Pinaxa: io e Franco Battiato, un invito al viaggio

Pino Pischetola, storico collaboratore e ingegnere del suono di Battiato ci parla a cuore aperto dell'evento del 21 settembre all'Arena di Verona in onore del cantautore siciliano, di cui è direttore artistico, di com’era lavorare fianco a fianco con un Maestro e della sua eredità artistica

Pinaxa e Franco Battiato in un concerto di Joe Patti's Experimental Group
Pinaxa e Franco Battiato in un concerto di Joe Patti's Experimental Group

Il 21 settembre all'Arena di Verona si terrà il concerto in tributo a Franco Battiato, intitolato Invito al viaggio. Questi i nomi coinvolti nel cast:  Alice, Arisa, Baustelle, Sonia Bergamasco, Bluvertigo, Angelo Branduardi, Umberto Broccoli, Vasco Brondi, Brunori Sas, Paolo Buonvino, Juri Camisasca, Giovanni Caccamo, Roberto Cacciapaglia, ColapesceDimartino, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Diodato, Emma, Eugenio Finardi, Max Gazzè, Fabrizio Gifuni, Mario Incudine, Luca Madonia, Fiorella Mannoia, Mahmood, Gianni Maroccolo con Andrea Chimenti, Antonio Aiazzi e Beppe Brotto, Morgan, Nabil Bey, Gianna Nannini, Manet Raghunath, Danilo Rossi, Saturnino, Subsonica, Paola Turci. E non sono neanche finiti, ci saranno altre aggiunte. 

Un evento da brividi che riproporrà tutte le anime di Franco Battiato, da quella pop e cantautorale fino a quella sperimentale, operistica o etnica. Invito al viaggio sarà un abbraccio, non una celebrazione, sostenuto dalla potenza espressiva di un’arte, appunto, vastissima e stupefacente. Un viaggio che non è finito, perché le canzoni non si fermano mai, soprattutto quelle di Franco Battiato. In quella data compie 40 anni anche il disco più famoso di Battiato, La voce del padrone.

Abbiamo parlato con Pino Pinaxa Pischetola, che dell'evento è uno dei direttori artistici nonché collaboratore, sound engeneer e amico di Battiato fin dagli anni '90. Con lui ha creato anche la band Joe Patti's Experimental Group e ha lavorato sia in studio che in tour. Un tecnico eccezionale, quello dietro il suono di Violator dei Depeche Mode per intenderci. Un modo per conoscere meglio Franco Battiato come musicista e come uomo, ma anche per capire come si crea un concerto di tale grandezza, mantenendo altissima la qualità.

Com'è nato l'evento Invito al viaggio?

Francesco Cattini, lo storico manager di Franco, aveva già pensato da qualche anno a un tributo alla musica di Battiato, poi purtroppo Franco è morto e quel pensiero è diventato l'occasione per omaggiarlo nel miglior modo possibile. Abbiamo a che fare con un artista il cui rigore musicale ha sempre comandato su tutto, quindi abbiamo deciso di curare la parte artistica io, Cattini, Carlo Guaitoli (il pianista di Franco) e Stefano Senardi, carissimo amico di Franco. Abbiamo creato questa specie di comitato democratico in cui abbiamo preso tutte le decisioni per maggioranza. Pensiamo che se a 3 su 4 va bene una scelta, quella scelta sarebbe andata bene anche a Franco visto che si fidava molto dei nostro consigli in generale.

Ho come l'impressione che Battiato avrebbe apprezzato molto questa festa nei suoi confronti, la scelta dei nomi in cartellone mi sembra mirata: collaboratori o fan della sua opera...

Le due prime regole che ci siamo dati sono queste: la prima, se immaginiamo il concerto senza voci, dev'essere il più possibile vicino se non identico a quello originale di Franco. Volevamo evitare al 100% di fare il tributo con le cover in cui ognuno portava la sua versione, per dare al pubblico l'esperienza di omaggio vero e dare la possibilità di far sentire la sua musica come la portava in tour lui. Abbiamo coinvolto l'ultima band con cui ha lavorato e la stessa orchestra. La seconda regola, quella di cercare nel cast, per ogni artista un'affinità vera con Franco. Anche se alcuni di loro non hanno collaborato, sono a lui vicini concettualmente. Abbiamo anche dovuto dire di no a malincuore a qualche nome importante, ma queste due regole sono il motore dell'operazione.

 

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Potremmo vedere l'evento in streaming?

