Eurosonic, la musica brilla in mezzo alla nebbia

Nell'anno che vede l'Italia come "Focus Country" del festival siamo volati anche a noi nella foschia di Groningen, per vedere come se la cavavano i nostri e scoprire gli act più interessanti del continente sparsi in un raggio di pochi chilometri. Ecco il nostro resoconto

Okgiorgio a Eurosonic - foto di Julia Huikeshoven
Okgiorgio a Eurosonic - foto di Julia Huikeshoven
20/01/2025 - 10:26 Scritto da Vittorio Comand

Un'ora e 42 minuti, almeno secondo Google Maps. Questo è il tempo richiesto per seguire il serrato itinerario che Nicolò - promoter tra i membri della spedizione italiana all'Eurosonic Noorderslag e mio Virgilio per i live must di questa edizione - si è immaginato durante la giornata di sabato: chilometri passati a camminare in lungo e in largo per Groningen, città nella parte nord dell'Olanda, per ascoltare artisti provenienti da tutta Europa e chiamati a raccolta da questo showcase festival come pochi ce ne sono in circolazione. Da quando esiste, Eurosonic punta il riflettore sugli act più interessanti di tutto il continente, concerti che sarebbe veramente difficile recuperare altrimenti. E, spesso, prima che i musicisti coinvolti facciano il salto di qualità: per dirne una, nel 2016 nel programma del festival c'era anche una giovanissima Dua Lipa...

Fa freddo a Groningen, quel gelo accompagnato da una foschia che avvolge i palazzi tipico del Nord Europa, le gambe chiedono pietà dopo giorni passati a marciare da una venue all'altra, a spizzicare live dei più vari a raffica. Ma c'è una sorta di febbre della scoperta che anima i muscoli e ci spinge a muoverci di continuo. E poi un senso di responsabilità per la compagine italiana c'è, visto che ogni anno a Eurosonic viene nominato un "focus country" e per quest'edizione è l'Italia, primo Paese a ricoprire di nuovo questo ruolo. L'idea è di provare a vedere quanti più dei "nostri" possibile, ben conscio dell'infattibilità dell'operazione: seguire questa linea significherebbe perdere la logica del festival, che vuole proprio permettere a chi ci va di scoprire della musica che altrimenti faticherebbe parecchio a incrociare. Me l'aveva detto anche Oskar, uno dei promoter di ESNS che avevo intervistato qualche mese fa: "Mi raccomando, non andare a sentire solo gli italiani!".

Bassolino - foto di Ben Houdijk
Bassolino - foto di Ben Houdijk

Detto questo, partiamo proprio da loro. Anzi, partiamo da una svizzera che però abbiamo adottato come nostra: Ele A suona il primo giorno al centro polifunzionale De Oosterpoort - quartier generale del festival e luogo dove si svolgono le conferenze e i panel dedicati all'industria discografica, un posto gigantesco che viene veramente da invidiare - e il suo live è bello caldo, coinvolgente anche per chi si può trovare tagliato fuori dalla barriera linguistica (il che non è affatto poco). Sempre a Oosterpoort i Post Nebbia raffinano il materiale del nuovo disco, mentre Bassolino mette in piedi un super show, sound mediterraneo che in un contesto così freddoloso è quasi salvifico.

Tra i live sparsi per la città, invece, faccio in tempo a intercettare nelle due sale del Simplon la doppietta Valentino Vivace e Okgiorgio, anche qua con due concerti roventi, mentre all'AA Theatre riesco a vedere un pezzo sia del live di Mauro Durante con Justin Adams, combinazione di musica tradizionale salentina del primo con la chitarra multiforme del secondo parecchio notevole, che di James Jonathan Clancy, bel live di uno spettrale folk. In chiusura arrivo in tempo anche per un pezzetto dei Comrad all'All Round, con un pubblico di olandesi gasatissimo. Gli altri act, che mea culpa non sono riuscito a vedere, sono: Daniela Pes, Indian Wells, Kharfi, Kybba, Kyoto, LA NIÑA, One eat One e R.Y.F.. Nel complesso, una line up bella varia e ricca, con più di qualche nome che sembra proprio adatto a uscire dai confini nazionali per prendersi una fetta di pubblico estero.

Ele A - foto di Kelder Se7en
Ele A - foto di Kelder Se7en

Ma questo è solo un frammento. Per quanto l'Italia fosse il Focus Country, c'è una quantità di offerta musicale proveniente dagli altri Paesi che si finisce quasi sopraffatti. È così che passo dal trovarmi nell'aula magna di un liceo a sentire un'improbabile gruppo tedesco, con tanto di cantante con un pentacolo nero disegnato in testa, al trovarmi in una chiesa per il concerto di una cantautrice portoghese chitarra e voce, oppure entrare al Vera per trovarmi gli islandesi Supersport! fare una inaspettata cover di Just You, dalla colonna sonora di Twin Peaks, come tributo all'appena scomparso David Lynch, e vedere appena un paio d'ore dopo le catalane Tarta Relena, dalla parte opposta del centro di Groningen, che omaggiano lo stesso regista cantando una melodia e poi riproducendola al contrario, come i dialoghi all'interno della Loggia Nera nella serie di cui sopra. Altre menzioni d'onore: i Kosmonauci, formazione batteria-basso-sax-vibrafono dalla Polonia, Sisters of Lesbos, band svizzera clamorosa che passa dalla dub al pop anni '80 e all'r'n'b come se fosse niente, e i giappo-tedeschi Mitsune, un mix di musica tradizionale giapponese, world music e psichedelia che fa volare su Plutone.

