMI, la conferma arriva dal disco "Cultura Italiana Parte Uno": il ragazzo di Torino è qualcosa che mancava all'asfittico rap italiano. Abbiamo parlato con lui di Italia e Stati Uniti, Wiz Khalifa, fonosimbolismo, gospel e molto altro

Diss Gacha a MI AMI. Tutte le foto Onofrio Petronella/MI AMI
Diss Gacha a MI AMI. Tutte le foto Onofrio Petronella/MI AMI

C'è un meme (lo trovate in fondo al pezzo) che è girato un po' dopo il live di Diss Gacha a MI AMI. Si vedono dei carabinieri sotto il suo palco, che più che a sedare qualche situazione inopportuna (che non c'è stata) pensano a godersi il live.

Diss Gacha, però, non è affatto un meme (non che ci sia qualcosa di male), a dispetto di una lettura superficiale di uno dei fenomeni rap più interessanti degli ultimi anni. Lo ha dimostrato in maniera dirompente in Collinetta, dove la sua performance è stata una delle più apprezzate della tre giorni, con tanto di feat. del concittadino Rosa Chemical (i due vengono da due paesi alle porte di Torino distanti pochi km) e con l'accompagnamento di un coro gospel.

E poi c'è Cultura Italiana Parte 1, disco uscito nella notte, verosimilmente il primo capitolo di una saga che Gabriele Pastero, 22 anni, non promette affatto breve. Sono otto tracce in cui ci sono dentro il suo mondo e i suoi modi stralunati, che hanno attirato l'attenzione su di lui sin dall'inizio. Quel lessico a volte altissimo e a volte rasoterra, quando Gacha si lascia andare a suoni indefinibili come quelli di un bambino. Le sporche che ti si attaccano addosso, lo slang come cifra distintiva (seppure sia meno marcato che in passato).

E poi le produzioni raffinate eppure massicce del suo socio Sala, e i testi che salgono a un livello successivo rispetto a divertissement come Captato, Ballas e gli altri brani (pur molto fighi) che lo avevano fatto conoscere. Si parla di stare al mondo, di felicità, di consapevolezza, non c'è solo sacrosanto cazzeggio. Se a questi si aggiunge la sua estetica nerd chic e quel suo muoversi dinoccolato e un po' skizo che pure la madama dei meme pare aver apprezzato, ecco servito Diss Gacha il principe del Missisippi.

Mettiamo da parte la nostra riottosità a intervistare artisti in promo, dall'altro capo ci accoglie una voce che sa di ciminiere e gianduia.

Live a MI AMI 2024
Live a MI AMI 2024

Cosa rappresenta per il tuo percorso una serata come quella di venerdì a MI AMI?

Anzitutto mi porto a casa tante bellissime sensazioni. Di fatto al MI AMI è stato il mio primo vero live. Per la prima volta avevo gli In Ear: sentivo tutte le parole che dicevo, potevo cantare nel modo che volevo, rappare esattamente come avevo in testa di farlo.

Stai dicendo che per un performer c'è un prima e un dopo gli In Ear?

Penso proprio di sì. Non è che prima non abbia fatto live. Molti sono stati nelle discoteche, che è una dimensione che amo: mi piacciono i live "caciaroni", in cui ti guardi negli occhi con il pubblico, canti tutti assieme. Ma stare su un grande palco come quello del MI AMI, con gli In Ear nelle orecchie, è tutto un altro sport. Capisci davvero cosa stai facendo, sai quando devi spingere e quando no, comprendi quando arrivi a fatica alla fine della frase. È un’altra cosa ed è anche una grande palestra per il futuro, per fare salire i propri live di livello continuamente. 

In Ear sistemati
In Ear sistemati

Cosa cambia rispetto a esibirsi in discoteca?

In discoteca è tutto più tranquillo, sai che se sbagli non sarà un problema. Perché c’è un contatto diretto e strettissimo con il pubblico, che è lì per te e sicuramente ti perdonerà. Si fa casino, si sta assieme: tutto ruota attorno a questo, non tanto alla performance vocale. In un grande festival non tutto il pubblico è lì per te, ma tutti hanno pagato un biglietto e vogliono vedere live di livello. Hai l'occasione di prendere fette nuove di pubblico, e non devi fartela scappare. Per questo cerco di essere allo stesso tempo energico al massimo sul palco e di cantare al meglio delle mie possibilità. Voglio divertire e convincere gli appassionati. 

Dove e come nasce il Diss Gacha performer?

Salmo dice che non bisogna aver paura di salire sul palco, che un artista è davvero tale se ha paura invece di scendervi, talmente prova gusto nel fare quella cosa. Ed è cosi: i live sono il mio posto nel mondo, la cosa che voglio fare nella vita. Durante un concerto scarico tutta la tensione (nell'ultimo periodo ne avevo accumulata parecchia per via del disco), mi gaso perché vedo un fan fomentato oppure perché vedo uno annoiato e voglio a tutti i costi "convertirlo". Non ho mai studiato, pianificato di fare live come li faccio. Sono una persona energica nella vita, è questo che mi porta a ballare e saltare sul palco. E poi ho fatto tanti anni di hip hop da piccolo, e un po’ quella roba mi dev'essere rimasta. 

