La vista di cui si disponeva è sempre stato il motivo per cui nessuno era mai realmente afflitto, quando veniva convocato dai grandi capi per un turno al baretto della balera della Festa dell'Unità di Villadossola. Certo, era difficile trovare coetanei per scambiare quattro chiacchiere e ancor di più giovani avventrici cui fare pesare la facoltà dello sconto in cassa, ma lo spettacolo di arte varia che ruotava davanti ai tuoi valeva il prezzo delle rinunce, per quanto i tuoi ormoni da liceale fossero di tutt'altro avviso.
Anche se sono passati 20 anni, ricordo bene i volti di quegli uomini e quelle donne, il modo in cui i loro piedi scivolavano sulla pista e quello in cui gli occhi andavano sempre a cercare lo stesso punto lontanissimo, senza mai perderlo nemmeno dopo un'infilata di giravolte. Li ricordo venire da me alla cassa, e chiedere un caffè oppure l'acqua del rubinetto, come non volessero rubare tempo al vero motivo per cui erano lì. Poi tornavano in pista, con il partner portato da casa oppure acquisito sul posto, e si tornava a volteggiare fino alla mezzanotte e mezza.
E poi le orchestre e le orchestrine: l'esuberanza delle voci femminili, il folklore dei grandi frontman, i vecchi metronomi al basso e l'apertura alare dei suonatori di fisa. Il grande Ricky Renna, Doriano e Omar, i local hero Bolle di sapone, Fred & the Elegants, Ivana Patritti. Quando arriva maggio i loro volti rispuntano qua e là sui muri della mia città – manifesti dai colori, le pose e le acconciature sempre uguali nel tempo –, a rammentare al popolo che la stagione delle feste campestri è alle porte. E si ballerà duro, come tutti gli anni.
Se penso al liscio penso alla mia terra, con la dolcezza che questo comporta. Viene da sè l'entusiasmo con cui negli anni ho assistito alla parabola degli Extraliscio, che da quel piccolo mondo antico e ossigenato ha preso ispirazione. Il gruppo è nato nel 2015, dall'incontro tra Mirco Mariani – polistrumentista romagnolo di formazione jazz che negli anni ha suonato con Enrico Rava e Vinicio Capossela, oltre a fondare i Saluti da Saturno –, Moreno Conficconi detto Il biondo – storico caporchestra di Raoul Casadei – e Mauro Ferrara aka "La Voce della Romagna", decenni di militanza con l'orchestra Casadei.
Tre personaggi accomunati dal physique du role, ma molto diversi tra loro, che hanno dato vita a un "punk da balera" che rivisita – con grande ossequio e la giusta dose di anarchia – estetica, etica e sonorità del liscio, genere nato lungo la riviera adriatica cento o poco più anni fa. Dopo aver suonato tanto in giro in questi cinque anni, nell'ultimo periodo gli Extraliscio si sono fatti parecchio notare grazie a un estimatore "di peso" come Jovanotti, che un anno fa li ha voluti con sè nella tappa riminese del suo Beach Party e che con loro ha composto una versione valzer di Sbagliato.
Negli scorsi mesi è piovuto anche il successo del singolo Merendine blu, con i feat. matti di Orietta Berti e Lodo Guenzi, e GiraGiroGiraGi, la sigla del prossimo Giro d'Italia, ineditamente a ottobre. Il pezzo – nel cui video balzano subito all'occhio le animazioni di Davide Toffolo (al lavoro anche su Sbagliato) – è prodotto da Elisabetta Sgarbi (in veste di Betty Wrong). Assieme a lei, fondatrice della Nave di Teseo, i tre musicisti romagnoli negli scorsi giorni sono finiti persino sul red carpet di Venezia.
Durante le Giornate degli Autori del Festival è stato infatti presentato – vincendo il premio Siae Talento Creativo – Extraliscio - Punk da balera, documentario curato proprio da Elisabetta Sgarbi che racconta l'esperienza della band di Mariani, Conficconi e Ferrara. E riflette – grazie ai contributi di artisti come Elio o Francesco Bianconi e al "patrocinio intellettuale" del grande scrittore Ermanno Cavazzoni – sull'eredità culturale del liscio in Romagna e in Italia, e su come portarla nel futuro. In attesa di vedere il film in sala, abbiamo parlato di questa epopea con Mirco Mariani.
