Partiamo dalle parole di Noam Chomsky, 95 anni, il linguista più famoso oltre che più longevo al mondo. Per tutta la vita ha sostenuto che “il linguaggio è un processo di libera creazione: le sue leggi e i suoi princìpi sono fissi, ma il modo in cui questi principi sono usati è libero e infinitamente vario”. La lingua viene reinventata ogni giorno, attraverso una pratica collettiva. Almeno in questo caso, bando a nostalgie e pessimismo cosmico. Sempre Chomsky sostiene che “la lingua non è oggi peggiore rispetto a ieri: è più pratica, come il mondo in cui viviamo”.
Il contributo dato dalla musica in questo processo non è affatto irrilevante, per la sua capacità di interpretazione e racconto della realtà e per la sua forza di comunicare in maniera intergenerazionale. A MI AMI 2024, dal 24 al 26 maggio a Milano, si esibiranno alcuni artisti molto innovativi dal punto di vista del linguaggio. Sperimentatori della parola e del suono, che arrivano a proporre soluzioni “estreme”. Capaci a volte di cambiare le regole del gioco.
Il rap è un genere nato attorno alle parole che utilizza. Inevitabile che sia un grande motore del cambiamento linguistico, soprattutto da quando è diventato egemone per le nuove generazioni. Dai Sangue Misto allo slang trap della generazione del 2016, anche in Italia è sempre stato così. E ora?Diss Gacha è stato eletto da Treccani king del Fonosimbolismo italiano. Che significa? Quei fenomeni in cui da un suono si riconosce il valore semantico in maniera diretto, senza passare dalla grammatica. Tipo il cane che fa “bau bau”: le onomatopee, insomme. Attraverso queste formule, nei suoi testi Diss Gacha sta decostruendo e poi ricostruendo la lingua italiana. C’è un suo pezzo che si intitola Big VROOM Big Ah Ah, e già dice tutto. Poi c’è Captato, che significa qualcosa tipo “capito”, “inteso”, e il cui testo è infarcito di parole che a una prima analisi potrebbero suonare astruse e invece non lo sono affatto. “Correre corsa, se non l’hai mai fatto (Bum, bleah) hai cappato”.
Torniamo alla Treccani, d’altra parte è la massima autorità in termini di lingua italiana: l'enciclopia con i suoi canali sta facendo un meraviglioso lavoro di divulgazione della linguistica, comunicando in maniera fresca e brillante e studiando con grande interesse ciò che si muove nella musica e negli altri ambiti del lifestyle. Di Bello Figo, uno che con la lingua italiana ci scherza da un po’, scrive così. “È un autore che, nella costruzione del suo io-lirico, volontariamente o involontariamente (che importa?) si comporta come un bambino, prende per buono qualsiasi cosa scriva, plagia le basi, forza la metrica e le rime, è estremamente spontaneo”. Non è solo dire “swag” o “flexare”, parole ormai entrate nell’immaginario comune. Con i mille termini da lui inventati o storpiati ha dato vita a un moderno “broccolino”.
Quello di Pufuleti invece è un blob (ce ne eravamo già occupati qua). Lui, italiano immigrato in Germania, che condivide con il mondo il suo immaginario sclerotizzato dalla propria formazione televisiva anni ’90, la prima "porta" d'accesso alla lingua e cultura degli avi. Parole che paiono gettate lì, rimandi ad Alberto Castagna, a Valsoia e Maxibon. Semanticamente la logica cede il passo, le lingue si mischiano, barre e skit si confondono. Siete confusi? Missione compiuta.
Fuori dal rap, la sperimentazione non viene meno. Anzi raggiunge apici come quello toccato da Daniela Pes, che con il suo “Spira” ha firmato uno dei dischi più belli degli ultimi anni. La lingua delle sue canzoni è una corda tesa sull’ignoto. Le parole non hanno il significato che siamo soliti attribuire loro. È tutto più istintivo, ancestrale, comandano i suoni e quel che comunicano a livello inconscio. Inaccessibile? Niente affatto, è andando alle radici che si trovano i tratti che tutti abbiamo in comune. Infatti Daniela ha vinto la Targa Tenco 2023 come miglior opera prima.
E se è vero, per concludere tornando a Chomsky, che le differenze tra le lingue sono solo “in superficie”, mere questioni di grammatica, perché non usarne più di una nei propri testi? E riscoprire l’inestimabile patrimonio dei nostri dialetti. Lo fanno in molti, prendendo anche le vette delle classifiche. Lo fa meravigliosamente uno come Marco Castello con il siciliano, e oggi pure Anna Castiglia, legatissima a un certo tipo di cantautorato alto e popolare allo stesso tempo. E che dire di Anna and Vulkan? È il momento di Napoli, che grazie a lei ha una nuova affascinante voce.
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L'articolo Slang, dialetti, onomatopee: la musica reinventa ogni giorno la lingua italiana di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-04-24 15:25:00
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