Non in diretta perché Franco odiava la diretta, anche quando facevamo i live, quando si riascoltava li voleva sempre ricantare, essendo lui un perfezionista il concetto della diretta non faceva per lui. Sarebbe troppo in questo caso anche per seguila tecnicamente in modo soddisfacente, con tutti i cambi palco che ci saranno. 

Per come lo immagino, mi sembra una cosa simile al tributo a Freddie Mercury coi Queen originali che suonavano...

Bravissimo! L'abbiamo portato anche noi come esempio perché lì tu sentivi i Queen, anche se le voci erano diverse. Battiato è un artista per cui il fattore musicale ha la stessa importanza di quello autorale: gli arrangiamenti e la scrittura delle parti hanno un grande peso e vogliamo dare agli spettatori la stessa esperienza. 

Come hanno reagito gli artisti chiamati a questo tributo?

Tutti molto onorati, abbiamo addirittura quasi imposto i brani noi agli artisti, ci siamo immaginati quale sarebbe stato bene con la voce di chi. Qualcuno ha chiesto di poter fare un pezzo anziché un altro e se era libero ovviamente abbiamo detto di sì, ma molti hanno accettato la nostra proposta. 

Una produzione artistica che sembra un po' quella di un disco più che di un concerto tributo. Quella sarà anche la data del quarantennale de La voce del padrone, che ho visto "sezionare" da te su Masters 33 Giri di Sky. Che ci dici di quel disco?

Ovviamente non sono stato coinvolto nella registrazione perché avevo 16 anni forse, ma nel 2015 si era pensato con Franco di fare un vero best suo che raccogliesse tutti i suoi mondi dal titolo Anthology - Le nostre anime. Avevamo trovato il multitraccia e abbiamo deciso di remixarlo per dargli una rinfrescata, portando rispetto verso il master originale che suonava benissimo. Quando abbiamo aperto le tracce c'era una qualità che non c'era più nelle varie versioni digitali uscite negli anni. Franco, che è sempre oltre, ha detto: "Già che facciamo questa cosa, risolviamo anche qualcosa dal punto di vista musicale che mi dà fastidio del disco originale", quindi abbiamo fatto qualche piccolo intervento anche creativo su La voce del padrone...

Caspita, dev'essere stata una bella responsabilità!

Eh sì. Ti faccio un esempio: nell'originale, il secondo ritornello di Summer on a Solitary Beach aveva la ritmica sotto, nella versione del 2015 non c'è la ritmica, si ferma anche al secondo. Oppure Bandiera Bianca è 2 o 3 bpm più veloce rispetto all'originale. Ci sono diversi interventi di questo tipo, ma ascoltando le tracce in solo come poi avevo fatto in quella trasmissione, c'è una maestria e una creatività pazzesca.

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Innovativo anche il fatto che La voce del padrone abbia fatto cantare frasi come "Lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco" oppure "Il senso del possesso che fu pre-alessandrino" a una folla di italiani freschi di vittoria ai Mondiali dell'82, che non masticavano bene quel tipo di lessico...

Se parliamo del valore artistico e del linguaggio usato mai sentito in precedenza nella musica italiana, La voce del padrone è un capolavoro e i capolavori sono così perché non hanno punti deboli. 

Com'era collaborare con Franco Battiato?

A livello umano era una persona eccezionale. Sembra banale dirlo ma aveva un'umanità e una generosità oltre la norma, molto attento a tutto quello che succedeva intorno a lui, corretto, educato, e quando si trattava della musica aveva delle vere uscite da genio. Con lui si faceva quello che si dovrebbe sempre fare in studio: creare, provare, tornare indietro. A mix chiuso era capace di dirti: "Non mi piace la voce, la ricanto". Le prime volte gli dicevo "Franco, ma sei sicuro, è bellissima", e lui: "Non ti preoccupare, la faccio meglio" e da lì ho capito che aveva sempre ragione lui, riusciva a mettere quel qualcosa in più che la prima voce non aveva. Era sempre tutto sperimentale, anche nel pop più mainstream non tentava di copiare mai nessuno, ricercava l'originalità, le soluzioni nuove. È stato molto stimolate, sono cresciuto professionalmente, grazie a lui si andava negli studi all'estero a registrare le orchestre, è stato un bel viaggio. 

Battiato pop, sperimentale, sacro, elettronico, etnico, compositore d'opera. La sua impostazione in studio era sempre la stessa o cambiava a seconda di cosa doveva incidere?

