Qualche giorno fa se n'è andato Francesco Poppy's Cerroni. È stato una figura fondamentale per la musica, una di quelle che non prende il proscenio ma senza la quale non esisterebbe lo show. Aveva 47 anni, molti dei quali trascorsi a Roma, dove si era trasferito dalla Basilicata per vivere di musica e con la musica. In questo ambito aveva fatto di tutto, suonando in numerose formazioni tra cui i Fleurs Du Mal e i Poppy's Portrait(a cui doveva il nome), band attiva negli anni zero dal 2002 al 2010 con base a Roma, in cui militava anche Giorgio Maria Condemi.
Ma è dietro le quinte che tutti l'hanno conosciuto, per via degli infiniti lavori in questo ambito. Come backliner ha portato strumenti ovunque e a chiunque, fatto il tour manager e lo stage manager per importantissimi eventi e festival, portato in giro artisti internazionali, collaborato con locali fondamentali per la scena come il Circolo degli Artisti e poi il Monk (la sua vera creatura). E chissà quante altre cose.
In questi giorni tanti lo hanno ricordato, come una persona che lascia davvero il segno. Abbiamo perciò voluto raccogliere un pensiero e un ricordo di chi ha incrociato il suo cammino e gli ha voluto bene.
Cristiano Cervoni
Dj radiofonico e selezionato, organizzatore di eventi. Da Arezzo Wave a Ypsigrock, ha condiviso con Poppy's tantissime cose.
“Unhewn Angle”
Era l'inverno del 2003, eravamo all'Init per non ricordo esattamente quale serata. All'epoca, tra radio e festival, mi occupavo di musica indipendente italiana e Mattia di Polyester ci presentò. In quell’occasione mi consegnasti il CD di "Unhewn Angle", il primo album dei tuoi Poppy's Portrait. Che band eravate! Fu subito amore a prima vista. Ricordo i concerti al Sinister Noise, al Sonica o al Circolo degli Artisti; le trasferte lucane; le prove al Casale Garibaldi. Sul palco eri un figo, a piedi nudi e camicia a quadri; il fido Mustang, le movenze, il suono di basso e quel timbro di voce che omaggiavano i tuoi adorati Motorpsycho. E poi gli altri dischi: A Fish, gli EP e quell'ultimo album in lavorazione, mai terminato e che ho sempre definito come “il grande spreco”. Ci siamo conosciuti così. Da allora sei diventato Il mio amico burbero dal sorriso contagioso, schietto e diretto quanto affabile, un catalizzatore per indole e trascinatore per vocazione. Eri un appassionato di musica curioso, vorace quasi come con il cibo. Ti divertiva mettermi in imbarazzo, presentandomi agli amici come il tuo esperto musicale. Abbiamo vissuto tanti concerti insieme in questi vent'anni, dai pub di San Lorenzo ai Primavera Sound. Ti ho visto dare tanto alla musica, da quando lasciasti il lavoro da magazziniere alla Sonus per metterti in proprio da backliner, con l’attrezzatura che ti stavi creando pian piano e con grandi sacrifici. Hai sempre saputo cosa volevi. Il lavoro da stage manager: dalle prime esperienze al Pollino Music Festival e a Martelive, passando per Arezzo Wave e Ypsigrock, fino al Club To Club e il Viva Festival. Le esperienze come tour manager per tanti artisti italiani e stranieri, e ognuno di loro conserverà almeno un aneddoto adatto a ricordarti. Molti di questi me ne hai raccontati, magari a cena da te, sorseggiando una birra, guardando una partita della nostra Juve, o durante uno dei viaggi in macchina che abbiamo condiviso. Infine la tua passione per i locali e la nascita del Monk, “il tuo” locale, quello che da dieci anni è stata una seconda casa anche per me. Ciao Fra, o come amavo dirti, “ciao uagliò”.
Alessandro Ceccarelli
Fondatore BPM Concerti
Ci siamo conosciuti molti anni fa, sinceramente non ricordo esattamente quando. Francesco è stato sempre un punto di riferimento organizzativo a Roma e abbiamo lavorato moltissime volte insieme. Tra Circolo degli Artisti e poi Monk, tra direttore di produzione e il tour manager, con la sua straordinaria capacità di risolvere sempre le varie problematiche. Ma oltre che un grande professionista posso dire che era un ottimo amico. Una persona sempre pronta a darti manforte con i suoi modi gentili e il suo sorriso.
