Venerus è avvolto dal buio quando si affaccia sul palco dell'Auditorium San Fedele di Milano. Su di lui solo un faro blu, dalla luce tenue, che più che illuminarlo ne delinea le forme del corpo, seduto ad uno sgabello. Sembra particolarmente emozionato di presentare il suo nuovo disco, Il Segreto, in questo luogo meneghino a cui dice di essere molto legato, per il coraggio con cui promuove cultura e musica. Il set sarà acustico, cinque elementi, per regalare una veste inedita di una manciata di canzoni che "teoricamente ancora non esistono".
Venerus sembra cambiato, ripulito da quell'aura hippie e mistica con cui aveva incantato il MI AMI dello scorso anno. Nessun copricapo o svolazzo etereo, in maglia bianca si appoggia al pianoforte, inizia Istruzioni, ballata intimissima cantata con un sussurro. La band può finalmente salire sul palco. Una batteria ridotta ai minimi termini, basso acustico, percussioni, cavaco, il campanello di una bici e una rotazione di chitarre classiche. Sentito così Il Segreto è una bomba, c'è poco da girarci intorno. Tutto sembra essere messo al suo posto, dai riff che si intersecano alle strofe, alla disposizione della band, tutti in fila, tutti composti e solidi, al servizio della nuova musica di Vinnie.
Il pubblico ascolta, attentissimo, l'occasione è meno mondana del previsto, è un vero omaggio alla musica, che per Venerus rimane sempre e comunque magica, ma di una magia più concreta. In questo rito laico scorrono canzoni semplici, forse semplificate dal proprio autore, scritte e suonate in compagnia, influenzate dal senso ecumenico del pop rock americano della fine degli anni '60. Per questo i testi arrivano più immediati, arriva più immediata la loro debolezza, a tratti la comodità con cui sono scritti, frutto di pigrizia, o forse di estrema sincerità. Il tuo cane è l'esempio perfetto di questo spiazzamento, perchè balla sul crinale tra la tenerezza e il cringe, mentre l'urgenza viene impressa realmente sulle corde degli strumenti, e un falsetto à la Radiohead campeggia sul ritornello, uno dei più belli del disco.
Il Segreto è un netto passo avanti per Venerus, che in quell'aura hippie di cui sopra poteva rimanere incastrato, tra estasi angeliche e trascendenze poco comprensibili. Il suono del disco, registrato in presa diretta – per fortuna – non esalta come la sua versione acustica ascoltata all'auditorium, forte di un'energia folk artigianale davvero speciale, ma va in una direzione che suona come una metamorfosi per nulla scontata per un cantante pop affermato. Si tratta in qualche modo della terza fase della musica di un artista che sta cercando la maturità forse troppo presto, ma che per fortuna non si accontenta di ciò che ha appena suonato.
E non accontentarsi è un grande rischio produttivo, perchè in questo nuovo lavoro non ci sono grandi singoli da trasmettere in radio, non c'è lo slancio estivo che potrebbe suggerire la data d'uscita. Risuona una malinconia fertile, come quella di Binari, dove la penna di Thom Yorke è tornata ad aiutare la composizione, in un'atmosfera quasi natalizia, dove fa capolino un momento di piano solo, turbato dall'arrivo di clarinetti, falsetti, chitarre e percussioni, per una parentesi di caos contenuto che avrebbe fatto esaltare qualunque regista crepuscolare americano degli anni '80. Inquadrature di neve urbana, "Te ne sei andata su quel treno/ Con direzione tuo futuro".
Una grande qualità della metamorfosi messa in scena da Venerus ne Il Segreto, è il cambio di forme e formule molto naturale e genuino che accompagna lo scorrere delle dieci tracce. Resta qui, singolo uscito alla fine dello scorso anno, e passato quasi inosservato proprio perchè non sembrava figlio di quel personaggio che conoscevamo, ha un piglio funk rock ben studiato, ma è preceduto e seguito da due filastrocche musicate, di tutt'altra atmosfera. Ed è proprio Fantasia, la traccia finale, a rimanere impressa nell'aria con maggior forza, nel fondere la pace disperata di Piazza Grande e atmosfere della Sirenetta di Walt Disney.
Se crescere significa mettere da parte idiosincrasie e fissazioni, se significa mettere in primo piano la musica senza caricarsi addosso eccessivamente pose che non ci si addicono, Venerus sta provando a crescere con tutta l'onestà possibile. Il tragitto non è semplice, soprattutto per uno che ha strumenti tecnici, e di conseguenza possibili scorciatoie, di questo livello, ma solo il fatto di tentare di intraprenderlo, in un pop così pieno di ego tronfi e insaziabili, è notevole. Gli angoli da smussare ci sono e Il Segreto li mette in evidenza, quando il suono e la delizia che produce non trova la stessa qualità nelle soluzioni liriche non ancora all'altezza. Ma questo bagno americano di Venerus va ascoltato a più riprese, per sentire il suono del superamento.
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L'articolo "Il Segreto" di Venerus ha il suono del superamento di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2023-06-08 11:05:00
COMMENTI (1)
Oggi si fa presto a incensare artisti che hanno sicuramente chili di talento e uno di questi, non lo nego, è Venerus. Tuttavia una volta la critica non era così generosa e si trovavano un sacco di peli nell'uovo. O di come ascoltando a più riprese questo album, ho sentito aleggiare il Nulla, certificato e certificabile: le canzoni completamente assenti, i testi molto ben fatti, ma al servizio di musiche liquide, evanescenti, ma si sa, è Venerus, un artista affermato recita questo articolo anche se io non ho in mente una o più canzoni che si ricordino a livello popolare nella sua storia fino ad oggi. Per puro caso ho ascoltato l'ultimo disco di Aiello che ovviamente non ha recensioni sul web se non quelle spazzatura di quei siti copia e incolla e di cui voi non parlate perché non rientrerebbe nel "target". Ebbene al contrario del disco di Venerus, ho ascoltato delle vere canzoni, magari derivative e soprattutto con testi spesso puerili, ma la voce viene fuori alla grande, le melodie sono spesso memorabili (mi piace molto, mi ami o no) e vi invito a fare un test con l'ultima canzone del disco che si chiama "libero solo al pianoforte". Me la sono immaginata cantata da Venerus magari meno urlata. Sono sicuro che se l'avesse fatta proprio Venerus, sarebbe stata segnalata al di sopra delle altre in questo articolo, dove riconosco almeno si scrive che le canzoni non appaiono, o insomma è quello il concetto.
Ognuno abbiamo il nostro modo di percepire la musica ma vi invito a una maggiore immaginazione e coraggio, anche perché in questo modo ce la mettete anche voi a convincere un potenziale numero uno del pop italiano a credere di essere il nuovo Bacarach. Gli artisti una volta crescevano molto, basti pensare ai tanti percorsi artistici di Battiato, Venditti o immaginate un De Andrè passato dalla canzone francese alla world music. Non li aiutate per nulla e lo scrivo perché sono davvero convinto che Venerus sia un enorme talento. E lo ripeto senza remore, ascoltare il suo nuovo album è stato come attraversare il nulla, certificato e certificabile. Cheers!