Il mondo va a rotoli, e gli Extraliscio vanno in orbita.
Nei periodi più difficili, non so perché, dò sempre il meglio di me: quando mi fa male un dente, è probabile che scriverò la mia canzone più bella. Abbiamo pubblicato Merendine blu nel momento in cui è iniziato il lockdown: non volevamo uscire, vista la situazione, ma tutto era pronto e così ci siamo buttati. Il pezzo ha girato parecchio, secondo me perché era spensierato e in una situazione ansiogena come quella c'era bisogno di svagare. In quel momento per noi si è come accesa miccia.
Tanto da finire protagonisti di un film acclamato a Venezia. Come è capitato?
Per una serie di incontri magici. Anzitutto quello con Ermanno Cavazzoni, che ci ha fatto conoscere Elisabetta Sgarbi, la quale ci ha portato alla Milanesiana, la rassegna culturale che dirige. Così è iniziato un rapporto e ci ha voluti con lei ad Alessandria, all'inaugurazione del monumento di Marco Lodola a Umberto Eco. Lì abbiamo deciso che avremmo raccontato questa storia.
Avete capito cosa voleva raccontare davvero?
Elisabetta voleva raccontare la storia di una musica, il liscio, e dei volti che la compongono. Una musica lanciata da anni verso la deriva, a discapito di una tradizione ricchissima di grandi canzoni e di grandi balli. Elisabetta era partita dall'idea di raccontare una giornata nella nostra vita, poi, parlando con Ermanno, sono venute fuori un’idea dopo l'altra e il risultato sono stati due mesi di riprese e un autentico film.
Quando lo hai visto per la prima volta?
Alla prima a Venezia. Elisabetta è rigorosissima su questo: nessuna proiezione privata.
Hai scoperto qualcosa che non sapevi su di voi?
Mi ha colpito vedere quanto siamo "bipolari". Nel film capita spesso che improvvisiamo versioni inedite e arrangiamenti strani dei nostri pezzi, e tutte le volte sono migliori dell'originale. Così diventano la nuova versione ufficiale del brano, fino al prossimo stravolgimento.
Cambiare di continuo è il segreto per rimanere giovani.
Sono d'accordo, un brano "ingessato" invecchia prima e peggio. L'altro aspetto che emerge dal film è che la musica vera non morirà mai: Mauro Ferrara (la voce "ufficiale" di Romagna mia, ndr) è riconosciuto da tutti come il numero uno del liscio, perché canta ogni canzone come se fosse l’ultima. Non c'è finzione: casa sua è una balera.
Siete davvero dei punk?
Siamo dei punk perché ci siamo imposti da libertà di fare musica senza chiedere permesso a nessuno.
Come siete messi a tendenze autodistruttive?
Da quando siamo nati, mi sono posto l'obiettivo di distruggere il cantato perfetto di Mauro Ferrara con il suono della mia chitarra a 12 corde. Dopo il nostro terzo concerto mi fece il gesto delle corna e mi disse “ti staccherei una gamba a morsi dalla felicità”. Siamo punk, ma con le scarpe di vernice lucida e i capelli tinti: anche perché se c’è un capello bianco ci si ferma, si prende il rimmel e lo si copre. Dovunque ci si trovi, qualunque cosa si stia facendo.
Effettivamente certi personaggi di questo mondo hanno look e atteggiamenti da vere rockstar...
Perché lo sono. Mauro Ferrara può suonare davanti a 5 persone o a milioni, e per lui fa lo stesso. Una volta, prima di iniziare un live sotto il capannone di una sagra, vidi che sotto il palco non c'era nessuno, e mi salì una gran depressione. Mauro lo notò e iniziò a mettere in piedi uno show incredibile, a fare avanti e indietro sul palco mille volte come Mick Jagger. Nel giro di tre pezzi le persone da 10 erano diventate 200. Facile esibirsi davanti a una folla di fan che sviene per te, la vera rockstar se la conquista la gente.
Cos'è per voi la balera?
Paradossalmente è quella che per ora ci manca: nessuno dei nostri concerti di questi anni è stato fatto in una balera. Ma anche qua le cose cambiano: pochi giorni fa ci hanno contattato da un'importante balera italiana per organizzare un concerto. Sarà la nostra prima volta.