I miei ricordi più belli di Poppy’s sono di certo i “nostri Primavera Sound” a Barcelona: andavamo ogni anno per vedere quello che più ci piaceva in musica e per gustarci giornate assieme tra buon cibo e tante chiacchiere. E poi Ypsigrock e “Tutto Molto Bello”, il torneo di calcetto a Bologna, con la squadra dei Promoter.
Poppy’s era davvero amato da tutti, dagli artisti (italiani e stranieri), e da qualunque figura abbia mai lavorato con lui. Era davvero una persona competente e dava sicurezza a tutti. Era fondamentale per tutta la nostra musica. Ci mancherà davvero moltissimo.
Coez
Artista, Poppy's è stato per tanti anni il suo tour manager.
Negli ultimi 10 anni ho avuto la fortuna di suonare con un gruppo di persone che, tranne piccole variazioni negli anni, è sempre rimasto lo stesso, dalla band sul palco alla squadra di tecnici.
Francesco per tutti noi è un punto di riferimento, il Mr. Wolf del gruppo, quando si incazza gli esce un accento lucano che raramente tira fuori in conversazioni pacate. È una persona aperta al dialogo anche quando il dialogo si fa difficile, ha un grande cuore e sa bene come difenderlo.
Ha accompagnato gli esordi di tanti artisti lasciando in tutti un’opinione unanime.
Sono da poco tornato dal Monk, dove tutti i suoi amici più stretti e familiari hanno organizzato una festa in cui ognuno ha portato qualcosa da mangiare e da bere. Scherzando ho sempre detto che Niccolò Contessa quando ha scritto “Il posto più freddo” parlava dei giardini del Monk immersi nella tundra romana, in qualche modo questa sera Poppy’s è riuscito a scaldarci tutti in una commemorazione che sembrava più una festa di amici.
Giorgio Maria Condemi
Polistrumentista, ha suonato con numerosi artisti e fondato i Poppy's Portrait con Francesco
Quando e come vi siete conosciuti?
Io non ho conosciuto Francesco, io sono stato travolto da Francesco..
Studenti per caso in una Roma che non esiste più (1998), piombò a casa mia accompagnando una mia coinquilina, mentre ero in cameretta a suonare la chitarra da solo. Sporgendosi dalla porta, con i capelli cortissimi, e il suo tono di voce irresistibilmente lucano, mi disse, come se ci conoscessimo da sempre:"Oh ma suoni! Facciamo un gruppo!"
Da lì in poi il mio, ma anche il suo percorso sarebbe cambiato irrimediabilmente. Mettemmo su prima un gruppo principalmente di cover, poi piano piano cominciammo a scrivere.
Di lui era già chiara la luce. Francesco era un catalizzatore, un centro di tutto già allora, indispensabile, insostituibile. Era a Roma da poco, ma non sembrava assolutamente spaesato.
Una macchina nel tenere i contatti, nell'intrecciare relazioni, e per me che ero molto più timido e tutto da formare, era una specie di totem.
Ma nella musica no, nella musica i parametri si azzeravano, e come chiudeva gli occhi lui li chiudevo anche io, e in quello spazio vuoto ci siamo abbracciati come si abbracciano gli amanti.
Francesco è Poppy's e lo è stato fino alla fine perché i Poppy’s Portrait sono stati il nostro gruppo, con cui ognuno di noi ha capito che nella musica in un modo o nell'altro ci voleva stare sempre. Abbiamo fatto dischi e concerti un po' ovunque in Italia, abbiamo condiviso cocenti delusioni e belle soddisfazioni, in 8 anni. Non abbiamo lavorato insieme, abbiamo praticamente vissuto insieme.
Da lì a poco poi la musica, la scena, ma in fondo noi stessi saremmo cambiati, e a un certo punto ci siamo lasciati, andando ognuno dove voleva.
Qual è il primo episodio che ti viene in mente se pensi a lui?
Ne ho tantissimi, ma uno su tutti, a cui ho spesso pensato negli anni, avendo dei figli che stanno crescendo con la stessa passione che avevamo noi, ma in un mondo tremendamente diverso che a me spaventa.
Stavamo registrando la nostra prima demo. Riascoltando la rec io sapevo di aver fatto una stecca incredibile durante un solo. Lo sapevo e lo stavo per dire.
Fra anticipando tutti sul tempo disse “madò sta cosa Gio è bellissima! "
Io sono rimasto di stucco e, in effetti, riascoltando, mi resi conto che in quell'errore c era una potenza più magica, più musicale più tensiva di una esecuzione pulita.
