Per segare un pianoforte con lo scopo di portarlo in giro a suonare servono:
- un pianoforte
- un frullino
- una sega
- tavole di legno di varie misure
- viti, chiodi, martello, cacciavite
- elettrovalvole della lavatrice
- calamite
- Daniele Pintaldi
- 44 giorni
I punti di partenza sono che non amo suonare le tastiere ma difficilmente si trovano pianoforti nei locali, che non suono quasi mai l’estremità inferiore e superiore del piano, che volevo provare a rendere “più fisico” il mio rapporto col pianoforte (che a differenza della chitarra è uno strumento che non si riesce ad abbracciare) e che volevo un pianoforte il cui suono - come quello di una chitarra elettrica – potesse entrare in un amplificatore.
Circa due anni fa, quando ho iniziato a lavorare al nuovo disco, ho comprato un pianoforte usato verticale Kimball (che già in origine è tra i più piccoli della sua categoria) con lo scopo di segarlo, amplificarlo e renderlo trasportabile.
Dopo l’acquisto ho cominciato a corteggiare liutai ed accordatori per coinvolgerli nel progetto ma chi più chi meno mi hanno tutti un po’ trattato da folle quindi ho deciso di procedere da solo.
Ho tenuto un diario dell’operazione pubblicando una foto su Twitter ogni giorno che mi ci sono dedicato, per un totale di 44 giorni.
La prima foto risale al 13 giugno 2013, qui si vede il pianoforte senza martelliera e senza tasti. Una volta denudato lo strumento e smontata anche la tastiera ho deciso fino a che punto tagliare, quindi ho tolto dall’arpa di ghisa le corde che non mi sarebbero servite più e ho incominciato a segare - prima la ghisa, poi il legno - finché non è venuta via la parte destra.
Dopo aver segato parte destra e parte sinistra ho ricostruito i fianchi sostituendo gli originali con altri due costruiti da me concepiti in modo da poter trasportare il corpo del piano e la tastiera separatamente per ricomporli di volta in volta sul posto del concerto.
A questo punto ho preso più coraggio e con la scusa di farmi accordare il pianoforte ho invitato a casa Daniele Pintaldi - artigiano, accordatore, luitaio e scienziato pazzo romano - che è l’uomo che mi ha guidato in tutta la seconda parte dell’impresa.
Dopo avermi spiegato quanto ero stato fortunato per il fatto che ghisa e corde non mi fossero esplose in faccia mentre ci lavoravo, Daniele ha accettato di darmi una mano.
Il problema principale che ha risolto è stato quello dell’amplificazione: i pick-up costano e un pianoforte - anche se con meno ottave - ha molte più corde di una chitarra.
Come soluzione alternativa a quella di mettere una (lunga) serie di pick-up per tutta la lunghezza della cordiera Daniele si è inventato un sistema di magneti (pochi ed economici perché costruiti da me dietro sua indicazione con bobine ricavate delle elettrovalvole delle lavatrici) piazzati sul retro del pianoforte in punti strategici della tavola armonica.
Vado veloce su altri interventi più noiosi ma altrettanto importanti come la ricostruzione del pedale del sustain o degli attacchi della martelliera, fatto sta che siamo andati avanti - tra alti e bassi ma sempre con molto ottimismo e molta incoscienza - per un po’ di mesi finché giusto la notte prima dell’inizio delle registrazioni il piano era pronto (la mattina successiva era nel Doblò) ed in effetti quello che si sente in Superman e ne Il Pilota è vivo è il mio Kimball.
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L'articolo Il pianoforte impossibile di Giovanni Truppi: come segare un piano rubando idee a Ikea e Leo Fender di Giovanni Truppi è apparso su Rockit.it il 2015-02-23 10:03:00
COMMENTI (2)
grande!!
voglio un videino per sentire come suona!