"Siamo arrivati tardi, o forse troppo presto, comunque il nostro tempo non assomiglia a voi".
Oi Oi Oi - CCCP 1983
In questi giorni, tra pollution e polluzioni verbali, tra Ferragnez separati e Stati che non si possono nemmeno nominare, c'è una grande battaglia tra gli addetti ai lavori ma pure tra gli ascoltatori, ossia riuscire a dire con una certa definitività: "Lo so io cos'erano i CCCP". Affronteremo questo dibattito in una parte diversa di questo dispaccio, perché nel quarantennale meglio organizzato della storia della musica e del costume italiano, il regalo più ambito per i fan, oltre alla possibilità di vedere dal vivo Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur interpretare sé stessi nello spettacolo dei CCCP maturi sui palchi berlinesi e poi italiani, è un disco che è la registrazione di un concerto dal vivo il 3 giugno 1983 alla Palestra Galileo di Reggio Emilia. Quando i CCCP erano giovanissimi e non avevano pubblicato ancora nemmeno un album.
Il disco si intitola Altro che nuovo nuovo ed è una reliquia di puro punk dei primi anni ottanta, di quello politico alla Crass o D.A.F. (di cui fanno una cover), eseguito da un quartetto musicale senza orpelli d'arte che vedeva Ferretti alla voce, Zamboni alla chitarra, Umberto Negri al basso e Agostino Giudici alla batteria. Non ancora la magnifica soubrette Annarella (sorella maggiore di Agostino), non ancora l'artista del popolo Fatur, qui sono solo loro quattro in una palestra a Reggio, la registrazione è quella che è ed è già tanto che esista. La voce di GL Ferretti è situata perfettamente sopra la musica, quindi gli ascoltatori dopo una quarantina d'anni riescono a capire anche quelle parole declamate velocissime nei dischi e possono godere quando i testi ormai scolpiti nella roccia cambiano, così da poter ascoltare delle versioni non ancora chiuse dei classici della band. Da questo punto di vista, in quegli anni Ferretti e Zamboni (e Negri) dovevano essere ispirati in maniera febbricitante e assurda per aver scritto una serie di canzoni così potenti e durature, che avrebbero fatto poi parte degli album successivi in nuova veste, e della storia e della gloria del gruppo.
Si va da Live in Pankow e Punk Islam pubblicate poi nel 1984 sul primo 7" dal titolo Ortodossia, fino alle versioni primigenie di Stati di agitazione, Manifesto e Tu menti di Socialismo e Barbarie del 1987. Nel mezzo, tutte le composizioni più tirate del gruppo, da Valium Tavor Serenase a Mi ami?, dall'inno CCCP al Taj Mahal del punk filosovietico, Emilia paranoica. Tre sono gli inediti di questo concerto: Sexy Soviet, che con una forma diversa e un testo modificato ha fatto strada fino a diventare B.B.B. nell'album Canzoni Preghiere Danze del II° Millennio - Sezione Europa del 1989, Onde - al quale è stata dedicata una sala nella mostra Felicitazioni! con l'installazione di Roberto Pugliese, e il finale Oi Oi Oi, un brano di incredibile potenza che grazie al suo testo profetico ha più senso ora che nel 1983. Tutta l'operazione puzza di marcio, di sudore, pogo, di attenzione alle parole e voglia e necessità di comunicare. Quella che oggi si chiama urgenza espressiva, ma moltiplicata per misure colossali.
La scena punk degli ottanta, tra Nabat, Kina e roba combat da una parte e Rivolta dell'odio e i darkettoni Carillon del dolore esistenzialisti e apocalittici, era una scena che esisteva, c'era, era viva e pulsante, alla faccia di quelli che "gli anni ottanta erano quelli dei glitter". Più glitter c'erano, più marcia doveva essere la controparte, più cattiva e tagliente, una grattugia come il suono della chitarra di Zamboni. Ti doveva fare proprio male, non era una roba estetica né figa da vedere. Era il vaiolo, la peste, il sale negli occhi. Questo è il contesto in cui due reggiani col mito di Berlino e dell'Unione Sovietica inventano una formula con cui farsi riconoscere per generazioni, che li porta oggi, quarant'anni dopo, a pubblicare su Virgin Universal, quindi mega major, un album dal vivo con la qualità di una cassetta registrata col culo e passata per mille mani prima di arrivare a te.
Ad oggi, rispondere alla domanda "cosa sono i CCCP" equivale a cadere in un tranello. Al limite si può rispondere cosa siano stati per noi, che tipo di rilievo abbiano avuto nelle nostre vite, quando come e perché, ma probabilmente neanche i soli Ferretti o Zamboni possono sapere che tipo di miccia e che tipo di esplosivo siano stati combinati in quelle discoteche assurde di Berlino quando si sono conosciuti e riconosciuti dello stesso territorio e con la stessa voglia di lasciare il segno.
CCCP è una combinazione che cambia a seconda di tanti fattori. Finora conoscevamo solo oralmente il quartetto con la batteria e finalmente abbiamo una testimonianza di cosa siano stati nel 1983, poi ci sono quelli dei primi dischi con Negri al basso, Fatur e Annarella live che creano uno spettacolo d'avanguardia pura, al pari dei migliori teatri off mondiali, quelli più educati nella musica dopo il contratto con la Virgin, con Ignazio Orlando a basso e programmazione, tante tastiere e meno grattugie, che conquistano la tv insieme con Amanda Lear. Quelli che vanno in URSS coi Litfiba di cui da lì a poco inglobano bassista (Gianni Maroccolo), batterista (Ringo De Palma), tastierista aggiunto (Francesco Magnelli) e fonico (Giorgio Canali) per un canto del cigno di proporzioni epiche - etiche etc., in cui la musica prende una forma indiscutibilmente più potente e strutturata, proprio mentre i CCCP chiudono il loro ciclo vitale per creare un nuovo soggetto, così come capita alla loro idolatrata Unione Sovietica.
Di quale di queste incarnazioni si parla quando si definiscono i CCCP? Il quarantennale ha sintetizzato una versione, quella non dell'inizio e neanche della fine, quella dell'icona. Giovanni Lindo Ferretti, il cantante e l'autore dei testi, il filosofo, il contadino eremita sulle montagne e il punkettone religioso, che ama Dio, patria e famiglia, amico della Meloni e scrittore di libri di preghiere, una storia talmente contraddittoria da risultare perfetta incarnazione dei CCCP. Massimo Zamboni, il chitarrista con una faccia sola, che dosa le parole e le usa come un intellettuale di sinistra, che dalla sua Les Paul tira fuori suoni talmente abrasivi che ci puoi tagliare la carne, pure quella del cranio. Annarella Giudici, una signora d'altri tempi e non è detto che siano quelli passati, un fascino quasi radioattivo conservato come in una teca di cristallo e Danilo Fatur, ex muscoloso adesso omone dal sorriso allucinato e dalle invenzioni pericolosissime.
Questi sono, in estrema sintesi, i CCCP del 2024, a 40 anni dal loro primo disco ed è eccezionale nella vera accezione del termine poter ascoltare un live dei primordi, con tutta la furia, l'ingenuità e la saggezza, la satira e la serietà l'apoteosi e il minimalismo, i cori beceri (Uccidi Pitti Uomo su Tu menti?) e già tutte le intuizioni che hanno reso questa storia importantissima per tanti, un'emozione sempre più indefinibile.
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L'articolo Folgorati dai CCCP prima dei CCCP di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2024-02-23 11:00:00
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