La Guerra Fredda è una guerra silenziosa. Avviene in modo sotterraneo; si combatte con armi che non si possono vedere, che non fanno rumore, ma non per questo meno pericolose.
Anche CLAVDIO, nome d’arte del cantautore romano Claudio Rossetti, si è ritrovato in mezzo ad un conflitto del genere, benché interiore. È per questo che ha deciso di intitolare proprio Guerra Fredda il suo secondo album uscito lo scorso 16 dicembre. Dopo l’ottimo esordio in Bomba Dischi con il LP Togliatti Boulevard (2019), la pressione delle aspettative, la decisione di dedicare tutto il proprio tempo alla musica e il lockdown non hanno rappresentato per lui una fucina di creatività ma un vero e proprio blocco.
Per superare questo momento e riconnettersi alla propria arte, CLAVDIO ha preso una decisione radicale: ha lasciato la frenesia della sua città, Roma, per trasferirsi nella campagna umbra e lavorare alla sua musica senza correre, senza fretta; riscoprendo il proprio ritmo e nutrendo la sua creatività immergendosi nella natura e nella tranquillità.
In questa nuova dimensione è nato Guerra Fredda, un album che è una vittoria personale e racconta decisioni, paure, cambiamenti e riflessioni, sia interiori che proiettate verso l’esterno, verso una società difficile da decifrare e da accettare. Otto tracce che ripercorrono le lotte portate avanti dall’artista, attraverso una scrittura diretta e sincera e un sound che mescola cantautorato, pop e delicate incursioni elettroniche.
Sono stati molti i luoghi che hanno aiutato CLAVDIO ad affrontare le battaglie della sua Guerra Fredda. Ci ha portato con sé a visitarne quattro, in particolare.
PRIMA TAPPA: IL BOSCO DI SAN FRANCESCO E IL TERZO PARADISO
Il sentiero del Bosco di San Francesco, ad Assisi, è indicato dal torrente Tescio. Se si percorre tutto, sbuca nella radura che ospita il Terzo Paradiso, opera dell’artista biellese Michelangelo Pistoletto, e l’antica Torre Annamaria, eretta nel ‘300 a difesa di un opificio. La radura è circondata di panchine di legno – perfette per riposare, pensare, scrivere. “Qui venivo a scrivere un po’ in generale. Non delle canzoni ma delle semplici cose, dei pensieri. Mi serviva a scopo terapeutico. Venivo qui a scrivere e basta, senza un fine”, racconta Claudio mentre costeggiamo il torrente.
“Scrivere senza un obiettivo era un qualcosa che mi serviva in quel momento, per riprendermi. E se non ti riprendi qui vuol dire che sei finito, non ti riprendi più”. Ride, ed effettivamente non ha tutti i torti.
Il Bosco, interamente gestito dal FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), è davvero un posto magico. Passeggiando tra roccia, alberi e felci, si arriva fino alla Torre Annamaria, le cui scale color ruggine ricordano la copertina posteriore dell’album Guerra Fredda, e al Terzo Paradiso, un’opera di land-art composta da 121 ulivi che formano tre cerchi, di cui uno centrale più grande e due più piccoli, con un’asta in metallo alta 12 metri posta al centro, a simboleggiare l’unione tra cielo e terra. Se alziamo gli occhi riusciamo a vedere sia la Rocca Maggiore che quella Minore scrutarci dall’alto. Se fossimo lassù, riusciremmo a vedere il trittico di cerchi connessi composto dagli ulivi. Ma noi negli ulivi ci siamo in mezzo, e li attraversiamo avanti e indietro, diventando parte dell’opera stessa.
“Fino a 33 anni ho sempre lavorato con orari di ufficio, perciò la musica era un po’ uno sfogo finale. Potevi pensarci tutto il tempo mentre eri il lavoro, e quando finivi arrivavi carico, pronto, o adesso o mai più. Mentre quando ci pensi dalla mattina alla sera non accumuli mai. Magari hai l’idea, ma non hai mai la spinta,” racconta il cantautore, ricordando il blocco artistico in cui si è ritrovato, che gli ha impedito di fare nuova musica nonostante il tempo a disposizione. Venire in questo posto, passare di panchina in panchina, scrivere per il semplice piacere di farlo e godersi una solitudine non imposta ma scelta coscientemente, hanno aiutato a superarlo.
