Improvvisazione d'esportazione

Siamo stati al Cafe Oto di Londra - in occasione del festival itinerante Suono Grasso - per incontrare tre artiste straordinarie: Marta Salogni, Silvia Tarozzi e Valeria Sturba, polistrumentiste. E farle parlare tra loro di scintille e creatività

Valeria Sturba, Silvia Tarozzi e Marta Salogni, foto di Dimitri Djuric
Valeria Sturba, Silvia Tarozzi e Marta Salogni, foto di Dimitri Djuric

Suono Grasso è un festival itinerante di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna e ATER Fondazione, in collaborazione con il festival AngelicA, la cui prima tappa si è tenuta a Londra il 4 e 5 ottobre. Una serie di eventi internazionali per promuovere i musicisti dell'Emilia Romagna che ha visto sul palco del Cafè OTO della capitale inglese il 4 ottobre Silvia Tarozzi che, con band al completo ha presentato Mi Specchio e Rifletto, Francesco Serra/Trees Of Mint, Roberto Paci Dalò e il 5 ottobre Stefano Pilia + Alessandra Novaga + Adrian Utley, Marta Salogni + Silvia Tarozzi + Valeria Sturba e Roberto Paci Dalò + Scanner, per un programma ricco di sperimentazione e arte sonora.

Suono Grasso si propone di visitare il maggior numero possibile di città, scene e tipi di musica, organizzando piccoli e grandi eventi fuori dall'Italia per sostenere la scena regionale emiliano-romagnola. Suono Grasso (Fat Sound in inglese, come il tipico suono degli anni ‘80, ma anche un riferimento alla leggendaria agricoltura fertile e alla ricca cucina della regione) è abbondante come la musica della regione stessa, e comprende una rete in continua crescita di decine di musicisti, produttori e festival.

Abbiamo incontrato per la data londinese Marta Salogni, producer e tape artist di base a Londra che ha suonato le sue macchine insieme a Silvia Tarozzi, violinista e cantante, autrice dello splendido album Mi specchio e rifletto, e alla polistrumentista Valeria Sturba, in un inedito trio improvvisato. Una chiacchierata davvero interessante per un progetto tanto estemporaneo quanto ispirato.

Valeria Sturba, Silvia Tarozzi e Marta Salogni,  foto di Dimitri Djuric
Valeria Sturba, Silvia Tarozzi e Marta Salogni, foto di Dimitri Djuric

Com'è nato questo trio estemporaneo?

- Il trio è nato da una proposta dell'ufficio export di Emilia-Romagna Music Commission che nell'ambito di questo primo evento londinese Suono Grasso ha proposto di fare incontrare alcune musiciste bolognesi con Marta Salogni che di base lavora a Londra. L'occasione è quella di un concerto che fosse anche un incontro tra musiciste che non avevano mai lavorato insieme.

Qual è la formazione che presentate questa sera?

- Marta Salogni alle tape, tre macchine a nastro, Silvia Tarozzi a violino, voce, varie ed eventuali, Valeria Sturba a violino, voce, varie ed eventuali. 

La scelta degli strumenti com'è avvenuta?

ST: Siamo polistrumentiste però Valeria ed io siamo entrambe violiniste e usiamo la voce, Valeria suon anche il theremin ha proposto di usare qualcosa di più simmetrico.

VS: Sì, mi piaceva la specularità dei violini e le voci processate. 

MS: Le macchine sono uno specchio di quello che succederà tra Silvia e Valeria, che riflette le sonorità. È una collaborazione che tocca diversi aspetti: quello della memoria, il duetto con sé stessi, il concetto di improvvisazione con altre artiste e con le macchine, che hanno il loro carattere. Tutto ciò che si immette nelle macchine non esce al 100% come è stato immesso. C'è una percentuale di varie ed eventuali! (ridono NdR). C'è una casualità che mi sorprende sempre, una novità di cui non mi annoio mai ed è un canale che mi conduce a conoscere artisti, a collaborare sul palco in maniera molto spontanea.

Marta Salogni, foto di Dimitri Djuric
Marta Salogni, foto di Dimitri Djuric

Qual è il vostro rapporto col concetto di improvvisazione?

MS: Stasera è un'improvvisazione, noi ci siamo sedute mezz'ora fa, Silvia ha portato una proposta di visual score che attraverso delle immagini ci aiuterà nella narrazione di questo arco dinamico della performance. Per me l'improvvisazione porta all'ascolto più accentuato tra gli artisti con cui si suona, rispetto molto questa tecnica, non è soltanto portare il proprio repertorio sul palco ma è l'agganciarsi con tutti gli artisti coinvolti a sé stessi e scoprire qualcosa di nuovo.

ST: Come strumentista di formazione classica, l'improvvisazione non fa parte dei miei studi, è qualcosa che ho dovuto cercare, ed è interessante perché l'improvvisazione è il terreno base per la musica tradizionale. Cercare l'improvvisazione per chi ha il mio background significa cercare uno spazio espressivo di libertà che permette di creare una campo neutro di gioco in cui incontrare gli altri e sorprendersi insieme, ma anche uscire dagli stili. 

