I FusaiFusa voglion vederci danzare

Si chiamano Taha Ennouri, Ali Belazi e Ashti Abdo, vengono dalla Tunisia e dal Rojava curdo. Amano Franco Battiato e le musiche dei loro Paesi (di cui ci donano anche una playlist), per loro parlare di musica etnica è un errore e lo dimostrano con il loro disco "Lamana"

I FusaiFusa
I FusaiFusa

L'ultima volta che mi sono occupato di musica etnica su queste pagine è stato... mai.
Ovviamente non è vero ma questo mio vuoto di memoria (scalfito solo dal venticinquennale dis degli Almamegretta, nell'ottobre 2020) la dice lunga su quanto riuscire a parlarne, magari suggerendovi artisti di tutto rispetto che riescano a raccontarci “in diretta” ciò che sta succedendo ma da un'altra angolazione sia sonora che fonetica, sia un'impresa assai ardua e "peligrosa".

Il rischio concreto e già più volte sperimentato è quello di imbattersi nella soporifera quanto snervante sicumera di quanti si suonano addosso, magari anche male, sempre le stesse tiritere da mille anni con la scusa dell'inviolabilità della propria proposta musicale. Perché a nessuno dotato di intelletto (etnicamente parlando) scasserebbe la minchia a chi suona della propria terra, delle proprie radici, della propria gente,  magari con l'ausilio di strumenti tipici, cori di bambini orfani o minatori ciechi e quant'altro.

Allora si preferisce promuovere in lungo e in largo “l'etnicità”, diciamo il “tocco etnico”, piuttosto che un prodotto autenticamente etnico. E quindi giù di Ghali e Messa passando per Amir Issaa, Cha Cha, Tommy Kuti, come (sottolineiamolo) anche giusto e bello che sia, ma (ammettiamolo) con un filo di furbizia da parte di tutti. Perché un conto sono gli spunzoni baile funk di Mahmood in Tuta Gold, ben altro puntare su Alfio Antico o sui FusaiFusa. E arriviamo a noi.

Oggi un'emersione ulteriore di suoni prettamente etnici e l'aggiunta a penna della Tunisia e della Siria nei luoghi riconosciuti da noi di Rockit per lignaggio cosmopolita e originalità musicale, avviene grazie a un interessante gruppo di Bologna denominato FusaiFusa, che con il loro debutto, Lamana (Locomotiv Records, 2024), dimostra di conoscere assai bene le proprie basi e di saperle declinare in molti modi. Il simbolismo del nome, tradotto, sarebbe qualcosa come collage, miscellanea o più propriamente “mosaico” ma potrebbe essere assai fuorviante.

Magari sbaglio ma, specie con dei parenti archeologi come nel mio caso, ci si immagina qualcosa di pesante, erudito e carico di pretese, tipo i dischi che tra fine anni '90 primi anni '00 uscivano per Il Manifesto o come supplemento di Archeo, e invece siamo di fronte a una delle punte di diamante del suono etnico in Italia. Per grana sonora, per carica empatica, per rifermenti lirici, e per bravura dei FusaiFusa stessi e degli ospiti chiamati a raccolta, musicisti armati di saz, oud, guembri e altri strumenti etnici dal nome poco familiare ma dal suono carico di personalità che creano con Taha Ennouri, Ali Belazi e Ashti Abdo un vero e proprio ensemble di sonorità mediorientali e cultura tradizionale sub-sahariana, tra afrobeat, ritmi maghrebini e sufismo elettronico.

“La parola, FusaiFusa, descrive perfettamente la nostra identità sia dal punto di vista culturale che musicale. Le diverse provenienze e background, ovvero Tunisia, Kurdistan e Sicilia, si intrecciano creando un sound. Non si tratta soltanto di unire culture diverse, ma di creare un nuovo linguaggio musicale che sia universale e accessibile a tutti”, ci spiegano. Come sempre, farsi spiegare le cose da chi le ha create le rende incredibilmente semplici e facili da comprendere. “Taha e Ali si sono conosciuti a Tunisi, dove entrambi suonavano in diversi progetti musicali, spaziando dalla musica tradizionale nordafricana all'elettronica" continua Ashti "invece io sono curdo della regione di Rojava e sono in Italia dal 2006. Qui ho portato avanti progetti solisti e ho collaborato con diverse band italiane suonando principalmente saz, mandolino e percussioni”.

