Gli streaming non smettono di crescere, ma chi ci guadagna?

Nel 2023 le piattaforme sono cresciute del 33%, ma nessuno pare beneficiarne: non gli artisti, a cui restano le briciole, né le società, se è vero che SoundCloud cerca acquirenti, o i suoi dipendenti, visti i tagli ravvicinati di Spotify, Tidal e Amazon Music. C’è un futuro in streaming oppure no?

La musica in streaming secondo l'intelligenza artificiale
La musica in streaming secondo l'intelligenza artificiale
11/01/2024 - 11:59 Scritto da Vittorio Comand

Più di un miliardo di dollari. Attorno a questa cifra si aggira il prezzo di vendita di SoundCloud, come riportato negli scorsi giorni da Sky News. SoundCloud, che è uno dei più grandi servizi di streaming musicale, vede tra i suoi azionisti di maggioranza la banca d'investimento americana Raine Group e il fondo sovrano di Singapore Temasek Holdings, che pare stiano parlando con vari istituti bancari per trovare acquirenti a cui cedere le proprie quote della società, con la prospettiva di chiudere l'affare entro la fine del 2024. A seguito di questa notizia è anche cambiato il CFO dell'azienda, con Tom Sansone che è subentrato al posto di Drew Wilson.

 
 
 
Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da SoundCloud (@soundcloud)

Questa possibilità di cessione societaria arriva dopo un anno abbastanza turbolento per le piattaforme di streaming: la stessa SoundCloud – che sul proprio server conta oltre 40 milioni di artisti e oltre 320 milioni di brani – aveva tagliato l'8% del suo personale lo scorso maggio, dopo che già aveva effettuato una riduzione importante dell'organico nell'agosto del 2022, Spotify aveva effettuato licenziamenti pari al 6% dei suoi dipendenti lo scorso gennaio, il 2% a giugno e il 17% a dicembre (per un totale di oltre 2000 persone), seguito a ruota da Tidal, che ha rinunciato a una componente di lavoratori all'interno del team responsabile della creazione di playlist corrispondente al 10%. Anche Amazon Music – oltre ad altre sezioni di Amazon, come Twitch e Prime Video – ha effettuato dei tagli sul finire del 2023, senza però specificare il numero di dipendenti licenziati.

A questo si aggiungono altre misure simili: sempre Spotify negli ultimi giorni ha anche liberato alcuni uffici al World Trade Center di New York per affittarli a Duolingo e Rippling, così da tagliare ulteriormente i costi che gravano sull'azienda, mentre aveva fatto abbastanza rumore quanto successo lo scorso ottobre a Bandcamp, che, dopo essere stato venduto da Epic Games a Songtradr – azienda che si occupa di gestione di licenze musicali –, si è visto dimezzare il personale.

Il ridimensionamento messo in atto dai vari attori dello streaming sembra fotografare una situazione bizzarra per il settore, visto che ha avuto un aumento delle proprie attività del 33% nel corso del 2023, come riportato da Luminate, raggiungendo la cifra vertiginosa di 7,1 bilioni di stream. Insomma, un anno in netta crescita che, per contrasto, porta riduzioni anche importanti della forza-lavoro di queste aziende. I licenziamenti operati da SoundCloud avevano lo scopo di portare a un livello stabile la profittabilità, cosa che evidentemente il tipo di servizio non era in grado di garantire, mentre Spotify, che ha raggiunto un utile operativo superiore alle aspettative di 32 milioni di euro nel terzo trimestre del 2023, aveva dichiarato che i tagli servivano a raggiungere più facilmente gli obiettivi finanziari per il futuro.

Dietro a questa dinamica ci sono chiaramente numerosi fattori, a cominciare dal cambio di tendenza dell'economia nel digitale, dettata dalla fine dell'accelerata negli anni pandemici, ma sembra anche mostrare una sorta di precarietà intrinseca del mercato. Le piattaforme streaming sono macchine enormi da tenere in piedi, che coinvolgono numerose risorse, come anche i pochi dati qua sopra lasciano intendere, e quindi c'è altrettanto bisogno di spostare economie importanti per stare in piedi. Aspetto che si scontra con la necessità di mantenere un prezzo basso, se non addirittura la versione freemium del servizio, per rimanere competitivi all'interno del mercato. La coperta però è corta: da un lato c'è il guadagno irrisorio per gli artisti che da anni – giustamente – chiedono una retribuzione più equa, dall'altro il personale dello streaming che, a quanto pare, ha il rischio manco così improbabile di perdere il lavoro. Ed è facile trovarsi spaesati nel mezzo senza sapere a chi affidare le proprie orecchie.

---
L'articolo Gli streaming non smettono di crescere, ma chi ci guadagna? di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-01-11 11:59:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia