E dire che due anni fa ce l'avevano quasi fatta: chiamare un illustratore di talento per raccontare il Festival. Era il 2014 ed Emiliano Ponzi, incoronato proprio in questi giorni sulle paginedi Repubblica come uno dei giovani talenti dell'illustrazione italiana nel mondo (che poi solo in Italia sei giovane fino a 40 anni, ma vabbe') rappresentava la canzone del Belpaese come una sensuale diva fasciata in un abito dallo spacco vertiginoso (no, lo spacco vertiginoso a cui state pensando è un altro, e qui non c'è di mezzo nessuna farfallina comunque).
Eppure siamo sicuri che non abbiate memoria di nulla che meritasse di essere ricordato: tutta colpa di un uso sciagurato della tipografia che grazie ad un effetto 3d metallizzato stuprava l'illustrazione, disintegrandone in un solo colpo la delicata eleganza della composizione e del segno.
A dirla tutta, nelle ultime edizioni una sorte simile era toccata ad altri nomi celebri come il veterano Mattotti, una sorta di De Gregori dell'illustrazione italiana, compiendo una clamorosa “operazione tafazzi”: prendete un bravo illustratore e rendete il suo lavoro inutile con una grafica ingombrante, chiassosa e mal fatta.
Per fortuna, quest'anno, la musica è cambiata: ora ad essere inguardabile è tutta la comunicazione. Bravi, un plauso alla coerenza. Carlo Conti, in conferenza stampa, ha dichiarato che ci sarà da aspettarsi un festival nazionalpopolare (però! E noi che da Sanremo ci aspettavamo avanguardia, che sciocchi). Ecco fatto, spiegato tutto. La comunicazione è brutta perché è un festival nazionalpopolare. Ovvio no? No.
E non si tratta di difendere una posizione bacchettona o passatista. O dire che una volta in Italia non era così (pensando ad esempio ai lavori eccezionali fatti da Pino Tovaglia per la Rai o alle copertine dei Dischi del Sole – Edizioni del Gallo, disegnate da Giancarlo Iliprandi), perché altri grandi capisaldi della cultura pop italiana hanno saputo rinnovarsi e adeguarsi ai tempi mantenendo il loro spirito popolare, come ha raccontato ad esempio l'art director Luca Pitoni in una bella intervista uscita sul Dailybest nelle scorse settimane, portando l'esempio del restyling di Famiglia Cristiana.
Qui la questione ha a che fare con la paura. E la paura con la morte. È un festival zombie, come la moltitudine di sagome grigie disegnate sul poster di questa edizione, ombre di un mondo gioioso che fu, lontano anni luce dallo spirito del momento.
#TuttiCantanoSanremo: ecco il manifesto di #Sanremo2016! pic.twitter.com/EckfWbzDf0
— Ufficio Stampa Rai (@Raiofficialnews) 12 Gennaio 2016
Un colosso boccheggiante e cieco (forse anche sordo) che nell'ansia di comunicare a tutti non riesce più a parlare la lingua di nessuno. Giusto tentare di essere facili, trasversali, inclusivi. Ma ci sembra che non sia davvero chiaro quale possa essere il pubblico di una comunicazione di questo tipo: forse la vecchina del paesino sperduto nella provincia profonda? Ma non facciamo ridere, che la gente che oggi ha 70 anni è cresciuta con David Bowie e che in quegli anni pure il manifesto del dancing Sirenella (del '64) era una vera bomba progettata da grafici del livello di Max Huber (guardare per credere qui sotto).
Una cosa, certo, va detta: mai come questa volta la comunicazione è in linea con il contenuto che rappresenta. Del resto come può cambiare la retorica della comunicazione della musica popolare in Italia, se la stessa musica popolare in Italia non cambia prima la sua retorica?
Il compositore e direttore d'orchestra Gustav Mahler diceva che la tradizione non è custodire le ceneri, ma tenere acceso il fuoco. Qui invece siamo alla necrofilia.
Tommaso Delmastro e Michele Bortolami sono soci fondatori e alla direzione creativa di Undesign dal 2003, e coordinatori del corso triennale di graphic design allo IED di Torino.
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L'articolo Perché le grafiche di Sanremo fanno sempre così schifo? di Tommaso Delmastro e Michele Bortolami è apparso su Rockit.it il 2016-02-05 11:01:00
COMMENTI (2)
Manco io sarei riuscita a fare uno schifo del genere. Mancava che usavano il comic sans...
Brutta, ma proprio brutta. Fatta coi vettoriali stock.