Gelato al Veleno 2007 - Milano

(Marco Fasolo dei Jennifer Gentle - Foto di Marco Becker)

Tre collaboratori diversi per un'unica e importante serata. Tre punti di vista: c'è chi tira le somme sui primi 10 anni di Rockit, chi ragiona sullo stato di salute della musica italiana e chi non ha mai visto una nostra festa e, un po' disorientata, racconta. Ecco il nostro Gelato al Veleno.



DIECI ANNI FA (di Manfredi Lamartina)
Gelato al veleno. Dieci anni di Rockit che si chiudono in una fredda serata dicembrina a Milano. Ricordarsi di quando il sito lo gestivano sei cani, lo leggevano quattro gatti e lo contestavano due sorci. Ricordarsi di quando musica italiana voleva dire Marlene Kuntz e Afterhours, ma anche centinaia di band che proprio in quegli anni stavano nascendo e che solo Rockit ascoltava, criticava, analizzava. Ricordarsi di quando fare un festival indie sembrava un’utopia. Ricordarsi di come stavamo ieri. E guardare l’oggi. Un portale con una home page finalmente come dio comanda. Un contatore utenti che è già un caso sociologico (una volta mi collegai al sito e il malefico counter segnalò “1 giornalista fallito online”). Centinaia di migliaia di visitatori. E un colpo d’occhio maestoso su ciò che è stato e su ciò che è musica italiana oggi. Cercando di intercettare il domani, prima di tutti. Nel rispetto, appunto, della storia di Rockit.

Il Bitte è un locale generosamente ampio, buono per accogliere gli oltre ottocento invitati alla festa di fine anno della canzone importante tricolore. I padroni di casa (i pezzi grossi di Rockit) con altri ospiti del mondo indie parlano di futuro durante la tavola rotonda organizzata da Tommaso Toma di Rodeo e per poco non s’accapigliano. Poi, partono i concerti con i Pink Rays. Quasi un assegno in bianco destinato agli Strokes. O ai Killers. Non che gli altri gruppi della serata siano questa grandeur d’originalità. Però il quartetto milanese non riesce a graffiare fino in fondo. Nonostante la gran foga durante l’esibizione (avvenuta quando ancora c’era poca gente, dunque onore al merito). Nonostante un pugno di pezzi che non sono neanche male, ma che somigliano a mille altri nati prima di loro però senza il mordente e la maturità di questi. Li ascolti, i Pink Rays, ma non smuovono. Certo, a loro discolpa va detto che l’acustica non è delle migliori. E magari in altre situazioni le melodie sarebbero emerse di più. Detto ciò, era comunque lecito attendersi qualcosa di diverso.

Per dire, gli A Classic Education sono una cover band in incognito degli Arcade Fire. Ma c’è quel qualcosa in più che ai Pink Rays manca. I brani infatti sono bellissimi. Ti rimangono in testa, nonostante hai sentito almeno un milione di volte “Funeral”. Il gruppo capitanato dal cantante e chitarrista dei Settlefish è quindi sorprendente. Cominciano facendo il giro del locale, chitarra acustica in mano e lamento funebre in bocca. Poi la scossa elettrica, e la voglia di saperne di più. Dovessero uscire con un disco che porti in dote la metà delle emozioni del live rockittiano, sarebbe di buon auspicio per il 2008.

Gli Amor Fou sono le rockstar della serata. Alessandro Raina ha ormai sul palco il carisma maledetto di un Francesco Bianconi d’annata. E tiene botta per tutta la durata del concerto, nonostante una voce che va e viene e che non gli permette stasera – come ammette lui stesso al microfono – di essere al cento per cento. Ma “Il Periodo Ipotetico” meriterebbe il marchio doc per essere esportato in tutta Europa. E se il resto del repertorio, pur buono, non è all’altezza di questo capolavoro, riesce comunque nell’impresa di scaldare i cuori e, a volte, di far sanguinare le emozioni.

Suonano a mille all’ora i Jennifer Gentle del deus ex machina Marco Fasolo. Uno che riesce ad essere credibile pur cantando con la voce di un cartone animato. E il resto della band che lo accompagna dal vivo sembra dotare i brani di una robusta iniezione di steroidi. Perché durante questo gelato velenoso la psichedelia di “Telephone Ringing” o la marcetta di “I Do Dream You” si mostrano muscolari, assordanti, irresistibili. E chiudono col botto un anno di festeggiamenti per il decimo compleanno di Rockit.

Detto sottovoce, altre novità sono in arrivo. Come prima, più di prima.

QUESTO AMORE... (di Mario Panzeri)
"I soldi (nella musica) sono finiti", afferma il ministro Fiz. "Non ci sono mai stati", precisa Fabio De Luca. "Verranno altri Afterhours, altri Subsonica, internet non fermerà la musica", così il liberista Claudio Agostoni di Radio Popolare (qualche mugugno dal pubblico sui nomi dei gruppi citati), "Più traghetti, meno ghetti!", tuona Carlo Pastore, sbattendo la scarpa sul tavolo.

