(Foto di Gerardina D'Errico)
Paolo Benvegnù era uno dei tanti nomi attesi presenti nel cartellone. La nostra Ilaria Montagni gli ha chiesto un passaggio in furgone e ha condiviso con lui il viaggio Prato-Roma. Ci descrive la giornata: dall'arrivo al Parco Rosati fino al termine della sua esibizione. Un diario interessante, ricco di appunti, di idee e di impressioni a caldo. Ecco cosa ne pensa Paolo del primo festival Rockit a Roma.
[18:30, Roma] Un furgoncino bianco approda a Piazza Barcellona. Paolo Benvegnù, i suoi quattro musicisti e una caterva di strumenti musicali, microfoni e valigie. Un patrimonio su quattro ruote.
Paolo ha paura di essere in ritardo. "È già iniziato? Che mi sono perso qualcuno? Cavolo, voglio sentire tutti". E allora prende e fa la spola tra i due palchi de Il Sorpasso. "Io Toti Poeta lo conosco! È troppo simpatico. Una persona umanamente eccezionale. Come le cose che fa". Ma Benvegnù ha una buona parola per tutti, mi dice: "Che ci fai qui a seguire noi? Vai a sentirti Dente o Le Luci della Città Elettrica. Bella musica. E poi quei ganzi dei The Zen Circus!"
Si accende una sigaretta, beve un succo di frutta e dispensa sorrisi per i flash dei fan. Eppure si sminuisce in continuazione. "Gli emergenti? Sono mille volte più bravi di me. Non è che mi butto giù: sono semplicemente realista. Guarda qua che roba. Vedi, io sono un contemplatore. Cioè, mi piace fare il mio tour, suonare da solo con i miei ragazzi, ma è bello essere in un festival del genere. È un'occasione per conoscere altri artisti e imparare. A volte pum! rimango stordito dalla bravura di certa gente."
E tu rimani colpito dalla gentilezza di una persona che ti sorride ogni volta che incrocia il tuo sguardo. Che ti apre la porta per farti passare. Un "uomo dell'800", come lui stesso si definisce. Che ti fa il baciamano. Che ride di gusto agli scherzi della sua famiglia di musicisti. "Sai, fondamentalmente non ho mai avuto una famiglia così unita. Quella anagrafica si è sfaldata venticinque anni fa, ma io con questi ragazzi sono proprio felice. Si può sempre imparare a suonare e poi migliorarsi. Prima di tutto, però, bisogna trovarsi bene insieme. Con voi toscanacci ho un feeling particolare perché in voi non c'è nessuna dietrologia. Avete una cosa da dire? La dite e basta. Ecco perché da cinque anni sto a Prato".
E in effetti non si può che star bene con i musicisti - tre aretini e un pratese - di Paolo. Durante la cena nella veranda del backstage sono i più casinari. Scherzi telefonici, amarcord dei concerti passati, chiacchiere col manager Lorenzo Bedini. E tanta voglia di suonare. "Dio bono! Guarda che palco!" E allora chi se ne frega del freddo. Un piatto di pasta e via, a scaricare il furgoncino. Il palco diventa una fabbrica. I musicisti degli operai. Su e giù con pesi da Maciste. Paolo che non si tira indietro. "Dovrei lavorare di più. Una star io? Quella del brodo semmai..."
[22:00] Manca poco all'inizio della performance, ma Paolo non si trattiene dal dispensare perle di saggezza. "Questo è il palco delle Vite Violente. Quale vita non è violenta? La nascita è già cruenta di per sé. Eppure vale troppo la pena. Se ci pensi, c'è una fase della vita in cui cerchiamo di ritornare lì, dove sei nato. Dai, non essere maliziosa, intendo a quel periodo in cui ottieni amore e carezze incondizionatamente. Ma tutto migliora quando ti svincoli da questa ricerca e lasci andare. Non ti poni obiettivi e non cerchi per forza di raggiungere una certa posizione. Noi siamo dei privilegiati perché quello che facciamo ha più riscontro tra la gente, ma se ci pensi non è molto diverso da quello che fa un restauratore con il suo mobile antico. La passione è la stessa. È nel momento in cui creo che provo le gioie e i dolori più grandi, proprio come un restauratore che suona il suo mobile."
[23:35]. Arriva il momento di suonare. Adrenalina a mille. Energia a profusione. Il cuore nello stomaco per tutta l'ora del concerto. Che si prolunga con quattro unplugged sotto il palco, in mezzo ai fan che sanno a memoria ogni pezzo e si godono questa piccola, preziosa performance. Vocalizzi, strumenti a corde dei musicisti e la voce di Paolo che si fonde con quella dei fan. "Sai, nella vita si fanno delle scelte. Esiste certo l'imponderabile. Ma io ho scelto di fare questo. Di essere qui oggi. Di scendere dal palco e cantare con gli altri. Oggi, bè... l'ho proprio sentita."
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L'articolo Paolo Benvegnù - Ho scelto di essere qui, oggi di ilariabu è apparso su Rockit.it il 2008-10-20 00:00:00
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