Siamo nell'epoca in cui i nipoti di Claudio Baglioni salgono sul palco di Sanremo col cappotto e l'autotune e in quella in cui i rapper più sgrammaticati girano l'Italia live con i migliori musicisti della nuova generazione. Siamo in un'epoca incoerente, e non solo da un punto di vista musicale. Un'epoca dalle mille opportunità, solo che deve leggertele l’algoritmo.
Di quest'epoca, Generic Animalè uno dei figli prediletti. Perché lui è così emo e così hardcore, così indie, così underground, così liquido, così tutto, da non essere nulla di tutto ciò. Perché Luca Galizia, questo il vero nome del 25enne di Castellanza, alle porte di Milano, tutte le contraddizioni che la musica odierna, l'estetica e il vivere sociale di una generazione ha fatto proprie, le ha dentro di sé in maniera del tutto naturale e quindi credibile.
La sua è una storia di musica. Inizia a suonare giovanissimo, sale su mille palchi con i Leute, poi si ricorda del disegnino di un animaletto asessuato realizzato qualche anno prima, e dà vita al moniker Generic Animal, con cui fa il suo esordio nel 2017 con il singolo Broncio. L’anno dopo arriva il primo disco omonimo, edito da La Tempesta.
Il suono è cambiato molto e continua a cambiare nel tempo: le chitarre rimangono, ma arrivano i beat presi in prestito da un certo tipo di trap, i versi si fanno sempre più personali, pur mantenendo una buona dose di cripticità. Il suo secondo album si chiama Emoranger, e suona alla grande.
Nel frattempo Luca si fa notare, oltre che per un’immagine allucinata e fighissima, per le collaborazioni con diversi rapper. Lavorando alla produzione artistica del primo album di Ketama, Rehab, a Romanzo Rosa di Pretty Solero e collabora con Mecna e poi Rkomi, come chitarrista e voce addizionale in tour. Soprattutto presta la voce all’amico di sempre (e conterraneo, o quasi) Massimo Pericolo per l’anthem Sabbie d’oro.
La liasion con gli sputarime di casa nostra rimane anche in Presto, il suo ultimo disco, in uscita il 21 febbraio. Ci sono il feat di Massimo Pericoloin un brano e quello di Franco 126 in un altro, oltre che di Nicolaj Serjotti, altro giovane rapper varesino che sbuca in Alveari. E poi c’è il super lavoro del produttore, Carlo Luciano Porrini aka Fight Pausa, che ha maneggiato tutto il suono di Generic fino ad arrivare alle 12 tracce che ora scorrono nelle nostre orecchie.
Luca veste largo, strano e colorato. In testa ha il solito cappellino, ma la faccia non è colorata di blu come nelle immagini che hanno accompagnato il lancio del singolo Sorry. La prima domanda è relativa al posto in cui ci troviamo, la sede milanese di Universal, che, tramite Island, da questo disco ha affiancato La Tempesta per quanto riguarda la distribuzione. Sì, sono cambiate parecchie cose ultimamente.
Che ci facciamo qui? Davvero è cambiato tutto nel mercato musicale...
Già dai primi due album da parte di alcune major c'era stato interesse a collaborare con me, poi non è successo. Ora c'è stata questa opportunità con Island e ne sono contento, perché questo è un disco importante per me. Di certo nel mercato musicale, e nelle persone che ci lavorano dentro, c'è stato un cambio di mentalità molto forte negli ultimi tempi. Viviamo un momento molto fluido e fertile per chi vuole creare musica: tutti fanno tutto e possono esprimere la loro opinione, nel bene e nel male.
Nel frattempo il mainstream ingloba cose che fino a qualche tempo fa erano considerate respingenti.
Verissimo. Anzi, spero che presto di un progetto come il mio non ci sia più nemmeno l'esigenza di premettere che è una cosa strana. Che si possa, magari, dire che è bello e basta. Abbiamo fatto enormi passi in avanti, ne manca ancora qualcuno. Tipo il fatto che si senta ancora il bisogno di trovare i generi per definire un progetto. Che poi ormai si usano solo tre parole per intendere tutta la musica possibile.
Quali sono?
Pop, che non so cosa sia. Indie, che so cosa vuol dire visivamente, ma non da un punto di vista sonoro. E la trap, che è tale solo perché ha i piattini trap. Che poi va benissimo, se aiutano l'ascolto e il mercato musicale le richiede. L'importante è che si spingano le cose belle.
E Presto come lo raccontiamo musicalmente?
Se ti va bene possiamo dire che è musica alternativa, come direbbe un uomo di 60 anni. Di certo è pieno di beat e allo stesso tempo di chitarre, è pieno di influenze che vengono dal mio passato, il grunge e l'emo in particolare.
Un disco nostalgico?
In qualche modo è un disco di background, che guarda alla mia adolescenza e la fa riaffiorare. Ma sopratutto è un disco vario: i due precedenti dischi erano un po' a compartimenti stagni da un punto di vista del suono, qua ho avuto a disposizione un organico musicale molto più folto.
Come hai lavorato il disco assieme a Fight Pausa?