È una maratona, come spesso i festival sanno essere, con un percorso che abbraccia una città e una comunità intera. Groningen è una città universitaria, può essere considerato il corrispettivo di una nostra Padova, eppure ha una serie di locali imparagonabile con qualsiasi città dalle nostre parti. Senza contare le venue che fuori dal periodo del festival sono dedicate ad altro, c'è una quantità di spazi dedicati alla cultura e alla musica dal vivo veramente notevole per una cittadina che conta appena 250mila abitanti. L'impressione è che qua sia qualcosa di quotidiano: basta dare un'occhiata ai supermercati, dove si vedono i tappi per le orecchie da concerto in vendita alle casse, così come ai live ci sono persone di ogni età a indossarle. Può sembrare un dettaglio, ma è parecchio indicativo. Da noi evidentemente continua a mancare una certa cultura per i live e un circuito di eventi più frequentato e florido, perciò ci si trova anche un po' a rosicare di fronte a un contesto del genere.

Mauro Durante e Justin Adams - foto di Julia Huikeshoven
Mauro Durante e Justin Adams - foto di Julia Huikeshoven

E sì che, come viene raccontato durante un panel dedicato allo stato della musica italiana moderato da Nur Al Habash, dalle nostre parti c'è un bel po' di domanda, visto che siamo l'ottavo mercato al mondo e anche nei live c'è grande richiesta, con un forte aumento nelle partecipazioni a partire dal 2019 (perciò anche prima della pausa forzata del covid). Uno dei problemi che viene evidenziato è sulla struttura della mappa delle venue italiane: il 99,8% dei live club è indipendente, ma contribuisce appena al 34% del fatturato totale. Ciò significa che appena lo 0,2% si mangia il doppio della fetta lasciata al circuito più underground, il che fa abbastanza impressione. Che ci sia bisogno di una qualche forma di supporto per i club è cosa ben nota, a guardare questi dati è ancora più evidente quanto la bilancia penda davvero troppo da una parte.

Se l'offerta dei live a ESNS è straripante, lo stesso vale proprio per questi incontri riservati agli addetti ai lavori. Si passa dal parlare di AI, tra gli argomenti più discussi in generale del nostro tempo, a come cambia il consumo di musica per la Gen Z rispetto alle precedenti, fino al ruolo del giornalismo musicale (tasto dolente...) oggi. Tra i più interessanti va menzionato "Growing internationally in your native language", moderato da Carlo Pastore e incentrato su come esistano altre strade per diventare grandi senza per forza doversi affidare all'inglese. Tra i casi citati c'è anche quello di Andrea Laszlo De Simone, reduce da un grande successo in Francia che lo ha portato alla vittoria del premio Cesar per la miglior colonna sonora, pur interpretando tutto i suoi brani in italiano. "La sua musica arriva perché è naturale", spiega il manager Daniele Citriniti al panel: per cui ecco, puntare sulla propria lingua può tranquillamente essere una mossa vincente se il progetto dietro è solido come in questo caso.

La Nina - foto di Julia Huikeshoven
La Nina - foto di Julia Huikeshoven

Entrare dentro il ciclone di Eurosonic è un'esperienza sconvolgente nel miglior senso del termine. Nello scambio continuo tra persone e suoni si finisce per provare una sorta di ubriacatura mentale, tanto da arrivare alla fine serata e dover riguardare il programma dall'inizio per ricostruire esattamente tutti gli spostamenti fatti. E se leggerete altri report di questo evento, difficile troverete più di due live che si sovrappongono: c'è una variabile di incastri tale da rendere le possibili combinazioni innumerevoli. Per sbrogliarle potrebbe bastare un anno, giusto in tempo per la prossima edizione del festival.

La partecipazione italiana a Focus on Italy a ESNS25 è un progetto finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, organizzato dall’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, in partenariato con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, Puglia Culture, nell’ambito delle azioni di Puglia Sounds, il progetto per lo sviluppo del sistema musicale regionale realizzato in collaborazione con Regione Puglia, Regione Emilia-Romagna nell'ambito delle attività̀ di music export realizzate da Emilia- Romagna Music Commission in collaborazione con Ater Fondazione, Assomusica, in collaborazione con Regione Siciliana, Music Innovation Hub, Rete Italiana World Music, Sicily Music Conference.

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L'articolo Eurosonic, la musica brilla in mezzo alla nebbia di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2025-01-20 10:26:00

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