È stato un insegnamento enorme. Buttato li con semplicità e schiettezza,
Cosa ha rappresentato la sua figura per la nostra musica?
La risposta a questa domanda è difficile. Quello che posso dirti io riguarda la mia sfera personale, il mio percorso. All'ultimo saluto che gli abbiamo fatto a Roma, però, c era tanta di quella gente da impressionare.
Su tutte quelle persone, davvero nessuna esclusa, Francesco ha lasciato un segno, un segno vero.
Francesco è un gigante e così sarà ricordato.
C è un pezzo dei Poppy’s , l’unico con dei versi in italiano, (Laura) presi in prestito da un mio amico poeta (Francesco Buco) che mi sono risentito in questi giorni e che oggi sembra scritto per lui. Dice:
"Mi innamorai di te per come amavi
Per come innamoravi di te
TUTTE LE COSE”.
Fra ha fatto innamorare di lui tutte le cose.
Michela Giraud
Comica e attrice, Poppy's l'ha "portata in tour" per due anni
Un giorno si presenta da me questo omone, che dice di avermi già conosciuto. Oltre che dal periodo del Covid, ero reduce dal successo di Lol. Avevo appena firmato per Vivo Concerti e stavo per partire per un tour completamente diverso da ogni altra cosa che avessi fatto prima. Tutte queste novità, essendo una persona drammaticamente ansiosa, mi mandavano in paranoia. Durante la prima serata del tour, al Magnolia, ero a un passo da un attacco di panico. Quell’omone, Francesco detto Poppy’s, il mio nuovo tour manager, invece era incredibilmente pacifico, sorridente, pareva Buddha. “Ma come fa questo qua a sta’ così sciallo?” pensai, visto che ancora non lo conoscevo bene. Avrei scoperto che lui era sempre così, al di là della situazione. E avrei capito presto che quel suo atteggiamento era esattamente quello di cui avevo bisogno, un calmante naturale per una come me. I due anni con lui al mio fianco sono stati tra i più belli della mia vita.
Quando andavamo in giro era una specie di rockstar. I localari, che sono abituati ad avere a che fare con degli stronzi (gli artisti) e quindi partono prevenuti, con lui erano solo abbracci e baci: tutte le porte erano aperte quando c’era lui. Era sempre rispettoso, e ti proteggeva. Se gli davi un compito non ci dovevi pensare più a quella cosa, perché te la risolveva ogni volta. Ma quanti ne trovi in giro che si assumono ogni volta le proprie responsabilità (e pure qualcuna di più)? Francesco mi ha fatto ridere come pochi altri, con mille aneddoti incredibili. Come quando mi raccontò di quel cantante che rubava pirofile dietro le quinte per regalarle alla mamma, o quello che spariva dal palco prima dell’ultimo brano del live per non trovare traffico. Ne abbiamo fatte di ogni. Una sera eravamo in un live club dei suoi in Romagna e quella dopo al Twiga, a partecipare a un’asta battuta da Daniela Santanchè in cui si vendevano borse Vuitton. Accanto a noi c’erano Paolo Brosio e un frate cappuccino.
E poi magnavamo, magnavamo come pazzi. Dopo anni di gavetta nei vari locali della comicità romana dove più che trattarti male, spesso, ti trattavano malissimo, quella era l’occasione della vita per me. L’occasione di magnare. Andavamo in giro e sembrava che non avessimo mai magnato prima. Ricordo all’Aquila uno show di fronte al Duomo, un posto meraviglioso. Andiamo a cena in un ristorante buonissimo. Ricordo ancora il menù: pasta al tartufo, tartare, orata cotta nel burro. Solo che poi devo fare lo spettacolo. Salgo sul palco e inizio a boccheggiare. A un certo punto vedo Francesco seduto nel pubblico, anche lui tramortito da quello che ci eravamo magnati. Gli faccio un segno: “Oh, sto a morì”. Inizio ad andare in iperventilazione, e per fortuna lui corre e mi porta i fazzoletti, perché in quei momenti io mi riempio di caccole e quasi soffoco. Mi ha salvato, lo ha fatto di continuo.
A Bologna c’è stato un momento epico. Al ristoratore che ci chiede cosa vogliamo noi rispondiamo così: “Prendiamo tutto” e aggiungiamo una frase che sarà per sempre il nostro motto: “Quattro primi: four”. A Scandicci invece c’era Ciccio Pennello, il nostro ristorante per camionisti preferito: mi ero sempre ripromessa di tornarci con lui, lo farò ugualmente e dedichero a Francesco una fiamminga di pasta, proprio come avremmo fatto assieme.