Sei salito sul palco con un coro gospel, che torna in tre tracce del tuo disco. Ci spieghi questa scelta?

Il coro gospel è una cosa che piace a tutti, solo che molti non sanno ancora che gli piace. La prima volta che l'ho inserito nei miei live era ai Magazzini Generali, a fine live sono andato in giro a chiedere a tutti quelli che incontravo quale fosse stato il momento migliore dello show e tutti mi dicevano che era stato proprio il coro. Chiaramente è qualcosa che sta un po' fuori dalla nostra cultura, non è che ti metti in auto ad ascoltare il gospel. Ma quando lo fai rimani in stregato.

Foto di gruppo con il coro
Foto di gruppo con il coro

È una delle tante "cose americane" che fai...

Sicuramente ho preso spunto dagli Stati Uniti, da artisti come Kanye che fa interi dischi con il coro. Fa parte della loro storia e cultura, è una cosa normale. Ma anche da noi ci sono precedenti: Marco Mengoni o Achille Lauro a Sanremo. A me piace e so che piace alla gente, quindi perché non farlo? Anzi insisteremo in questa direzione, magari creando un live tutto con il coro oppure una versione gospel del disco. 

Al momento trovo che tu sia uno degli artisti più "americani", e credibili, che ci sono in Italia.  

Deriva tanto dal lavoro di Sala, le sue produzioni sono senz'altro molto "americane". Personalmente prima ci mettevo più slang proveniente dal rap Usa, e questo contribuiva a creare l'effetto di cui parli. Ora un po' meno, anche se le fonti di ispirazioni rimangono quelle. Tutto il rap in Italia è figlio dell’America.

Con il coro sul palco del MI AMI
Con il coro sul palco del MI AMI

Cos'è davvero quella cultura italiana cui affidi il titolo del disco?

È anzitutto una cosa personale, è il mio modo di vedere la cultura in cui sono cresciuto. Io amo le vibes americane, ma per me è essenziale coniugarle con la cultura di questo Paese (motivo per cui, ad esempio, cito spesso la pasta al sugo). Tradizione e innovazioni sono i due binari su cui cerco sempre di muovermi. 

Esteriormente sei uno dei "meno hip hop" che ci siano, ma la tua musica è un concentrato di hip hop per flow e attitudine. A differenza di molti tuoi colleghi che hanno pose e look super rap, e poi fanno solo tormentoni per l'airplay.

La nostra missione come artisti è di fare sì che il nostro modo di fare musica diventi per tutti, diventi mainstream; non intendo scendere a compromessi con nessuno per diventare più mainstream. Più volte in passato abbiamo avuto in mano pezzi che pensavamo potessero essere adatti al grande pubblico, perché magari erano più facili da capire o più immediati. Solo che sul momento non ci gasavano, quindi non sono usciti.

Parli al plurale perché Dissa Gacha è un progetto collettivo, giusto?

Il progetto Diss gacha sono 50% io e 50% Sala, il mio producer. Costruiamo la musica assieme ogni giorno: io sui suoi beat ho modo di parlare di me e lui con mie parole parla di sé. Sala mi tiene sulla retta via, è un artista vero. Inoltre lui è piu grande di me e ha una visione più ampia delle cose. È lui che ha fatto uscire fuori Diss Gacha, senza di lui questo progetto non sarebbe mai venuto così. 

Il feat di Rosa Chemical per 'Opera'
Il feat di Rosa Chemical per 'Opera'

Torniamo al discorso di prima. Il rap italiano si sta "poppizzando" troppo?

Ci sono artisti che cercano un modo facile per fare carriera. Non è la mia strada. Negli Stati Uniti ci sono artisti rap che fanno dischi complicatissimi, con sonorità di ogni tipo amalgamate tra loro, che cantano, rappano, suonano, fanno di tutto. E vanno primi in classifica. Perché non dovrebbe accadare anche da noi?

Parli di sperimentazione, ma c'è ancora chi ti vede (a torto) come un artista lol rap. 

Ho 22 anni, il mio primo obiettivo è divertirmi. So che c'è chi pensa che io sia un meme, ma la cosa non mi spaventa per nulla. I meme sono belli, li guardiamo tutti e ne ridiamo. La verità è che io amo l'hip hop e i suoi canoni, ma non sopporto l'idea che per seguirli io non possa fare cose diverse. Anche se per qualcuno sono troppo giovane e non ho lo status per fare quello che voglio, io seguo solo me stesso e le cose che mi piacciono fare. 