Tornando indietro per proseguire il percorso cerchiamo gli asparagi selvatici, che stranamente già spuntano dopo il caldo anomalo dello scorso ottobre.
SECONDA TAPPA: I CASALI
Stanco della frenesia della metropoli e alla ricerca di un luogo tranquillo e lontano dal rumore delle auto e delle aspettative, in cui poter creare liberamente e senza pressioni, CLAVDIO ha deciso di trasferirsi in un casale a Farneto, un paese che si trova sulla vecchia strada per arrivare da Gubbio a Perugia. I casali in realtà sono due, entrambi di Lino, il simpaticissimo proprietario. Claudio ha vissuto in entrambi, in periodi diversi.
Ha traslocato lì a fine giugno 2021, in un attimo; il tempo di consultare un suo amico per sapere se ci fosse posto per lui, visitarlo e fare le valigie. È rimasto fino a novembre, poi nuovamente tra aprile e luglio 2022, prima di stabilirsi definitivamente a Santa Maria degli Angeli.
Nella sua stanza, ora occupata, ha registrato la sua interpretazione di Violino tzigano, un brano popolare citato in Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini e contenuto in Canzonette, un vinile opera d’arte frutto di una collaborazione tra Bomba Dischi e Gucci. Il vinile contiene cinque brani (oltre a Violino tzigano c’è il Valzer della toppa, interpretato da Ariete; Che cosa sono le nuvole da Giorgio Poi; Cancello tra le rose da Franco126 e Amara terra mia da POP X e Giacomo Laser). Il vinile si può ascoltare solamente all’interno della mostra Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo poetico, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, presente fino al 23 febbraio.
Il casale è un luogo suggestivo che si vede appena passando dalla strada principale. Sotto di sé nasconde un fiumiciattolo. Lino dice essere antichissimo. Qui CLAVDIO ha visssuto insieme a degli amici con cui ha condiviso musica, giornate di sole, bagni al fiume e tatuaggi.
“Questo posto per me rappresenta lo spartiacque tra la vita di prima e la vita nuova. Il primo disco – Togliatti Boulevard, NdA - non è stato casuale, ma l’ho fatto diversamente: l’ho scritto e l’ho proposto, senza pensare troppo al dovere. Il secondo disco ha reso chiaro che la vita di prima era una cosa, questa un’altra. Il bivio più importante della mia vita. Questo casale rappresenta tante scelte importanti, come quella di lasciare Roma e la presa di coscienza di fare musica come lavoro. È qui che ho riflettuto su tutto e affrontato tutte le battaglie della mia Guerra Fredda. È un posto che mi ha fatto rinascere.”
Qui sono nati i brani Ogni giorno, Wikipedia e Davvero davvero. Se le ultime due sono legate al periodo del lockdown - per CLAVDIO iniziato il giorno dopo il suo ritorno da un tour in Germania insieme a FABER, un artista svizzero – e parlano di noia, reclusione, dubbi e notti insonni, la prima è la canzone più poetica che il cantautore abbia mai scritto.
“Ogni giorno non parla necessariamente di questo posto, ma è chiaro che ne sia stata ispirata. L’ho scritta in un giorno di pioggia in cui non potevo uscire di casa. Se ti guardi intorno e non ti focalizzi sui problemi ti rendi conto del bello che ti circonda, come io mi sono reso conto della bellezza del posto in cui vivevo. L’odore che arriva lontano / Trasportato dal vento; Guarda oggi che cielo / Che spremuta d’arancia. C’è anche l’ironia, che uso molto nei miei brani, ma è il pezzo in cui ce n’è di meno. Per il resto è ispirato dalla natura e dal luogo. Mentre gli altri – Wikipedia, Davvero davvero NdA - sono pezzi molto più legati alla fase del lockdown, Ogni giorno è libera, è fuori. È un’altra fase della vita.”