Finita la tavola rotonda sullo status quo della “musica italiana che ci piace” si aprono le danze: la batteria è il cuore pulsante dei Pink Rays, un ritmo continuo che sarebbe perfetto per accompagnare la più ricca raccolta pubblicitaria mai realizzata (perchè dalle istituzioni di grana ne arriva poca... fatevene una ragione, cari lettori). Tommaso Toma in console omaggia Lee Hazlewood, gli invitati alla festa ondeggiano quando ecco spuntare un trenino guidato da un mandolino: sono gli A Classic Education, che appiccano il fuoco (di Arcadia) alle fameliche multinazionali che si nutrono delle idee di noi “giovani”. Ci riescono in un paio di occasioni molto bene, sono in crescita. Invece Alessandro Raina sale sul palco senza voce e i suoi Amor Fou, che dal vivo suonano molto più grezzi che su disco, non aiutano certo la poesia del momento: una serata no, ma siamo certi che questa discrepanza con il tempo "Passerà...". Poi Jennifer Gentle, Anime viventi che con le loro folli sigle per cartoni animati fanno logicamente impazzire l’oriente, e l’occidente. Tutt'intorno sorrisi di gente rilassata che veramente non ha niente a che spartire con gli inquietanti guanti in pelle nera dei buttafuori.

Mentre vagabondo su e giù per il Bitte rifletto che magari “la musica italiana che ci piace” non ha ancora i numeri necessari per pesare da un punto di vista “politico”, o della fatica che si fa per organizzare eventi come questo: ma, lentamente, le cose cambiano. In più, la “musica italiana che ci piace” continua sì a fare cocciutamente a cazzotti con il nostro funereo scenario nazionale, ma qualche round ai punti stavolta cominciamo a portarlo a casa. Rockit, se vuoi, ha le tue idee: pensaci (in tutte e due i sensi)…Only together we’re unstoppable.

BUONA LA PRIMA (di Miriam Morici)
Serata indimenticabile. Specialmente per una che metteva piede per la prima volta in una festa di Rockit. Ma questa è un’altra storia.

Frammenti musicali di quattro gruppi superdotati che trafiggevano i timpani e hanno decisamente reso l’evento all’altezza dei propri ascoltatori. Già dalle prime ore c’era una buona affluenza di pubblico, devo ammettere che spesso mi veniva questo dubbio: erano qui per partecipare dell’ultima sfilata di moda vintage – puro gusto estetico - o per assistere a della “musica dal vivo”? Vabbè …passi anche la gente.

A fare da apripista è toccato ai Pink Rays, gruppo che non ha certo nulla da invidiare agli Arctic Monkeys, sia a livello di sonorità – chiaro london style - che nell’innata capacità di stare su un palco senza ondeggiare svogliatamente solo la testa e le braccia. Tutto il gruppo è infatti riuscito a trasmettere il piacere di suonare la propria musica e lo hanno fatto discretamente bene.

La vittoria del titolo “animali da palcoscenico” va senza alcun dubbio agli A Classical Education, i quali, con ritmi coinvolgenti e le melodie sognanti, hanno davvero sconvolto la mia abitudine musicale. E poi c’è da riconoscere loro anche la grande maestria nella scelta degli abiti. Il tutto dava la percezione di sei persone uscite dalla casa delle bambole di una bambina dell’aristocrazia degli anni ’50.

Dopo sono arrivate le parole dolcemente sincere e perfettamente socchiuse degli Amor Fou. E qui è di dovere aprire una parentesi a supporto del cantante, il quale ha fatto una grande esibizione seppure in condizioni di salute precarie. E così è avvenuta un’esplosione musicale… gli strumenti emettevano note su note per abbondanti estensioni temporali. Sembravano potenti e strane ninne nanne. All’improvviso sono spuntati fuori, i Jennifer Gentle e il delirio della gente ha avuto inizio. E’ riduttivo dire “bravi, interessanti, carucci”…erano semplicemente esagerati. Sembravano appena usciti da Cartoonia. Il cantante aveva una voce sicuramente simpatica ma soprattutto energica. E così la band ha scosso il pubblico con brani che spaziavano tra la taranta, i Beatles e i Pink Floyd di Syd Barrett. E ribadisco che potrebbero essere il gruppo del “Club Inchiostro e Tempera” della città di Roger e Jessica Rabbit, Baby Herman & Co. In sostanza: geniali e anche un po’ pazzi.

E’ stato un ottimo venerdì. Era la mia prima festa Rockit, non poteva andare meglio.



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L'articolo Gelato al Veleno 2007 - Milano di Redazione è apparso su Rockit.it il 2008-01-09 00:00:00

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