Secondo me lui prima di fare un disco decideva che disco fare e poi si creava il mondo per fare un album che aveva già concepito in partenza. Quando lavoravamo agli ultimi album tipo Apriti Sesamo, eravamo da così tanto tempo insieme che mentre facevamo le preproduzioni a casa sua in Sicilia, già ci sentivamo in testa il disco finito e una volta concluso, suonava esattamente come ce lo immaginavamo, talmente era chiaro dove doveva andare. Ogni progetto aveva un vocabolario da usare, sonoro e lessicale. Negli anni ci siamo conosciuti al punto che in studio si poteva quasi non parlare più, si sapeva già quello che si doveva fare. Prima ancora che scrivesse i brani ci trovavamo una settimana per scegliere i suoni da usare, le soluzioni ritmiche compatibili con quello che avrebbe voluto fare e poi lui si creava questa palette sonora da cui scriveva i pezzi. Andavo a dormire a casa sua, mi svegliavo alle 8 del mattino e lui magari s'era svegliato alle 5 e mezza e aveva già scritto una canzone dal nulla.

 

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Tu hai anche avuto la fortuna di essere uno dei pochi con cui Franco Battiato ha messo su una band, Il Joe Patti's Experimental Group. Che ricordi hai di quell'esperienza?

Avevano commissionato un concerto a Franco per un festival di musica elettronica e in quel periodo qualcuno gli aveva dato delle registrazioni fatte al Leoncavallo nel '72. Franco, che non era più nell'ottica di improvvisare (se avesse voluto improvvisare sarebbe andato lì col pianoforte, il synth e avrebbe fatto un'ora e mezza di concerto incredibile uguale), chiese la mia collaborazione per strutturare tutto. Creammo un impianto sonoro che ripercorreva tutte le varie fasi del Battiato sperimentale. Noi per abitudine mettevamo negli album delle sperimentazioni, anche Fleurs che è un disco acustico contiene una ghost track un po' elettronica. Abbiamo preso un po' di queste ghost, alcuni dei suoi brani storici del periodo sperimentale, il concerto del Leoncavallo per creare un concerto. Ci abbiamo lavorato talmente tanto che alla fine del concerto eravamo dispiaciuti che fosse tutto finito, quindi abbiamo decido di registrarlo bene in studio per avere il disco, senza neanche farlo uscire. La Universal quando ha sentito delle registrazioni ha voluto pubblicarle e da lì Cattini ha detto "Facciamo il tour nei club in Europa", da lì è partito tutto. Per me è un ricordo bellissimo, andare a Londra a suonare per gente che non lo conosceva neanche e si gasava è stato emozionante. Siamo stati anche a Torino al Club to Club, è stato pazzesco. 

Com'era la vita in tour con Franco Battiato? 

Divertente, pranzi e cene sempre di buon umore, si stava bene. Aveva questa cosa che stava a cena fino a 5 minuti prima del concerto, poi partiva che io non ero neanche quasi arrivato al mixer, bella atmosfera cordiale anche con la band che non è la norma nei tour. Franco era una persona libera, anche durante i concerti si prendeva delle libertà che potremmo definire punk!

Torniamo a Invito al viaggio: conterrà tutte le anime di Franco o vi siete focalizzati sul Battiato pop?

Conterrà tutte le sue anime nei limiti del possibile, magari non ci sarà l'opera più estrema ma ci sarà anche un po' di opera, ti dico solo questo.

Vedo tantissimi nomi e immagino che sarà uno spettacolo con una durata importante...

Siamo un po' preoccupati devo dirti, ma come potevamo fare? Abbiamo tolto già dei brani, di meno non sarebbe stato possibile. La lista che vedi non è nemmeno quella definitiva, ci sono anche altre aggiunte in via di definizione. Sarà ancora più lungo. 

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Cosa lascia in eredità Franco Battiato, che è stato un po' un unicum nella musica italiana?

Siamo in un periodo storico un po' diverso, la musica è cambiata tantissimo. Nella lista c'è Mahmood per farti un esempio. Ho lavorato al suo disco e ogni tre giorni mi parlava di Franco Battiato, pur non sapendo niente del concerto. Uno può pensare: ma come, lui che fa la musica più urban e moderna, che c'entra con Battiato? Alla fine, tutti gli artisti a cui piace la musica finiscono per arrivare a Franco, che in diversi periodi ha scritto tante bellissime canzoni. Mi è capitato di lavorare anche con artisti stranieri che conoscevano bene i suoi lavori, è facile innamorarsi della sua musica. Lascerà una certa libertà, quella che può darti una carriera lunghissima. È stato uno che non ha mai avuto paura di cambiare e che è riuscito in tutta la sua vita a fare musica di successo. È un esempio per i giovani di talento a non scoraggiarsi mai. 

 

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L'articolo Pinaxa: io e Franco Battiato, un invito al viaggio di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-08-10 11:22:00

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