Federico Dragogna: "La musica sta tutta nella felicità che si prova a farla"

Il frontman dei Ministri scrive per noi in occasione del suo primo album solista, questo venerdì, "Dove nascere", che suonerà per la prima volta live al MI AMI. Ora ci racconta perché la musica, come i Ghostbusters, ha il potere di portarti altrove

Federico Dragogna durante Tough as You, evento realizzato da DR. MARTENS e MI AMI nel 2021. Foto di Francesca Sara Cauli
Federico Dragogna durante Tough as You, evento realizzato da DR. MARTENS e MI AMI nel 2021. Foto di Francesca Sara Cauli

Federico Dragogna è un nome fondamentale per la musica indipendente italiana. Nato a Milano nel 1982, è cantante e chitarrista dei Ministri, con 7 album e centinaia di concerti all'attivo. È stato produttore artistico per Le Luci Della Centrale Elettrica, Paola Turci, Iori’s eyes e molti altri. Venerdì uscirà per Pioggia Rossa Dischi il suo primo disco solista, Dove nascere. Lo suonerà dal vivo per la prima volta, nel suo debutto live solista, domenica 28 maggio al MI AMI Festival. 

 

Sappiamo tutti come i sequel siano sinonimo di delusione: si parte da qualcosa che ha misteriosamente funzionato e si cerca di farlo funzionare di nuovo, convinti di aver capito a fondo le ragioni del successo che fu. Quasi sempre, si fallisce miseramente – che si tratti di un film, di un libro, di un governo o di una relazione. Tra le eccezioni a questa triste regola credo si possa annoverare Ghostbusters 2, un gioiellino che parla di tiranni dei Carpazi, di fantasmi e di melma, una sostanza che pare la lean dei trapper (cioè uno sciroppo per la tosse pieno di codeina, per chi fosse poco aggiornato sul capitolo droghe), capace di catalizzare le energie negative di una New York che pare un po' la Milano di Sala vista da un elettore di FDI.

Dragogna live con i Ministri all'Hiroshima Mon Amour di Torino nel 2022
Dragogna live con i Ministri all'Hiroshima Mon Amour di Torino nel 2022

Ora, per quanto a molti il concetto di energia associata agli esseri umani farà pensare alle dissertazioni di un fricchettone fuori tempo massimo, resto convinto che siamo effettivamente capaci di sprigionare qualcosa oltre a odori e feromoni, e che la polarità di quel qualcosa abbia a che fare con l'essere o meno felici. Forse, semplicemente, non abbiamo ancora trovato il modo o gli strumenti per rilevarlo, misurarlo, quantificarlo. Cosa c'entra la musica in tutto ciò? C'entra eccome, perché produrre musica è inscindibilmente legato alla felicità che si prova nel realizzarla, a un entusiasmo che ne percorre la creazione anche quando il creatore ha il cuore a pezzi e il fegato in fiamme.

Ci dicono dai piani alti che ogni giorno su Spotify vengono pubblicate circa settantamila canzoni, e neanche sappiamo più se questo dato ci viene comunicato per dirci una cosa bella o brutta. Quello che però sappiamo con una certa sicurezza è che, per ciascuna di queste settantamila canzoni, c'è stato qualcuno che, mentre le scriveva e registrava, ha immaginato un destino, un pubblico, una platea, una fortuna. Perché negli studi o nelle camere da letto di tutto il mondo, mentre si aggiustano in mix i dettagli di un pezzo, ci si esalta, ci si dà di gomito quando entra il ritornello o il drop, si parla delle classifiche in cui il brano si farà largo sia che si tratti di black metal o del pop più sfacciato, si tirano fuori dal cappello aggettivi come urgente o internazionale.

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In due parole, si sogna – e si sognano i sogni che decidi tu, non il tuo inconscio incasinato. L'ho fatto anch'io con i Ministri per sette album e l'ho fatto da solo per Dove Nascere, il mio primo disco in uscita questo venerdì. Ho composto, registrato e mixato così, sognando, perché non conosco un altro modo per fare musica.

Tornando a Ghostbusters 2 e rovesciandolo, non solo vorrei una melma capace di catalizzare tutta questa transitoria positività, tutta questa gioia che accompagna registrazioni, mix e master, ma vorrei anche che questa cupa New York immaginaria in cui siamo andati a vivere un po' tutti, ridia a questi sogni tutte le strade e i destini che si riescono a immaginare. Possibile che oggi il fare musica si riduca a quella mezzanotte tra giovedì e venerdì in cui si cerca il proprio nome in una qualche playlist, a un link da spammare senza sosta per una settimana prima di essere sovrastati da altre settantamila canzoni, a un format televisivo che pare una versione discount del Faust? No che non è possibile, e infatti la musica può portarti in molti più luoghi: dalla collinetta del MI AMI a un circolo Arci in cui sceso dal palco conoscerai l'amore della tua vita mentre bevi un pessimo amaro, dal cuore di un ragazzo timidissimo che ti avvicina dopo un concerto senza transenne e ti dice quanto le tue canzoni hanno fatto per lui, al Sud America, dove l'Istituto Italiano di Cumbia (un progetto che dubito abbia mai avuto grande spinta dalle piattaforme di streaming) è appena stato in tour, suonando anche davanti a diecimila persone (indovinate un po', anche loro saranno al MI AMI e saranno fighissimi come sempre, ndr).

Federico, a destra, con Divi dei Ministri al MI AMI nel 2007
Federico, a destra, con Divi dei Ministri al MI AMI nel 2007

Perché prima ancora che a un traguardo o a un qualche riconoscimento che si possa appendere sopra a un camino, la musica può portarti semplicemente altrove – farti viaggiare, conoscere, incontrare. E sì, forse alla fine del viaggio il bilancio sarà in perdita per sessantottomila e novecento delle canzoni che verranno pubblicate oggi, ivi comprese le dodici che pubblicherò venerdì, ma tutto il tempo che passeremo a cantarle, suonarle e cercare di farle arrivare a qualcuno sarà un buon tempo, o almeno uno dei migliori che conosco. Certo, ci manca ancora la melma, o insomma un qualcosa capace di catalizzare tutte le nostre euforie pericolosamente riposte e di sommarle fino a creare un impossibile e generalizzato buonumore, una felicità contagiosa e reciproca.

Credo che ognuno possa identificare questa melma, e questa speranza, con ciò che vuole: a me piace vederla nei piccoli festival, quelli col palco senza schermi, quelli che oggi fanno fatica a stare in piedi e che non possono permettersi la maggior parte dei cachet degli artisti, anche piccoli, in circolazione, quelli che lo fanno per dare qualcosa al territorio di cui fanno parte, quelli che finiscono il ghiaccio a mezzanotte ma poi vanno avanti a festeggiare fino all'alba, quelli che saranno ricordati per sempre da chi li ha vissuti e per nulla dalle grandi narrazioni. E allora, che calcare i loro palchi torni ad essere un sogno almeno quanto finire sulla playlist più blasonata, e che la Musica abbia la meglio, di nuovo, su tutti i fantasmi che la abitano.

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L'articolo Federico Dragogna: "La musica sta tutta nella felicità che si prova a farla" di Federico Dragogna è apparso su Rockit.it il 2023-05-03 10:04:00

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