Questo tipo di visioni monolitiche sono un po' tipiche della società italiana, da sempre abbastanza immobile. 

In Italia spesso ti viene imposto che se fai una cosa, non ne devi fare un'altra. Invece io faccio rap e la domenica pranzo in famiglia e poi vado a spasso con i miei cani. Si può fare hardcore la sera e il chirurgo la mattina dopo.

Ritengo che oggi un disco rap si giudichi anzitutto dai feat. Da quelli che hai e soprattutto da quelli che non hai. Per la mia visione delle cose se non inserisci in tracklist i soliti nomi che hanno tutti, e che paiono inevitabili per fare streaming, guadagni un sacco di punti. Ecco, tu in Cultura Italiana Parte Uno hai Wiz Khalifa...

Io e Sala andiamo spesso a Los Angeles, anche perché lavoriamo assieme Stef Moro, tecnico del suono che, tra le altre cose, ha vinto un Grammy e ha registrato il nuovo album di Kanye West e Ty Dolla $ign. Lui lavora da tempo con Wiz e ci ha messo in contatto con suo produttore. Ci abbiamo provato, non pensavamo davvero di poter arrivare a un suo feat.

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Come avete lavorato sul brano?

Quando il produttore di Wiz, Don Lito (che figura anche nei crediti di Missisippi Drive) ci ha chiesto un provino io ho individuato subito quel pezzo. Che secondo me era figo, ma gli mancava qualcosa. Avevo provato a chiedere un feat italiano ma non aveva funzionato, ci avevo fatto un'altra strofa io ma nulla da fare. Quindi mi ero detto "o la va o la spacca con Khalifa", male che andava avremmo sostituito il pezzo. Sapevo che Wiz era gasato da Captato, probabilmente il suono della fisarmonica per lui doveva essere stato qualcosa di nuovo e originale. Ho aspettato per due settimane senza che Don Lito si facesse vivo, poi a un certo punto mi manda la traccia ed è stato qualcosa di "boom". Io vengo da un paesino di 10mila abitanti. Quando sei nel pieno della corsa non ti rendi conto bene di quello che succede. Ecco quell'audio con la voce di Wiz Khalifa è coinciso con il momento in cui ho pensato "guarda dove cazzo siamo arrivati: abbiamo un feat di Wiz Khalifa".

L'hai mai beccato?

Sì, dopo uno show in un club molto grosso a Las Vegas. Ci ho parlato, e posso dire che è un grande il tipo. Una persona pulita, felice di quello che fa, vuole bene alle persone che ha intorno. Il fatto che esista gente così è qualcosa che mi dà gas. E la dimostrazione che la "cultura" ripaga.

A colpire di te è stato anzitutto il tuo slang, termini e suoni che usi nelle tue liriche. A un certo punto esce questo contenuto di Treccani che ti dipinge come il "king" del fonosimbolismo in Italia. Questo sì che è un traguardo!

Ero sul divano a casa, scrollo il telefono e a un certo punto vedo una menzione di Treccani. Wow. Sono davvero blessed di questa cosa. Le persone sono scettiche di natura, hanno paura del nuovo finché qualcuno non dice loro che quella roba è interessante, di farci caso. Una conferma simile da parte di Treccani per me è stata una cosa preziosa.

Che poi io manco sapevo cosa fosse il fonosimbolismo, al massimo avrei detto "onomatopee". 

Anche io non conoscevo la parola. È una di quelle parole che sono fighe perché sono difficili. Io lavoro con le parole, e ho una passione smisurata per loro. Mi piace impararne sempre di nuove, ampliare il vocabolario e trovare il modo di usarle. E sono uno che viaggia tanto: se vado in Spagna, negli Stati Uniti (ci passo molto tempo) o in Africa (abbiamo registrato canti e balli dei masai in Kenya ultimamente, chissà se riuscirò a usarli nei prossimi lavori: sarebbe bello) cerco di capire la cultura posto e il suo linguaggio, vado in fissa con delle parole che sento e con il loro significato. Cerco di farle mie e usarle fonderle con il mio modo di parlare. Deriva da qui il mix di slang che uso.

Gacha live a MI AMI 2024
Gacha live a MI AMI 2024

Due parole che ti piacciono molto?

Ci sono parole che mi affascinano sia per come suonano eleganti che per il significato. Tipo costanza o lungimiranza.

Sei un tipo, oltre che un artista, super interessante. Per accertarlo però bisogna entrare nel tuo mondo, e non è detto che sia accessibile a tutti. Questa cosa non ti preoccupa?

Faccio le cose che mi piacciono. Non mi interessa fare cose che piacciano agli altri o che gli altri debbano per forza capire. Voglio essere felice con me stesso, è questo l’obiettivo reale della vita. 

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L'articolo Diss Gacha: "Non faccio roba mainstream, voglio far diventare la mia roba mainstream" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-05-30 15:38:00

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