(Foto di Intweetion)
Giunge alla sua quarta edizione l'Handmade, festival che ogni primo maggio porta al The Cleb di Guastalla - una piccola cascina della campagna reggiana ricorvertita a club - molte delle migliori band italiane e no. Anche quest'anno il cartellone è di tutto rispetto, l'ingresso gratuito e i prezzi contenuti. Un bel modo per passare la festa dei lavoratori. Sandro Giorello racconta.
Ma nella luce del pomeriggio non ti riconosco più
e mentre parli, io non sento, non vedo, ma credo che tutto sia perfetto
e allora trovami un motivo per non spaccare tutto
dev'esserci un motivo, un ottimo motivo (Fitness Pump).
Tre cose importanti (premessa): [a] a mio avviso è fondamentale legarsi al territorio, trovare un bel posto e capire come un concerto possa inserirsi bene in quel contesto tanto da valorizzare il contesto stesso; [b] dare il giusto prezzo alle cose. Perché solitamente i soldi sono il primo motivo di stress e sei sei stressato non ti diverti, non è più una festa, ma è anche vero che se una festa non è sostenibile economicamente difficilmente avrà un futuro per gli anni a venire; [c] bei gruppi. [a+b+c] bisogna essere bravi a fare tutto questo, ci vuole un grande impegno e una devota convinzione.
Quindi: i party countrydelici, la feste in campagna a base di musica, le merende folk - chiamatele come volete – sono una certezza, funzionano. Ci sono i divani nel cortile o ci si stende nell'erba. Si formano lunghe tavolate dove bevi tanto e parli tanto fino dimenticarti del motivo principale della discussione o da chi era iniziata. Le band decidono di partecipare solo per il rimborso spese e magari fanno anche i turni in cassa e puliscono il prato il giorno dopo. Handmade Festival: 10 band che suonano in una cascina della provincia reggiana, panini con la salsiccia o con la frittata, ingresso gratuito e bar a prezzi comprensivi. Il pubblico è vario: hipster vecchia maniera, genitori con figli, vestiti anni 60, camicie a quadri e magliette punk.
I concerti: il The Cleb non è facilissimo da raggiungere, arrivo che i primi tre - Schonwald, Japanese Gum, My Bubba & Mi – hanno già suonato mentre i Welcome Back Sailors sono agli ultimi pezzi. Sul palchetto montato all'esterno partono i Diverting Duo. Mai visti prima e cento volte meglio che su disco: la voce è intonata e limpida, si infila tra la tastiera, i colpi di timpano alla Velvet Underground e la chitarra riverberata. Pian piano i due si inseriscono perfettamente nell'atmosfera della giornata: il pubblico chiacchiera come in un salotto a cielo aperto, sorride e finita ogni canzone applaude. Il sole, intanto, tramonta. I København Store esplodono decisi ma l'impianto non è all'altezza: i piccoli suoni elettronici escono distorti o non escono proprio e tutte le sfumature pop dei cori vengono sacrificate. E poi sono un po' freddi: non sbagliano una nota, muscolari e precisi, ma senza quell'emotività che altre volte è emersa a dovere. Riguardo agli A Classic Education c'è poco da scrivere: praticamente perfetti, affiatati, si divertono come bambini ad una festa di compleanno. E le nuove canzoni sono l'ennesima conferma: stupende. Gli Iori's Eyes si presentano in due, lui e lei. Senza batterista non sono il massimo: i brani più veloci suonano vuoti, la voce – sempre bella, sia chiaro – resta sospesa sul nulla, spaesata. Aggiungete che salta la corrente due volte rallentando pesantemente il concerto. "The Boat" è, come al solito, da pelle d'oca e il finale synth-pop non è male ma di sicuro questo non è stato il loro live migliore. I Tunas spaccano tutto, garage rock dritto, potentissimo. Creano una nuvola di sudore e se ne vanno lasciando il pubblico incredulo. Intanto fuori accenna a piovere. I Giardini di Mirò iniziano con "Connect the machine to the lips tower *be proud of your cake*", da "Punk... not diet!", la riducono all'osso ed esce da Dio. Ci attaccano "Pet Life Saver" e, nonostante io continui ad esser convinto che Corrado Nuccini non sia un cantante, è da colpo al cuore. Fanno "Bufera" - la loro prima canzone in italiano, scritta apposta per il concerto a Reggio Emilia dello scorso 25 aprile - e tutta la sala rimane in un silenzio rispettoso, commovente. Concludono con "A New Start", che più bella non si può, seguono parecchi minuti di applausi.
Quindi: dev'esserci un ottimo motivo, un'esigenza, per spingere qualcuno a organizzare una giornata così. Questo poi si traduce in sorrisi a trentadue denti, persone che partono da molto lontano pur di esserci, macchie di senape che si sommano a quelle d'erba, la luce del pomeriggio scontornata da tante teste che ondeggiano e si sommano creando strani abbracci, i mojiti che rendono i discorsi intermittenti, soprattutto verso sera. E le band sono tutte contente nonostante sia saltata più volte la corrente. Si sta bene in situazioni del genere. Ce ne vorrebbero di più, anno dopo anno. Un ottima festa, davvero. Vi consiglio di non perdere la prossima edizione.
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L'articolo Handmade Festival #4 - Guastalla (RE) di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2010-05-01 00:00:00
COMMENTI (1)
Grande Sandro, bel resoconto!
Tra qualche anno ci porto mio figlio... :)