Filo Q e la sua compagna Giulietta Passera (voce del progetto Mangaboo insieme a Pisti) sono stati invitati in Africa per lavorare a un progetto audiovideo. Ci raccontano com'è andata in questo diario frammentato e tramite le foto scattate durante il viaggio.
Antefatto.
Uovoquadrato chiama. Uovoquadrato è un team guidato da Serena Mora e Simone Pecorari, che incrocia nei suoi lavori video-arte, filmmaking, live performance e installazioni. Da anni sono sempre più attivi sul suolo tanzano con diversi progetti legati a quella terra. Talvolta il loro lavoro viene fiutato da qualche brand che li assolda per rendere speciale qualche propria operazione promozionale. Per questo hanno chiesto a me e a Giulietta di occuparci della colonna sonora di un evento, di realizzare qualcosa che stia in bilico tra elettronica, jazz, suoni rubati nel paese, performance vocali e la collaborazione con il Tanzanin Choir, un coro gospel di Dar es Salaam. Oltre a noi la coreografa di stanza a New York Vanessa Tamburi e la compagnia di danza MudaAfrica.
Quello che segue è un diario frammentato e non necessariamente cronologico di due settimane in giro per la Tanzania.
FiloQ: Arriviamo a Dar es Salaam la sera tardi, uno degli ultimi voli sopra una distesa infinita di luci fievoli e case basse, sei milioni di abitanti spalmanti sulla terra in abitazioni di un piano al massimo, una macchia enorme.
Giulietta: Facciamo base su una penisola a Dar es Salaam. Il mondo degli expats è gentile e accogliente, nonostante stia vivendo un'era di grande cambiamento e si mescola sempre di più con una nuova borghesia Tanzana affamata di occidente.
F. Gli spostamenti per la città sono lunghissimi, alcuni incroci particolari vengono sottratti alle scansioni temporali dei semafori e lasciati al buonsenso dei vigili che alternano i due fiumi di mezzi ogni 20 minuti. Tra le auto e le moto si crea fuori dai finestrini un mercato mobile. Puoi trovare ogni cosa.
G. La vita notturna ci avvolge in un misto di idiomi e colori: il soffitto stellato dell'Elements popolato da locals con grande gusto musicale, il tetto di paglia del Triniti immerso nella natura e poi il Qbar, storico 'porto di mare' in città che somiglia tanto al 'rusty spoon' di Thomas Pynchon.
F. Prendo suoni con un piccolo registratore Zoom, pochissima la musica che ci portiamo a casa, tantissimi i rumori, le voci, frastuono, i venti, il boato dell'oceano lontano che esplode, i muezzin di Stone Town le cui voci si rincorrono tra i tetti, le chele dei granchi sulla roccia come 1000 vetri infranti.
G. Fra una bevuta e un appuntamento con un manager indiano, cerchiamo un club che ci faccia entrare in profondo contatto con questo luogo affascinante come sappiamo farlo meglio: suonando. Ci accolgono a braccia aperte i gestori inglesi dello Slow Leopard, un club piccolo, di legno con palme integrate nell'architettura della venue, con una luce bellissima di giorno e di sera, dove ogni giovedì si suona dal vivo.
F. Un service è un service ovunque, con il suo fonico scazzato sotto alla visiera del cappellino e i pantaloni bassi sul culo, ma a guardare bene qui è diverso, non ci sono scarpe antinfortunistiche ma piedi scalzi o al massimo ciabatte, alcuni tagliano i cavi con i denti e quando gli fai domande rispetto a tutta una serie di richieste tecniche non corrispondenti al vero con grande flemma ti rispondono che tra 5 minuti sarà tutto come volevi tu.
F. Andiamo avanti a fare allestimento dello show così, fino a 8 minuti dall'inizio in cui il boss del service ci dice che le luci necessarie sarebbero state pronte tra 5 minuti. E come sempre si diventa per l'occasione fonici, lucisti, elettricisti, runner... 321 via... Non parte l'audio dal laptop Giulietta improvvisa un canto acappella... Un minuto lungo un mese... Poi parte e poi come sempre dopo un attimo è tutto finito e inizia una grande festa.
G. Voliamo con dei piccolissimi aerei di Coastal Aviation a Zanzibar e poi sull'isola privata di Fanjove, uno dei luoghi più belli del paese, echo friendly e gestito da Essential Destinations. Abbiamo così la possibilità di vedere quanto qua davvero il sole vada fuoco quando tramonta.
F. La performance nello show-room automobilistico entusiasma tutti quanti, riceviamo l'invito ufficiale a portarla al Time2Dance, il più grande festival di danza contemporanea in Tanzania e il giorno dopo siamo ospiti dell'ambasciatore italiano per un caffè e un affresco della situazione attorno.
G. Scopriamo poco alla volta la complessità e la bellezza dei progetti di conservazione supportati da queste tre realtà operanti sul territorio e ci innamoriamo della loro filosofia schietta ed efficace, bellezza e turismo sono le parole chiave: sviluppare la conoscenza dei luoghi più remoti del paese attraverso il turismo per far sì che aumenti il lavoro, i mezzi per conservare il paesaggio, la natura e l'ecosistema unico al mondo e, di conseguenza, aumenti anche l'amore della popolazione locale per il suo stesso territorio.
F. Andare a performare al Time2dance vuol dire poter entrare nel Nadasi Art Space e trovarsi davanti al polo di sviluppo artistico più grande che abbia incontrato negli ultimi anni. Qui i ragazzi sono educati all'arte, dalla musica, alla danza al filmmaking, tutto a piedi scalzi, nella polvere, sotto lamiere di metallo. É chiaramente molto emozionante per tutti noi poter portare in un luogo che combatte per l'arte la nostra performance. Tutto va liscio, vediamo gli altri spettacoli, il concerto dei The City dal Sud Africa e inizia una festa ancora più grande, con i ballerini, il coro, amici arrivati a vedere lo spettacolo ed i ragazzi del centro.
F. Tra qualche ora in un club della penisola di Dar facciamo un live set, come sempre cavi aggrovigliati, bicchieri e bottiglie della sera prima sui tavoli ed una spia che ronza.
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L'articolo Diario dall'Africa: FILOQ racconta gli ultimi liveset in Tanzania di Filo Q e Giulietta Passera è apparso su Rockit.it il 2016-11-08 14:54:00
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