Anche perché a un certo punto abbiamo dovuto smettere, per ovvi motivi di salute. Io avevo le gambe come due colonne del Partenone, tanto che a una festa di paese la Protezione Civile mi ha dovuto dare una sedia. Per fortuna è arrivata la moglie di Francesco (che sul telefono ho memorizzata come “Elettra Fighissima”) che ci ha detto “avete rotto il cazzo” e siamo tornati in noi. Abbiamo magnato un po’ meno, ma quando lei non ci guardava magnavamo sempre a bomba. Questo è un mestiere che dà alla testa, e spesso accade a chi non riesce ancora più che a chi ha successo. Ci sono musicisti che hanno accumulato dischi di platino e sono incarogniti con la vita, Francesco invece era sempre sereno. Amava la musica, suonava, poi ha trovato un’altra strada, senza mai una lamentale, felice di mettersi al servizio degli altri. Non conoscono altre persone così appagate nel nostro ambiente. Essere speciali significa riuscire nell'impresa di essere amati dalle persone più spregevoli che esistano: Francesco era così, era speciale e lo amavano anche le persone più spregevoli che conoscessi. Passare quelle due estati con lui, sempre assieme, viverlo a fondo, è stato un grande regalo che ho ricevuto dall’esistenza.
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Pietro Fuccio
Fondatore DNA Concerti
ricordare Francesco per le sue qualità professionali mi sembrerebbe riduttivo: e del resto non saprei da dove partire visto che non saprei dire, adesso che ci penso, quale lavoro facesse. direttore di palco, responsabile di produzione, tour manager, fornitore di backline, responsabile logistico, ideatore degli allestimenti, gestore di venue? di base, qualunque problema avesse chiunque di ’noi’, chiamavamo lui - e lui invariabilmente lo risolveva.
preferisco parlare del suo lato umano, e non tanto del suo meraviglioso carattere, ma piuttosto del modo in cui è riuscito a mantenerlo e infonderlo nell’attività che era per lui ragione di vita: in venticinque anni in questo settore ho visto molti - forse tutti - snaturarsi dietro alle meschinità, insicurezze, fragilità e ansia di prevaricare per non essere prevaricati che sembrano essere strumenti necessari per andare avanti nel music business: Francesco no; nel costruire una azienda e un gruppo di lavoro che sono diventati un modello e una colonna portante della scena non hai mai perso una stilla dell’entusiasmo che lo animava all’inizio, quando andava in giro a suonare per locali con la band che è diventata il suo nome di battaglia, e cominciava a farsi notare anche per la sua capacità di allestire il palco e risolvere problemi.
per Francesco stare intorno ai concerti era tutto, e per seguirli dalla Sicilia al triveneto non stava mai fermo, ma è riuscito lo stesso a costruire e coltivare rapporti umani veri che sono rimasti tali nonostante i suoi cento impegni e il suo non passare mai due notti sotto lo stesso tetto.
le centinaia di persone che ne hanno onorato la memoria in questi giorni sono la testimonianza evidente di quanto ha saputo seminare. sarebbe bello se - come era nelle intenzioni e nelle parole di molti, ieri - anche una piccola parte fosse capace di fare tesoro degli insegnamenti che ci ha lasciato. sono certo che nessuno di noi dimenticherà Francesco per quello che ha fatto e per quello che è stato, ma vorrei che, anche se in pochi abbiamo le capacità umane che aveva lui, cercassimo di ricordarci anche e soprattutto che ci ha fatto capire che la musica, e la vita, sono soprattutto un bellissimo dono da vivere fino in fondo per quanto possono darti a livello di emozioni, di possibilità, e di rapporti umani.
fino in fondo, e finchè ci sono.
