Il problema si pone un po' ovunque. In buona parte del Sud Italia, ad esempio, ma non solo lì. Ci sono intere province italiane sfornite di un live club, e pure grandi città. Ci sono luoghi storici chiusi da anni, locali riconvertiti ad altri usi, posti dove la musica dal vivo è sempre meno rilevante, uno sfizio da concedersi ogni tanto. Questo ha conseguenze devastanti (in alcuni casi sono concause), dallamancanza di opportunità per chi suona, alla contrazione dei posti di lavoro in questo ambito, fino a un fenomeno sottovalutato come la saturazione dei festival, che si trovano a coprire la voglia di live di intere aree che rimangono a secco per tutta la stagione indoor.
Vogliamo fare un viaggio in questa realtà, affrontandone le criticità e provando ad analizzare le possibile risposte. Partiamo da una città unica da ogni punto di vista – per storia, anima, contributo culturale – in Italia e in Europa, comeGenova. Qualche tempo fa Alfa, artista cittadino classe 2000, protagonista all'ultimo Sanremo, aveva fatto una dichiarazione che aveva fatto molto discutere. "È possibile che in una città importante come la nostra non ci sia un club di riferimento in cui poter fare una programmazione musicale? Io per suonare a Genova al chiuso devo fare una data obbligata nei teatri, con le sedie. Torino ha l’Hiroshima, Bologna il Locomotiv, Padova l’Hall, noi invece non abbiamo uno spazio ad hoc. Le istituzioni non danno risposte su questo fronte. Io lo trovo assurdo", le sue parole, qua riportate dal principale quotidiano cittadino.
Le risposte non sono mancate, molti (tra cui colleghi) gli hanno dato ragione, qualcuno se l'è un po' avuta a male. Per altro per la Regione si sta votando proprio in queste ore. Noi vogliamo provare a rilanciare il dibattito, coinvolgendo alcuni dei promoter più attivi sul territorio. Sono tutti, tra le altre cose, organizzatori di festival molto partecipati e in alcuni casi storici (a conferma del discorso che facevamo prima).
"In Liguria mancano strutture da decenni, non è un problema di questi ultimi anni", dice Luca Pietronave, socio fondatore di Aluha e direttore artistico di Mojotic Festival, che quest'anno si è tenuto in cinque diversi spot della città e della vicina Sestri Levante. "Negli ultimi vent'anni Genova non ha avuto un 'vero' live club con capienza 500/1000 e per colmare questo vuoto i promoter hanno spesso reinventato temporaneamente spazi originariamente destinati ad altro. Come direttore artistico di Mojotic, nel 2008/2009, con una discoteca di Sestri Levante, siamo stati l'unica vera opzione in Liguria per tour invernali da 'big club' facendo Baustelle, Subsonica, Caparezza e tanti altri... Nel 2011 per avere una tappa in Liguria del tour di Wow dei Verdena abbiamo trasformato unabocciofila in un live club. Insomma, non è un problema nuovo".
Anche per Luisella Tealdi non è una novità. È la Responsabile Eventi di Porto Antico, parte del porto cittadino che negli ultimi anni, e soprattutto nella stagione bella, è diventato uno dei cuori della città, dove succedono un sacco di cose e ogni sera si tengono concerti (anche molto grandi). Sulla loro capacità di generare interesse e portare numeri importanti d'estate non ci sono dubbi. "Noi al Porto Antico da più di vent’anni trasformiamo un piazzale come quello di Calata Gadda in una grande Arena da 5.000 posti che da quest’anno, grazie ad alcune razionalizzazioni nell’uso degli spazi, sono diventati 6.000, prendiamo la Piazza delle Feste e ne facciamo un teatro all’aperto (ma coperto) capace di ospitare oltre 500 persone sedute, e per diversificare ulteriormente l’offerta e arricchire la programmazione, facciamo spettacoli e musica anche sulla nostra galleggiante Isola delle Chiatte per 150 persone disposte a lasciarsi trasportare dalle onde del mare".
Il tema si pone quando non si può più stare all'aperto. "Nella nostra città in inverno non c’è spazio sufficiente per la musica", prosegue. "Certo, ci sono i teatri che inseriscono nella loro programmazione anche i concerti, ma sono spazi grandi, adatti per gli artisti affermati che richiamano un pubblico già consolidato, non mancano nemmeno gli spazi per i grandi eventi, e noi in questa dimensione ci mettiamo volentieri a disposizione della Città, nelle grandi occasioni come per esempio per il Capodanno, ma si tratta di eventi speciali, eccezionali da tutti i punti di vista".
È di questi giorni la notizia della riapertura dello storico Teatro Verdi di Sestri Ponente sotto la nuova gestione di Boavida di Totò Miggiano, patron diGoa Boa, nome storico della rete festivaliera genovese. La sua società si è aggiudicata il bando di gara dopo la revoca del contratto con il precedente concessionario. Lo storico cinema-teatro, realizzato 125 anni fa, ha ospitato David Sylvian e Robert Fripp, Fuzztones, Peter Hammill oppure Lucio Dalla, CSI e Litfiba. Totò ha fatto sapere che punterà sui live, e siamo certi che sarà una grande stagione musicale.