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Come accennavo, oltre agli strumenti classici, in Lamana i FusaiFusa usano pure diversi strumenti della propria tradizione. Ashti allora mi prende simbolicamente per mano e spiega: “Io suono il Saz, che è una sorta di liuto, il Duduk, che è un aerofono ad ancia, e varie percussioni. Ali e Taha suonano i Bendir e Darbuka tipici tamburi tunisini, fatti di vera pelle e di ceramica: hanno un suono unico e originale. I Qraqeb, nacchere di metallo, ricordano le catene degli schiavi. Penso che l'utilizzo di questi strumenti aggiunge un tocco autentico e distintivo alla nostra musica”. In genere dopo una risposta simile il giornalista musicale medio inizia un profluvio di parole come “etnico” e poi “multi-etnico”, “integrazione”, “emigrazione”, eccetera,  così mi viene naturale chiedergli se ci sia per loro ancora bisogno, nel 2024, di queste specifiche, invece di ascoltare un buon disco per quel che è, indipendentemente dal Paese di provenienza e di chi lo ha fatto.

Queste etichette" mi rispondono coralmente "nascono solo perché l'album è pubblicato in Italia. In Tunisia, Turchia o Kurdistan, la nostra musica sarebbe semplicemente musica, senza ulteriori specificazioni. E per noi anche la musica è un linguaggio universale, un mezzo di comunicazione più antico della parola... Come gli autori di libri o di film ti raccontano dei mondi a partire dal loro immaginario e dalle loro esperienze, così facciamo noi”. 

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E credo che sia proprio per questo loro approccio mentale che nel loro approccio musicale c'è sia una volontà di preservare le radici, musicali e testuali, sia quella di creare un prodotto competitivo su un piano internazionale. “Da un lato le nostre canzoni includono testi in arabo, curdo e italiano che affrontano temi come la libertà di movimento e di espressione, la resistenza, l'amore e la speranza. Dall'altro lato, cerchiamo di creare un suono che sia pure originale e competitivo che possa essere apprezzato ovunque. É per questo che ci facciamo ispirare da tutto ciò che ci interessa e le nostre influenze spaziano dalla musica nord africana a curda, all'elettronica, alla musica sperimentale, alla fusion”.

Quando Ali parla di testi in italiano fa riferimento a L’ombra della luce di Franco Battiato. “Sono un grande fan di Franco Battiato, in particolare per le influenze Sufi. Il concept, il testo e l'interpretazione de L'ombra della luce hanno forti connotazioni spirituali vicine al sufismo, che ci hanno toccato profondamente. Abbiamo voluto reinterpretarla a modo dei FusaiFusa ma come omaggio a un grande artista che ha saputo unire culture e spiritualità diverse”.

Sono veramente belle persone, i ragazzi dei FusaiFusa: interessanti, sorprendenti e colte ma anche schiette, così quando domando loro cosa pensano di quegli artisti, anche italiani, soprattutto vicino alla scena rap che usano inflessioni arabe, africane, anatoliche per prodotti dalla forte connotazione occidentale e statunitense, non si nascondono dietro i “volemose bene” tipici da queste parti. “Se un artista usa inflessioni arabe o altre in modo sincero e rispettoso per veicolare un messaggio positivo, non vediamo nulla di male. L'importante è che non si cada in stereotipi o in appropriazioni culturali indebite”.

Alla formazione a tre originale si è aggiunto il contrabbassista siciliano Federico Gueci e così i FusaiFusa si presenteranno ai concerti, salvo ospiti occasionali, visto che Lamana è abbellito da altri musicisti “per creare un paesaggio sonoro arricchito da altre culture musicali mediterranee, dall’Egitto al Marocco”. Ma se non di sole note si vive in un gruppo come nella vita di tutti i giorni. Ashti annuisce: “Oltre alla musica delle nostre culture che, sebbene diverse provenienze, ha trovato terreno comune, perché ciascuno di noi ne era già un conoscitore, con l'aggiunta poi dell'elettronica come nuovo ingrediente portato da Taha, ci accomuna una profonda amicizia e la condivisione. Ci teniamo a portare valori come la pace, l'amore e la multiculturalità. Questi temi sono presenti anche nei testi delle nostre canzoni, che raccontano le nostre esperienze e le nostre speranze. La musica è per noi un modo per comunicare con il mondo e per costruire un futuro migliore”. 

5 dischi tunisini e 5 dischi curdi scelti dai FusaiFusa

Top 5 Tunisini 

Broua - Esfer

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Ghoula – Hlib el Ghoula 

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Nuri - Drup

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Anouar Brahem - Barzakh

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Dhafer Youssef - Electric Sufi

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Top 5 Kurdi

Nizamettin Aric - Kurdish Ballads

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Ciwan Haco - Dûrî

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Şivan Perwer - Ya Star

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Aynur Dogan - Keçe Kurdan

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Mehmud Berazi - Siwar Hatin

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L'articolo I FusaiFusa voglion vederci danzare di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2024-03-15 16:33:00

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