Michele Bonelli Di Salci
Management e booking nEw liFe promo
La cosa assurda con Francesco è che ci siamo conosciuti non amandoci per nulla. Stavamo su due schieramenti musicali contrapposti, possiamo dire. Francesco all’epoca in cui io ho cominciato a muovermi in questo ambiente seriamente era già Poppy’s, era già dietro l’organizzazione di Arezzo Wave, era già parte vibrante del Circolo degli Artisti di Roma. E parliamo di veramente tanti anni fa – che fa un po’ paura, quando pensiamo di essere ancora giovani. Poi iniziarono i tour internazionali, e Francesco lavorava per la concorrenza, ma era bravo, risolveva situazioni incredibili, ed è stato in una fase difficile della mia vita lavorativa che lui c’è stato: nonostante le divergenze iniziali, la diffidenza, c’è stato. Sarebbe stupido negare che ci sono state amicizie comuni che hanno smussato gli angoli - ma poi ho scoperto una persona come piace a me, pane al pane, vino al vino, che se ti doveva mandare a quel paese ti ci mandava, ma con il sorriso sulle labbra, e senza isterismi, senza io, io, io, io, senza modificare la realtà al suo tornaconto.
Devo dire che ho il timore a vedere cosa sarebbe successo se si fosse arrabbiato. Sicuramente quella data a Milano con quella band irlandese di cui ancora conservo orgoglioso la maglietta (e che ieri al ricordo funebre indossavo) fu un momento di svolta nei nostri rapporti: l’umiltà di accettare di condividere il letto assieme, perché c’era stato un errore nella prenotazione dell’alloggio. Sempre positivo, sempre spronante, sempre tagliente: quante volte mi hai rinfacciato quello che sono, per poi tranquillizzarmi, dicendo che alla fine siamo tutti così e l’importante è accettarlo. Un uomo pratico ma anche un filosofo. Gli ho presentato il mio migliore amico, sono diventati migliori amici. Che anime meravigliose. Un artista, che ha votato la sua creatività ad aiutare gli altri nel mondo della musica. È stato un tour manager eccezionale, ha creato Roma Backline, ha tirato su il Monk con le sue mani. Francesco è riuscito a essere se stesso, senza tradirsi mai, facendo da collante tra situazioni improbabili e mondi impensabili. I tributi che girano su Internet in queste ore parlano tra lui. “Giant” lo ha definito qualcuno. Tra l’altro è una delle pochissime persone di cui ho foto assieme, e in ben tre occasioni (io che odio le foto), una volta in un concerto a Padova, con tutti i fan della band americana partiti da Roma e non solo per vederla. Un’altra, una sera a tavola, in una pizzeria di Roma, vicino piazza Fiume, sei anime che non dovrebbero essere sedute assieme, eppure: ebbe un tag meraviglioso per gli amanti di Star Wars “Non troverai mai un covo di feccia e di malvagità peggiore di questo posto” (no, Francesco non amava affatto le robe nerd, ma forse per questo mi accomunava a suo fratello Angelo, con cui condivido tali passioni nerdiche). E poi tra i saliscendi di Garbatella, tre vecchi amici (uno di Roma, uno dalla Basilicata, uno da Ancona), una macchina buffa che è diventata un’icona su Instagram. Ora, tutto l’ambiente musicale è più triste e non sarà facile, per nulla facile andare oltre, ma lui avrebbe voluto di sì, quindi lo faremo, perché anche questa volta lo spettacolo si farà.
Eric Bagnarelli
Fondatore Comcerto, agenzia di booking internazionale
Io e Fra abbiamo lavorato assieme a un numero infinito di produzioni, con Comcerto e non solo. Lui in questo mondo ha fatto davvero di tutto: il tour manager e il production manager, il Monk e l’attività di backline. Tutto quello che faceva, lo faceva con gusto, estro e competenza. A ogni esigenza dell’artista sapeva dare la risposta giusta, perché era un artista anche lui. Non si limitava mai a fare quello per cui era stato chiamato, non lavorava mai con limiti da non solcare. Se una cosa gli piaceva, e la musica live gli piaceva da matti, metteva tutto sé stesso.
Ma per me Fra è stato molto di più di questo. È uno dei miei migliori amici, perché come amico era pure meglio che come professionista. Era un punto di riferimento assoluto, i momenti di confronto con lui per me sono stati fondamentali perché trovava sempre un punto di vista inaspettato e prezioso da cui guardare le cose. La definizione di amico dovrebbe essere proprio una cosa del genere.
La cosa incredibile della sua figura è che riusciva a mettere questo suo aspetto umano anche nelle questioni più tecniche, quasi asettiche. Se è riuscito a diventare un collante per l’intera scena, non è stato solo per le sue qualità professionali. Quelle sono fondamentali, ma non bastano.