Il percorso del disco è iniziato tre anni fa, prima di uscire con gli ep, e già allora avevo coinvolto Carlo. Io scrivo delle demo da solo. Di solito lo faccio in maniera minimale, con Garage Band dell'iPhone, per intenderci, qua invece ho scritto con le tastiere midi. Man mano ho mandato le demo a Carlo e lui me le restituiva lavorate, belle e folli come sempre. Nell'ultimo periodo, finito il tour di Emoranger, ovviamente abbiamo intensificato parecchio il lavoro. In generale si parte dalle mie canzoni e le sviluppiamo, a volte con modifiche importanti e a volte lasciandole quasi intatte.
Ti sei trasferito a Milano da Castellanza di recente. Ha influenzato il disco il trasloco?
Mi sono spostato un anno e mezzo fa: all'inizio ho fatto vita molto casalinga, mentre ora sento la città decisamente più mia. In generale tutto ciò che mi succede finisce nei miei dischi, mia influenza.
Come lavori sulle collaborazioni e sulle personalità degli artisti con cui scrivi e canti?
Cercando anzitutto di capirle. Pensa alla traccia dell'ultimo disco di James Blake assieme a Travis Scott, che in quel pezzo è usato senza nessuna accezione "rapperistica". Bisogna capire l'identità di ciascuno e come un progetto comune possa migliorare sia te che lui.
Ti diverti più con i rapper che con i "comuni cittadini"?
Di certo mi diverto un sacco con le persone della scena che conosco. Da Ketama a Mecna, è un genere con super personalità, sicuramente superiori alla mia, almeno da un punto di vista scenico. Con loro c'è sempre goliardia e voglia di divertirsi e fare cose belle assieme. Non so perché, ma mi trovo meglio con i rapper che con i cantautori.
Avete creato una sorta di factory varesotta. Com'è nata?
Con l'amicizia, e la sincerità esplicita (ride). Vane (Massimo Pericolo, ndr) è amico di sempre di Fight Pausa, che me l'ha presentato a una festa quando eravamo ragazzini. Lui veniva a sentire i live delle nostre band, poi ci diceva che facevamo schifo a suonare. Io, dal canto mio, l'ho sempre preso per il culo per le sue rime.
Che ne pensi del suo successo?
Che se lo merita perché ha sempre coltivato la sua roba, anche se ovviamente ci ha stupito perché è stato fulmineo. Noi due siamo molto diversi, ma incredibilmente affini. Vane è un amico vero.
Cosa sono i Nirvana per te?
La chiave di tutto. Credo che lo siano per tutti quelli che vogliono scrivere e suonare musica, almeno di un certo tipo.
Nel brano Nirvana citi il celebre live al Bloom di Mezzago del 1991. Qual è stato il concerto seminale per te, invece?
Forse il primo vero concerto di cui mi sono comprato il biglietto, A Day to Remember e Bring Me the Horizon ai Magazzini Generali. Era la prima volta che andavo a Milano con la mia ragazzina dell'epoca, ed era pieno di ragazzini con i ciuffi e i dilatatori. Mi hanno pure menato.
Cosa hai in comune con tuo padre, oltre alla calvizia?
Che più passa il tempo e più riesco a rivedermi in lui. Pensa che ha anche un mio pezzo, Scarpe, come suoneria del telefono: non chiedermi perché.
Sei una persona felice?
Wow, dopo disdico lo psicologo. Questa settimana ho già dato...
Te lo chiedo perché nei tuoi dischi la gioia non è esattamente il sentimento predominante.
Non sono affatto triste. Però ci sono giorni in cui sono davvero teso. Quest'anno di attesa del disco, ad esempio, mi ha creato davvero tanta tensione.
Che hai voluto mettere tutta nel disco.
Perché l'unico modo che trovo di vivere le cose in maniera attiva, e non subirle, è scrivere. Magari non riesco a concentrarmi sul modo di evitare le prese male quotidiane, ma almeno un po' le esorcizzo.
Hanno un colore le tue canzoni?
No, hanno un involucro colorato. Ma dentro sono un po' come gli esserini colorati di Miyazaki inTotoro, e si muovono a scattini.
Che accadrà live (qua le date)?
Che avrò una band con me. Ci sarà ovviamente Fight Pausa, e poi alla chitarra Michael, ex dei Lantern, e Giacomone alla batteria. Veniamo tutti dall'hardcore e quell'anima è rimasta. Ci saranno dei momenti in acustico e varie sorprese, a Milano faremo una jam con tastiere e sax.
Quindi a riportare in auge le band, alla fine, saranno i rapper?
Pazzesco, ma è così. Io ho sempre suonato in delle band, conosco la dinamica del gruppo e della saletta, quanto può essere figo e impegnativo. Molti rapper non vengono da quella dimensione, ma ora dicono "voglio assolutamente la band, dai facciamolo". I cantautori hanno band sempre più scadenti, mentre i rapper alzano l'asticella. Trovo sia molto figo.
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L'articolo Generic Animal: "La musica è un esorcismo contro le prese male" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-02-21 09:00:00
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