“In Italia sta succedendo quello che era accaduto in Francia alla fine degli anni ’90, una vera e propria onda di nuovi artisti musicali interessanti e di talento”. Parole di Laurent “Branco” Brancowitz dei Phoenix (con trascorsi anche nei Daft Punk), che qualche tempo fa spiegava così il grande interesse della sua band per la scena musicale indipendente italiana, con cui negli ultimi anni si sono moltiplicate le collaborazioni.
Domenica 26 maggio questa liasion – da cui a sua volta è iniziato un movimento sempre crescente di interesse del pubblico francese per i suoni e gli artisti di casa nostra – troverà il suo più alto momento di celebrazionesul palco di MI AMI. Nella serata più internazionale del festival, infatti, si esibiranno i Phoenix, tra le band più importanti a essere transitate sul palco della rassegna milanese, che compie oggi 18 anni di vita.
Insomma, un momento che fa la storia. Per aiutarci a capirne la portata, abbiamo chiesto una mano ad Aureliano Tonet, un’altra persona che a questa nuova wave tricolare oltre le Alpi sta concorrendo parecchio. Giornalista di Le Monde, la più autorevole testata francese, da anni racconta la nuova musica italiana (con grande attenzione a sperimentazione e scene alternative) ai lettori transalpini, con decine di profili di artisti, interviste e recensioni. Il suo è un lavoro di divulgazione enorme, che ha creato attenzione attorno al movimento e che ha portato ottimi frutti, come dimostrano il successo di artisti come Andrea Laszlo De Simone (sulla scia di una serie di artisti piemontesi qua amatissimi, da Paolo Conte a Gianmaria Testa) o Giorgio Poi, per non parlare dei recenti exploit di Calcutta e Mahmood, capaci di esibirsi in un luogo sacro come l’Olympia di Parigi, o la creazione di eventi dedicati interamente alla musica italiana.
“Che stia succedendo qualcosa è evidente” spiega Tonet. "Questo vale sia per il mainstream che per le realtà più di nicchia, indipendenti. Mahmood ha fatto un pezzo con Angèle, belga ma francofona, e ha mandato sold out l’Olympia. Mi ricordo che una decina d’anni fa circa, quando Battiato venne a suonare lì, la sala non era piena. Oggi esiste un pubblico, anche live, cosa affatto scontata. Francesi, non italiani residenti all’estero, di venti, trenta o quarant’anni, che pagano un biglietto. A Parigi, ma anche Marsiglia o Strasburgo”.
I nomi nei radar sono molti. “Madame e Annalisa sono molto interessate al mercato francese. E poi ci sono cose più piccoline, ma molto creative, come i Crimi o Fitness Forever, il progetto del tastierista di Calcutta, che ha fatto un gran bel pezzo con Vincent Mougel aka Kidsaredead. Anche i Baustelle piacciono molto, sarà perché tra toscani e francesi ci sono molti tratti in comune nella scrittura”.
Tutto va fatto risalire ai Phoenix. E, anche se lui non lo ammetterebbe mai, a un articolo che Aureliano ha scritto su Le Monde. “Avevo giocato a creare una formazione di calcio dei nuovi giovani talenti musicali italiani, con tanto di posizioni in campo. Credo fosse il 2016. I Phoenix, che io conoscevo bene, mi scrissero perché molto colpiti dalla cosa. Mi dissero che avrebbero approfondito la cosa. Tutti per i motivi più vari (un po’ come ogni francese, d’altra parte) hanno legami con l’Italia, i fratelli Mazzalai, colonne della band, hanno genitori italiani".
Che a un certo punto decisero di sublimare in un album come Ti amo, uscito nel 2017, una dichiarazione d’amore al Paese confinante e alla sua storia musicale. “Partiamo dal dire che i Phoenix sono una banda importantissima per la storia musicale francese: rappresentano il lato più rock della French Touch. Sono fondamentali tanto quanto i Daft Punk (l’anima elettronica) e gli Air (il pop). Le loro influenze sono larghissime, hanno svariato molte in una carriera iniziata a inizio anni ’90, ma la matrice di quel che fanno è sempre stata e rimane indie rock”.
La cosiddetta French Touch – e torniamo al discorso iniziale di Branco, e al parallelo con l’Italia – è stata un'autentica primavera per la musica francese. “Noi francesi abbiamo sempre fatto tanta fatica a varcare i confini con il nostro suono, negli anni ’60, ’70, ’80 praticamente non avveniva mai. E quando avveniva era per versioni un po’ stereotipare di noi stessi, come nel caso di Johnny Hallyday, pseudonimo di Jean-Philippe Léo Sme, rocker avvezzo ai cliché. Lo stesso Gainsbourg è diventato famoso in realtà per una canzone o poco più. I gruppi della French Touch negli anni ’90 hanno cambiato tutto: si sono imposti nel mondo, hanno preso le chart anglosassoni, fatto girare le loro hit ovunque. E questo con un suono nostro e riconoscibile. Hanno cambiato l’idea che avevano di noi all’estero, e quella che noi avevamo delle nostre possibilità”.
I Phoenix in tutto questo sono stati dei precursori, in maniera quasi naturale. “Sono sempre stati visti come una ‘band europea’, anche quando non andava di moda. Perché lo erano. E ci hanno sempre giocato. Thomas, il cantante, è metà tedesco, mentre c’è una componente italiana forte come detto. Da un lato rimandavano, anche esplicitamente, a Mozart, a Bach, a Liszt, a quella tradizione mitteleuropea, dall’altra alla tradizione italiana di Battisti, di Battiato, di Celentano e di Mina o Patty Pravo. Che, anche se pare strano, in Francia prima era abbastanza sconosciuta”.
Ti amo portava tutto questo su un altro livello, anche grazie a una serie di videoclip (ma forse bastavano i titoli di pezzi come Tuttifrutti, Fior di Latte, Via Veneto) con immagini girate in Italia, che giocano sugli stereotipi della Dolce Vita. Ma non era solo un disco, era l’inizio di un nuovo progetto che abbracciava l’Italia e la sua musica “d’avanguardia”. “A inizio 2018 i Phoenix fecero una serie di concerti per la promo del disco a La Gaîté Lyrique di Parigi”, ricorda Tonet. “Ad aprire vollero tutta la nuova scena italiana: suonarono lì, e furono molto apprezzati, Giorgio Poi, Coma Cose e Pop X. Il rapporto è nato da lì, e non si è più interrotto”.
Anzi, ha ‘figliato’ parecchio. Se è vero che in un recente pezzo di Rob, artista del giro dei Phoenix da tanti anni, Haute Season, appare il feat. (in italiano) di Giorgio Poi. Che è anche la voce del Coro che apre l’ultimo disco di Calcutta, Relax, assieme a Laurent Brancowitz dei Phoenix. Tra i produttori principali del disco c’è Myd, legato alla french touch e a quel mondo cui Edoardo dimostra di essere indissolubilmente legato. E l’applauso finale di quel folle e geniale brano, invece?
È, tra gli altri, di Aureliano Tonet. Proprio lui, il giornalista di Le Monde. “Con Edo ci conosciamo da tanti anni perché ho scritto su di lui. Ero a Bologna per lavoro e mi ha chiamato in studio da Suri per sentire il disco, c’erano anche Myd e Didier, un altro amico artista francese. Alla fine dell’ascolto è scattato un applauso, che lui ha tenuto. Era un applauso sincero, e suggella questa amicizia musicale italo-francese che per me è una cosa davvero bella”.
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L'articolo "I Phoenix hanno cambiato la musica francese (e pure un po' quella italiana)" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-05-23 15:25:00
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