Francesco ha fatto da solo per un certo tipo di musica più di quanto abbiano fatto molte etichette, booking, locali. Ha messo assieme persone, ha dato possibilità a chi non ne aveva. Non solo artisti, ma professionisti di ogni tipo che oggi fanno questo nella vita e che sono cresciuti con lui e grazie a lui. Ha coltivato un humus, una scena appunto, tessendo legami e senza pretendere nulla. Nessuno gli aveva detto di averlo o gli aveva dato il ruolo per farlo, ma lui lo faceva lo stesso. Perché era Fra.
ps: in questo video, nei primi 30 secondi, c'è Poppy sulla scalinata dietro Mumford & Sons: era piuttosto fiero, diciamo così, di essere l'unico oltre loro quattro in quella situazione :.-)
Emiliano Colasanti
Fondatore 42 Records
Io e Francesco ci conosciamo più o meno da sempre, ma il giorno che ci siamo conosciuti davvero è il 20 gennaio del 2007, il giorno del suo compleanno.
Eravamo nello stesso furgone per andare a una data al Covo dei Micecars, gruppo che usciva per la Homesleep. Era la prima band che seguivo da addetto ai lavori e lui era il bassista – o forse il chitarrista, non ricordo – sostitutivo dei Turnpike Glow, che apriva tutti i live della band.
Francesco arrivava lì senza aver dormito un minuto per via della sua festa di compleanno, e nonostante tutto ha preso il controllo della situazione con quella capacità di gestire le cose e mettere le persone a proprio agio che avrei presto imparato a conoscere. Mi sono seduto sul furgone di fianco a lui e abbiamo parlato tutto il giorno, e poi dopo il concerto, e poi il giorno dopo. E e da lì non abbiamo mai smesso di farlo.
Negli anni è capitato che facesse il tour manager per date di Colapesce o di Cosmo, di Tutti Fenomeni e pure dei Cani. Era una garanzia per trovare gli impianti o per la backline. Quando c’era una cosa difficile da fare – penso agli eventi sul tram o in treno di Cosmo, ad esempio – era la prima persona che chiamavo. Sapevo che avrebbe capito le nostre esigenze e mi avrebbe aiutato. Ed è stato sempre così. Tutti gli devono qualcosa.
Il ruolo di Francesco nella musica italiana è stato centrale come spesso è centrale il ruolo di quelli che non si prendono la luce dei riflettori, ma ci sono sempre. Dal Circolo degli Artisti al Monk, dove la sua impronta è evidente, ai tanti festival di cui è stato stage manager, agli artisti internazionali e italiani che ha accompagnato in tour, la presenza di Francesco era una costante e al tempo stesso una garanzia di cose fatte in un certo modo e con un certo stile. In più, essendo stato musicista anche lui, ed è essendo una persona energica e piena di creatività, è sempre stato capace di capire gli altri e metterli a proprio agio, che non è proprio un dono comune. Era una sicurezza e una certezza.
Ho infiniti aneddoti con lui, momenti belli e alcuni irraccontabili. Uno che mi fa sempre molto ridere è quando contattai il Circolo degli Artisti per una presentazione italiana del Primavera Sound, assieme a uno degli organizzatori spagnoli del festival. C’era anche Neil Halstead degli Slowdive, che poi avrebbe fatto un piccolo live in acustico. All’epoca quando veniva in Italia era Francesco ad accompagnarlo: giravano in auto assieme, Halstead sceglieva la musica da ascoltare dall’iPod di Francesco. Con loro c’era anche un altro signore, che aveva fatto la presentazione di un libro e ora era lì al Circolo, dove aveva preso appuntamento per delle interviste. Francesco me lo fece conoscere, dicendo che dovevamo assolutamente conoscerci. Era il pomeriggio prima dell’evento e io sono stato un’ora con questo uomo a parlare di tutto, dalla musica al calcio sudamericano, oppure a guardare show anni ’70 su YouTube. Una bellissima chiacchierata. Quando il signore se ne andò, io beccai Francesco e gli feci: “Fra, ma chi cazzo è questo scrittore con cui ho parlato?”. E lui: “Ma come chi cazzo è? Io te lo porto perché penso che tu sia l’unico con cui può fare una conversazione qua dentro, e tu manco lo riconosci? È Arto Lindsay”. Aveva avuto ragione sul fatto che sarebbe stata una chiacchiera molto bella.