Mentre parla raggiungiamo il fiume. Nella parete di roccia lì a fianco ci sono continue, minuscole frane. Lino ci spiega perché avvengono, indicando una faglia nella roccia e dei dislivelli nella parete. Deve essere stato davvero semplice lasciarsi ispirare da un posto così, il cui proprietario dice con nonchalance frasi come “Sai Claudio, ho piantato le pannocchie di mais bianco. Sembrano perle.”
TERZA TAPPA: L’ABBAZIA DI MONTELABATE
La terza tappa è l’Abbazia di Santa Maria in Valdiponte - conosciuta oggi come abbazia di Montelabate. Si trova lungo la strada che da Ponte Valleceppi conduce a Piccione. È una delle più antiche fondazioni Benedettine. Durante la seconda guerra mondiale venne usata come deposito per le opere d'arte conservate nella Galleria nazionale dell'Umbria. Nel 1956 è stata acquistata dalla Fondazione Gaslini di Genova, che ancora oggi ne è proprietaria. L’abbazia è imponente e torreggia nel silenzio delle colline.
Come per il Bosco di San Francesco, questo luogo non ha dato vita a dei pezzi contenuti nell’album, ma le lunghe passeggiate fatte qui hanno aiutato il cantautore a ritrovare sé stesso a liberarsi di aspettative e doveri.
“Una delle battaglie di questa Guerra Fredda è rappresentata dalle aspettative. Quelle degli altri e le mie. Per questo volevo trovare una mia tranquillità per ritornare a scrivere a prescindere da tutto, senza pensare che cosa si aspettassero gli altri o cosa mi aspettavo io. Il mio giudice interiore è molto rigido. Tante canzoni del disco non le avevo neanche fatte sentire a Bomba Dischi, tipo Letojanni, che poi, alla fine, è diventata l’opener dell’album. Almeno cinque degli otto pezzi del disco non li avevo ancora fatti ascoltare quando sono andato a registrare con Maurizio Mariani. Ce li avevo, sapevo che ce li avrei messi, ma non ci riuscivo. Quando non sei convinto non è semplice... e se non lo sei, spesso è perché pensi troppo a ciò che gli altri si aspettano da te.”
ULTIMA TAPPA: SANTA MARIA DEGLI ANGELI
È la sua attuale casa l’ultima tappa del nostro tour, nella campagna di Santa Maria degli Angeli, una frazione del comune di Assisi. Rimaniamo solo all’esterno. È qui che CLAVDIO ha scritto i brani Dovremmo fare sport e Graminacee, che vede il featuring di Malika Ayane.
Il primo è un brano che racconta di dubbi finalmente sciolti e del coraggio di aprire nuove porte, anche quando possono spaventare – un testo che ricorda molto la sua esperienza. Il secondo, invece, parla di una storia d’amore difficile, ed è stato ispirato da una tempesta di polline simile a neve.
“L’idea di Graminacee mi è venuta all’inizio del lockdown, a marzo, che è il periodo dell’impollinazione. Mi sono detto: ma pensa chi si trova in lockdown ed è pure allergico al polline…”
Parlando ci porta sul campo che costeggia l’abitazione, dove veniva a passeggiare per ascoltare con tranquillità i suoi pezzi appena registrati. Assisi ci guarda, così vicina che sembra di poterla toccare, così come la cupola della Basilica di Santa Maria degli Angeli. Ci mostra anche una sciarpa arancione, del tutto diversa rispetto al luogo in cui ci troviamo e per questo azzeccata: c’è scritto a caratteri cubitali CRUCCHI GANG, il nome una band tedesca che canta in italiano.
Gli chiedo se abbia vinto questa guerra, secondo lui. Mi risponde: “Se l’ho vinta davvero non lo so, ma c’è un risultato, che è il disco. Sicuramente non l’ho persa.”
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L'articolo Il Cantico delle Fratture di Maria Stocchi è apparso su Rockit.it il 2023-02-21 10:15:00
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