È notte quando esce l'ultimo, discusso album di Franco Battiato. Un live registrato nel 2017 con la Royal Philarmonic Orchestra che contiene un inedito dal titolo "Torneremo ancora". La canzone, come ha dichiarato il manager Franz Cattini, è la sua ultima e definitiva; non ci sono più altri pezzi nel cassetto e anche quello pubblicato non è un vero e proprio epitaffio cosciente: la canzone in origine Battiato l'ha scritta per Andrea Bocelli su richiesta di Caterina Caselli nel 2016 e la registrazione è stata effetuata mixando l'orchestra con la voce guida di Battiato. Un demo, in pratica.
L'album è di certo un'operazione commerciale nata sia per mettere un freno (e di base confermare) le speculazioni sulla malattia di Franco Battiato, dall'altra per dare qualcosa ai fan che da molto tempo attendono notizie su di una cosa che, nella realtà dei fatti, non li riguarda. Mi appresto all'ascolto con distacco, cosciente che durerà poco.
"Molte sono le vie, ma una sola quella che conduce alla verità. Finchè noi saremo liberi, torneremo ancora, ancora e ancora".
Mi ritrovo commosso dall'incredibile forza con la quale, nei giorni meno lucenti, Franco Battiato trovi ancora il modo di rendere la morte un passaggio verso qualcosa di nuovo, verso un ritorno che squarcia il mio cinismo mattutino e mi fa di nuovo credere, come quando ero bambino e andavo volentieri a Messa. Benché parli di migrazioni e di ipotetici ritorni a casa, ci sento questo. Che sia consapevole o architettata, anche la tracklist dell'album continua sul filo rosso della fine della vita."E ancora, sto aspettando, un'ottima occasione per acquistare un paio d'ali, e abbandonare il pianeta", canta nella successiva "Come un cammello in una grondaia" e ancora "Le sento più vicine le sacre sinfonie del tempo, con una idea: che siamo esseri immortali caduti nelle tenebre, destinati a errare; nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione." in quella dopo ancora.
Niente mi avvicina di più alla spiritualità persa e in seguito negata come la musica di Franco Battiato (insieme ai Low, ma questa è un'altra storia). Fin da piccolo, nel cliché che mi vede in piedi sui sedili posteriori, nelle gite in macchina con i miei genitori, con l'autoradio che mangia la cassetta de "La voce del padrone" fino a farmelo imparare a memoria, ché di parole ne avrò sapute cinquanta in tutto e fra di loro stanziavano permanentemente "Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte dell'Imperatore della dinastia dei Ming".
Non userei lo storytelling se non sapessi che sto condividendo un'esperienza comune a tutti quelli che negli anni hanno amato Franco Battiato, al punto da affidarsi al suo Oracolo (cioè al suo canzoniere) nelle giornate in cui si naviga a vista, trovando sempre la parola che svolta la crisi. L'empatia di cui non sono capaci i preti, quella tutta umana che celebra l'animale dentro di noi, quello che si prende tutto, anche il caffé e che, alla fine della fiera, vuole la persona amata; la stessa poetica secondo cui Franco Battiato, sempre con una mano rivolta al cielo e l'altra alla terra, si dibatte cercando di diventare un asceta, al di sopra del bene e del male, per fare come un eremita che rinuncia a sé ma poi viene a cercare la persona amata perché, semplicemente, sta bene con lei e ha bisogno della sua presenza. Ogni ascolto è un'assoluzione e una tensione verso qualcosa di più alto, ma allo stesso tempo umanissimo. "Piacere di stare insieme solo per criticare", scriveva per ricordare il padre in "Mal d'Africa" e, senza stare a scavare sui significati nascosti ed esoterici delle sue canzoni, mi piace ancora affidarmi alle sue parole per provare a capire meglio questo viaggio insensato.
Torno all'ascolto dell'album, non c'è nessuna canzone da "La voce del padrone", ma d'altra parte quel tour non lo prevedeva e, con tutta probabilità, Battiato non sapeva neanche sarebbe stato l'ultimo. Penso di nuovo al claim con cui il manager ha presentato l'album: "L'ultima canzone di Battiato" e non mi va giù, perché vorrei poter vedere il ponte che collega questa avventura con la prossima, ma quella è una cosa del tutto personale e non sarò io a indagare. Quello che posso fare è chiudere gli occhi, ascoltare, meditare e ringraziare Franco Battiato per la sua carriera formidabile, per le sue canzoni eccezionalmente toccanti, per il suo sarcasmo, per la sua natura privata, duale, tormentata e insieme quieta. Non l'ultima, preferisco pensarla come la penultima.
"Quando si trattava di parlare, aspettavamo sempre con piacere. E il mio maestro m'insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire."
---
L'articolo La penultima canzone di Franco Battiato di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-10-18 10:25:00
COMMENTI (2)
io una cosa non capisco: da una parte promuovono un'immagine di lui in ripresa, al lavoro, presente a sé stesso, dall'altra ci vengono a dire che Torneremo ancora è l'ultima sua cosa rimasta, il viaggio finisce qui. Allora perché lo mortificano con queste rappresentazioni di lui in piena attività?
Bella condivisione di impressioni. La recepisco come mia, per molti aspetti. Complimenti.