Francesco è stato uguale per tutti. Quello che lui ti dava era identico. Ti diceva le cose dritte, era diplomatico in modo tutto suo, non aveva mai un’altra faccia. Ed era sempre aperto, accogliente, disponibile. Era sempre in giro, lo trovavi ovunque. Non stava mai a casa se non quando faceva queste feste incredibili che duravano da mattina a notte. Ha sempre voluto circondarsi di persone, umanità. Non ha mai avuto paura della vita e per questo ha affrontato quest’ultimo periodo con una forza incredibile. C’è stato fino alla fine, e c’è stato da Francesco.
Carlo Pastore
Direttore artistico MI AMI
Poppy's era dappertutto. Lavorare con lui, in un mondo fluido a livello di ruoli come il nostro, poteva essere altamente semplice. Semplice incontrarlo, semplice farci le cose assieme. Il suo più grande pregio era di sapere risolvere le situazioni alleggerendo le tensioni. Di essere un connettore fenomenale di professioni e umanità. Con alcune asperità inevitabili per chi maneggia numeri e produzione, ma con la forza dell'onestà e dell'amore per il proprio lavoro. Se penso alla scena romana degli anni 00 e a seguire, a quegli artiste e artiste che hanno effettivamente cambiato il corso evolutivo da indie ad altro della musica italiana di questi anni, è - ecco - semplice pensare a lui come forza propulsiva di questa energia. La cosa più assurda di tutte, ma per me la meno assurda in toto: era juventino (come me). E lui la vita l'ha vissuta proprio così, fino alla fine, anche dopo aver scoperto la malattia. Sempre a testa alta, con quella bella testa che aveva. Madonna se mancherà.
Giuseppe Casa
Founder e direttore artistico della Biennale MArteLIve
Ho conosciuto Francesco nel 2004, o forse era 2005.
Nel mio cellulare è ancora registrato come "FrancesBass", nemmeno come Poppy's, perché l'ho conosciuto come bassista e fu proprio quella la prima folgorazione!
Iniziammo a incontrarci sempre in giro, tra il Circolo e il Pigneto, perché lui abitava in zona. Da lì nacque una bella amicizia.
Nel primo periodo, spesso lo chiamavo per suonare negli eventi che organizzavamo. Poi notai che era particolarmente dinamico anche dietro le quinte e gli proposi di darmi una mano in produzione, per gestire il palco della sezione musica di MArteLive come stage manager. Da lì capii che quella era la sua direzione.
La sua forza era la pragmaticità, ma anche il fatto di saper trattare i musicisti allo stesso modo con cui avrebbe voluto essere trattato lui sul palco.
Se un musicista faceva richieste esagerate, sapeva come dire “accontentati”, ma faceva in modo che la band fosse sempre nella condizione di poter suonare bene e che tutto andasse liscio, per garantire lo spettacolo migliore.
Ha lavorato diversi anni dietro il palco di MArteLive. Poi al Circolo degli Artisti e in molte altre situazioni… poi al Monk e nei migliori festival... Il resto è storia. Io ancora non riesco a capacitarmi e rendermi conto di quello che è successo, e mi mancherà tanto
Claudia Scuderi
Ufficio stampa e autrice
Per me Poppy è stato sempre e solo Poppy. Non ha mai avuto altro nome per me, e ogni volta mi faceva tanto ridere. Un po’ perché con quella struttura fisica non era esattamente un tipo da “Poppy” e soprattutto perché, non conoscendo, almeno in un primo momento, la storia del suo gruppo, io mi immaginavo ci fossero chissà quali motivi per cui lo chiamassero così.
La prima volta che l’ho conosciuto era a un Ypsigrock di molti anni fa, quando mi trovò da dormire in un ex monastero sgarrupato. Poi ci siamo visti tante volte, fino a quella più scioccante di tutti, quando me lo trovo di fronte al Monk. Lo choc, ovviamente, non era che si trovasse al Monk, d’altra parte era il suo locale. Quanto piuttosto che, come me, fosse lì per le lezioni di Lindy Hop. Tutto avrei pensato tranne che fosse un ballerino.
Come in tutti i balli di coppia, nel Lindy Hop è l’uomo a portare la donna. A quel corso ce n’erano molti di scarsi, e tu ti ritrovavi a non riuscire a fare praticamente nulla, in balia di uno che non sapeva dove mettere i piedi. Un giorno, notando in me un po’ di fastidio per questa situazione, Poppy prese il controllo e disse: “Ci penso io”. E mi fece ballare da dio. Io continuavo a ripetere: “Ma com’è possibile…” e lui “ma per chi mi hai preso?!”.