Per Tealdi è un dato di fatto che a Genova "non ci sono luoghi nei quali pianificare una stagione musicale al chiuso in maniera strutturata e continuativa". Quello che manca è proprio uno spazio di dimensioni medie, fra il piccolo club e il grande teatro, che sia "adeguato ad ospitare gli artisti che si stanno formando, che stanno crescendo estanno 'costruendo' il proprio pubblico, un 'posto della musica' in cui il pubblico possa incontrare nuovi mondi e nuove sensibilità artistiche".
La mancanza di live club alla lunga toglie possibilità, persino "diritti" a una città e al suo pubblico. Andrea Caravaggio è, come Pietronave, socio fondatore di Aluha e si occupa di Balena Festival, evento estivo che sta acquisendo un ruolo sempre più centrale nell'economica culturale cittadina e che si tiene proprio all'Arena del Mare Porto Antico di Genova: "Durante l'inverno, non essendoci club, Genova non viene neanche presa in considerazione come meta per alcuni tour. La fortuna di Genova è che ci sono diversi teatri dove comunque un certo tipo di concerto si può proporre. In questo senso Aluha riesce a coprire sia la programmazione estiva con il Balena Festival, sia quella invernale con rassegne più cantautorali (e dunque più piccole). Nel secondo caso, ci appoggiamo come possiamo a venue più piccole e dunque proponiamo live decisamente ridimensionati oppure andiamo direttamente a teatro. Chiaramente questo stato di cose comporta che alcuni artisti non passino mai da Genova con i tour invernali e che i genovesi debbano spesso spostarsi fuori regione per vedere i live desiderati. Poi c'è anche un altro tema: se esistono location con capienze maggiori e utilizzabili in inverno, purtroppo non sono economicamente sostenibili..."
Bisogna anche tenere presente, come dice Pietronave, che "nel frattempo la scena musicale nazionale è cambiata. Molti live club sono stati chiusi per i più svariati motivi, da Milano a Roma, e l'attività live è sempre più concentrata su pochi soggetti economici che coordinano sempre di più i tour a livello nazionale concedendo sempre meno spazio ai promoter locali e concentrando poche date nelle 2/3 città principali. In questo contesto sicuramente una buona amministrazione locale e una lungimirante politica culturale potrebbero dare nuove opportunità, sia al territorio che al sistema in generale".
Severo (ma giusto) anche il punto di vista di Alessandro Mazzone, che è direttore artistico di Electropark, festival di musica elettronica e arti performative che nel 2014 ha celebrato la sua 13esima edizione (itinerante in vari luoghi della città). "La mancanza di rappresentanza e di interlocutori politici dell'ambito culturale (sia in Comune che in Regione non c'è un Assessore di riferimento) sta provocando un disallineamento nelle politiche culturali della città rispetto al panorama italiano e internazionale. Il rischio è che Genova perda il passo su questioni attuali e urgenti, che emergono non solo a livello locale ma anche globale dal punto di vista sociale, umanitario, economico, ecc. a cui le arti e lo spettacolo attraverso le comunità artistiche residenti possono dare delle risposte tramite un'offerta contemporanea e riconoscibile: è una questione politica".
In riferimento ai pubblici a cui è destinata l'offerta culturale genovese attuale, Mazzone afferma "quando si dice che la mancanza di spazi dedicati (ma aggiungo anche di politiche dedicate come scritto sopra) si scontra con la possibilità di costruire una scena artistica e musicale propria di questa città, che possa essere contemporanea lasciandosi alle spalle quelle culture (e quelle politiche) che hanno contribuito in passato a creare una scena genovese (si pensi ad esempio ai cantautori). Chi arriva dall'estero o da fuori regione si accorge che Genova è una città in piena gentrificazione (soprattutto nel centro cittadino), molto attenta a valorizzare il patrimonio storico (ciò che un tempo era contemporaneo), lasciando poco spazio a nuove forme e nuovi spazi di produzione artistica e di fruizione: è anche una questione identitaria".
Tutto questo ha ripercussioni anche sugli artisti, come detto, visto che "se un musicista non trova qui il giusto spazio per sperimentare ed esprimersi, inevitabilmente sarà obbligato ad andare altrove perdendo l’occasione di costruire un rapporto diretto con il pubblico genovese, che sarà a sua volta costretto a cercare fuori Genova le occasioni per alimentare il proprio bisogno di musica, e qui il discorso si potrebbe allargare ulteriormente alla mancanza di opportunità per le nuove generazioni".
Così Luisella Tealdi di Porto Antico, che, però, manda un 'messaggio di speranza': "So che le nostre istituzioni conoscono la situazione e mi risulta che si stiano muovendo nella giusta direzione, credo che qualche importante novità stia per arrivare, sul versante della riqualificazione degli spazi… confido quindi in una inversione di tendenza, tanto attesa e necessaria per la musica".
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L'articolo Genova ha da tanti anni un problema con la musica live di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-10-28 10:31:00
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