VS: Da musicista classica, l'improvvisazione è stata la mia salvezza, questo approccio mi ha aiutato tantissimo a uscire dagli schemi, mi riconosco nelle parole di Marta e Silvia. È interessante ritrovarsi in una situazione in cui non si sa cosa succede neanche 10 secondi dopo. Non esiste l'errore, è tutto aperto e libero. È importante ascoltarsi e stare dentro al flusso.

Viola Sturba, foto di Dimitri Djuric
Viola Sturba, foto di Dimitri Djuric

Che cosa ammirate l'una della musica dell'altra?

MS: A me è piaciuto moltissimo lo scorso disco di Silvia, Mi specchio rifletto, un amico me l'ha fatto conoscere e appena l'ho ascoltato me ne sono innamorata. Ho aspettato per l'occasione di vedere Silvia dal vivo e quando ho avuto l'onore di curare il festival Transmission a Ravenna, è stato uno dei primi nomi che ho messo in lista. Stasera suoniamo insieme e mi sembra qualcosa di naturale e spontaneo ma anche di fortunato. 

ST: Di Valeria conosco il lavoro da un po' di anni e la stimo molto. Quando si è trattato di tradurre live la musica dell'album è stata la prima persona che mi è venuta in mente. Sia perché è proprio brava, e poi perché è eclettica. Avendo studiato violino al conservatorio so bene cosa significa arrivare a suonare il theremin, cantare, fare la ricerca sull'elettronica e a mantenere anche una modalità giocosa. Quando è arrivata la proposta di fare un incontro con Marta qui a Londra, ho pensato a Valeria. Ora è tutta una scoperta, l'idea dei nastri mi piace tantissimo e sono sicura che parte della mia ricerca sonora provenga dall'ascolto dei nastri delle cassette: tutto ciò che viaggia in leggera distorsione microtonale e di tempo mi  sempre piaciuta tantissimo.

VS: Anche a me interessa molto questo trio che scopriremo stasera. Marta non la conoscevo fino a oggi pomeriggio ma già dal soundcheck mi è piaciuta tantissimo, Silvia la conoscevo come violinista, ho sempre amato la sua ricerca timbrica, la prima volta rimasi impressionata, poi l'ho scoperta anche come cantante, quando abbiamo iniziato a collaborare. C'è questa semplicità emozionante che mi tocca tanto. Da quando sono con Silvia, penso di avere capito anche tante cose di me che non sapevo, pur piacendomi l'elettronica spesso mi ci sono nascosta dietro e invece il fatto di vedere Silvia con voce e violino mi ha fatto venir voglia di sperimentare sulla mia nudità musicale.

Silvia Tarozzi, foto di Dimitri Djuric
Silvia Tarozzi, foto di Dimitri Djuric

Quali sono le differenze che avete riscontrato tra suonare in Italia e all'estero?

ST: Non c'è differenza in termini di pubblico, sono le opportunità che cambiano. Quando si esce dal mainstream, dall'elettronica pura o da un circuito assodato, in Italia fai proprio fatica a suonare in Italia, nella mia esperienza invece avere la possibilità di spostarsi geograficamente significa lavorare. Ci sono più spazi messi a disposizione, persone più appassionate nel prendersi l'onere di organizzare le cose, che è sempre un rischio. 

VS: Ogni posto è diverso, ho suonato in Europa, adesso siamo a Londra, sono stata in California, in Cile, contesti completamente diversi, ogni posto ha la propria particolarità, anche il pubblico cambia da serata a serata, non saprei fare un paragone così specifico. Posso solo dire che a volte è più difficile da raggiungere Reggio Calabria da Bologna che venire a Londra. 

Essere una producer italiana dopo la Brexit, hai notato differenze Marta?

MS: Sì, a parte l'arrabbiatura devastante dell'ignoranza della Brexit, sta rendendo difficile diversi settori per quanto riguarda per esempio la produzione del vinile, l'import delle materie prime, andare in tour. Per me come produttrice non è cambiato troppo, non ho dovuto giurare al Re, mi sono sempre rifiutata di avere la cittadinanza per quel motivo, ma non posso votare al referendum e adesso, ancor di più, ci saranno degli ostacoli per il mio coinvolgimento da non cittadina del Regno Unito, per partecipare a livello politico, nonostante sia residente qui. Che poi è cambiato tutto ma non è cambiato niente. C'è una spada di Damocle sulla testa, di qualcosa che non è successo veramente ma che non sappiamo neanche se succederà, dopo tante cose che sarebbero dovute cambiare e non sono ancora cambiate. A parte le file molto più lunghe alla dogana.

Marta Salogni e Silvia Tarozzi, foto di Dimitri Djuric
Marta Salogni e Silvia Tarozzi, foto di Dimitri Djuric

Torneresti mai in Italia a lavorare?

MS: Certo. Lavorerei in Italia con piacere ma sempre rimanendo qua, il mio cuore è in Italia tanto quanto è qui. Vorrei avere delle occasioni per collaborare con artisti e artiste italiane un po' di più. Sto pensando spesso di avere uno studio anche in Italia. 

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L'articolo Improvvisazione d'esportazione di Redazione è apparso su Rockit.it il 2022-11-08 10:14:00

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