Per me Poppy non è stato solo un grande amico, ma anche un grande ballerino.
Angelo Cerroni
Fratello di Francesco
Tutti mi hanno dato dei ricordi incredibili di Francesco, ognuno dalla sua prospettiva. Te la metto così, perché non saprei come altro metterla: com’è stato essere suo fratello?
Abbiamo cinque anni e mezzo dì differenza, da piccoli eravamo molto legati giocavamo tanto insieme, o meglio io giocavo con lui e lui mi teneva d’occhio, perché i nostri genitori erano al lavoro.
L’ho sempre considerato un modello da a cui ispirarmi.
La differenza di età ci ha separati quando io avevo circa 12 anni ed ero ancora un bambino, mentre Francesco a diciott’anni andava via da Pignola, per venire a Roma a studiare all’università.
Dalla sua partenza, non abbiamo avuto l’opportunità di stare molto insieme, rientrava soltanto per le vacanze, fermandosi per poco tempo, quindi ogni volta che potevo, ne approfittavo per passare del tempo con lui.
Quando ci siamo riavvicinati, ero molto contento di lavorare e condividere con lui, tantissimo tempo, esperienze, concerti, a ritmo incessante.
Era difficile avere a che fare con lui, perché pretendeva sempre e solo il meglio, era abituato così, oltre ad essere, se si può dire, un bel po’ stakanovista, adorava il lavoro e lo vedeva come un gioco, non riusciva a stare più di un giorno senza lavorare.
Vari sono stati i motivi dietro a tanti dei nostri bellissimi litigi, con urla tali da coprire la musica ad alto volume, onnipresente quando eravamo insieme, sempre finiti a bere birra a fine serata, parlando di progetti futuri.
Ma essere suo fratello era anche semplice, era capace di infondere entusiasmo e sicurezza, era un maestro da tutti i punti di vista, sempre presente in ogni occasione per qualsiasi evento, bello o brutto che fosse, lui era sempre lì, anche se doveva fare i salti mortali, perché era un cazzo di supereroe.
Circa la passione per la musica e la scelta di fare “a tutti i costi” questo mestiere, tu come hai guardato a questo suo immergersi dentro alla sua passione?
Prima che partisse per l’università, quando io ero ancora un bambino che giocava con le macchinine, mentre lui cominciava a sperimentare le tipiche esperienze adolescenziali, il punto che ha unito davvero i nostri interessi è stato il momento in cui Francesco ha scoperto la musica e subito si è appassionato in maniera quasi maniacale, ancora ricordo quando etichettava tutti i CD che ordinavamo dal vecchio catalogo Magazzini Nannucci, con tanto di pacchi a sorpresa alternati a cd a colpo mirato, interi pomeriggi passati ad ascoltare musica, fino al momento in cui ha deciso di comprare la prima chitarra.
Da quel momento la musica è diventata una cosa necessaria da tutti i punti di vista, da fruitore a musicista, a tutto per la Musica.
Quindi la domanda sarebbe dovuta essere: “Che ruolo ha avuto lui, nel mio avvicinamento a questa splendida cosa che è la musica?”
Com’è stato capace di catalizzare tutto questo “amore” che ora gli sta tornando indietro?
Con il suo essere sé stesso.
Sicuramente il fatto di avere una famiglia meravigliosa, con due genitori che ci hanno dato sempre di più di quanto meritassimo, ma che ci hanno sempre insegnato il valore di qualsiasi cosa, anche del sacrificio, ha fatto la sua parte.
Una famiglia in cui nostro padre è il nono di 11 fratelli e sorelle, dove mio fratello ed io abbiamo 26 cugini diretti, Natale a casa nostra voleva dire almeno 120 persone, tutte persone che si volevano bene tra loro: quando sei abituato così non puoi fare a meno di attorniarti di tante belle persone ovunque tu vada e dove ci sono belle persone c’è tanto amore, cosa che è stata pienamente dimostrata durante il nostro ultimo saluto.
Ha dato tanto e merita tanto di più, sicuramente il miglior fratello che si potesse desiderare. Gli devo tanto e merita tutta la mia stima.
Ps: per motivi di tempo non abbiamo potuto raccogliere i ricordi di altre persone altrettanto fondamentali in questa vicenda. Qualora qualcuno voglia darci il suo ricordo di Poppy's ci contatti, e lo pubblicheremo molto volentieri!
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L'articolo Esserci fino alla fine, esserci come c'era Poppy's di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-12-13 10:09:00
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