C'è una balera in cui sogni di esibirti un giorno?
Il film inizia alla Cà del liscio, ora Cà del ballo, di Ravenna: è la balera più bella del mondo. Se avesse visto un posto così Kubrick ci avrebbe girato 10 film. Ci sono un'infinità di sale, pare di stare a Las Vegas.
Come sei arrivato al liscio?
In maniera quasi inevitabile, da romagnolo e da amante della bella musica senza distinzioni di genere. Studiando grazie a Vinicio (Capossela, ndr) le diverse musiche popolari e della tradizione, ho scoperto il valore artistico del liscio, che per molti punti di vista è equiparabile alla canzone napoletana.
Eresia!
La tradizione napoletana è certamente la più nobile, colta e maestosa che abbiamo in Italia. Ma se si va indietro nel tempo, nei meandri della musica romagnola degli anni '50 e '60, si trovano autentici miracoli. Da fanatico di jazz, ho sentito dischi che suonano come Billie Holiday o Lester Young. Il suono dell'orchestra di Secondo Casadei a vlte pareva quello di Natalino Otto: il violino di Secondo era magia, così come la fisarmonica per Castellina-Pasi.
Poi cosa è andato storto?
Tutto. Mentre la canzone napoletana dava il meglio di sé a teatro, il liscio diventava un'industria capace di muovere tanti soldi. In una sera d'estate in giro per l'Italia c'erano decine di orchestre che suonavano in contemporanea i pezzi dell'orchestra Casadei, il giro d'affari era enorme. Il liscio è mutato e ha imboccato una deriva pericolosa. Ma a chiunque mi dica che non gli piace il liscio, io rispondo che non conoscono quello giusto.
Il "mio" liscio – con cui ho ammorbato i lettori nell'introduzione di questo pezzo – è quello a cavallo del millenio. Che musica era?
Ai "piani alti" era il liscio solare e magnificamente suonato di Raoul Casadei (nipote di Secondo e membro della sua orchestra sin dagli anni '50, ndr), un genio capace di scrivere brani meravigliosi come Mazurka di periferia e Ciao mare, che ha un testo che pare uscito dalla penna di Sergio Endrigo. Tra le orchestre che girano ogni sera il Paese, invece, il livello si è costantemente abbassato, il liscio è stato "deviato" e ha perso la sua valenza storica e culturale. Le cantanti sono diventate voci pop prestate al liscio e, ancora peggio, sono arrivate la basi e si è smesso di suonare: esibizioni grandiose si sono convertite in piccoli karaoke, nel tripudio dei maledetti balli di gruppo.
Esiste il liscio senza ballo?
No. Nel film Francesco Bianconi dice “quando da ragazzino andavo in balera, non ricordo se ero piu attratto dalla musica o dai ballerini”. Il rapporto è indissolubile: non è un caso che non esistano scuole che insegnino a suonare il liscio, mentre è pieno di posti in cui si impara a ballarlo.
Quanto è difficile suonare il liscio?
Quello delle origini molto. Serviva una preparazione altissima: clarinetto e sax suonavano assieme e facevano la stessa melodia "staccati", a terze (mima con la voce il "teche teche teche te" degli strumenti, ndr). Uno dei maggiori interpreti del genere, Fiorenzo Tassinari detto il "Maradona del sax", è un gigante dello strumento inconsapevole di esserlo, perché per tutta la vita ha suonato una musica ritenuta umile e spesso criticata. Eppure chi lo sente rimaneva folgorato.
Che faranno gli Extraliscio quando si potrà finalmente tornare a ballare?
Abbiamo un sacco di progetti in mente: Elisabetta Sgarbi è il nostro shuttle parcheggiato nella piazza del paese, averla con noi è la certezza che ci divertiremo e faremo grandi cose. Con l'obiettivo di raccontare in giro quanto è bello e valido questo genere musicale, così che qualcuno ci si avvicini e senta l'esigenza di provare a riportarlo ai suoi fasti.
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L'articolo Extraliscio: i nostri Mick Jagger cantano "Romagna mia" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-09-22 10:59:00
COMMENTI (1)
Splendido racconto e intervista Dario! Il Liscio è un vero universo, complesso e sfaccettato, che merita di essere (ri)scoperto.
Viva Extraliscio, li aspettiamo a Sanremo!