Il 29 novembre, poco dopo le 9 di mattina, la redazione pugliese dell'Ansa batte questa notizia. "Ha attraccato al porto di Brindisi la nave Ocean Viking per lo sbarco di 48 persone, tra cui 44 minori non accompagnati, soccorse nei giorni scorsi in acque internazionali nel Mar Mediterraneo. All'arrivo a Brindisi i migranti sono stati accolti dal servizio di accoglienza coordinato dalla Prefettura. La nave della ong Sos Mediterranee, inizialmente era diretta a Ravenna, ma poi è stata cambiata la destinazione a causa di un peggioramento delle condizioni meteo".
Quasi non suona più come una notizia, anche se le vite salvate (e ahinoi ancora di più quelle perdute) dovrebbero esserlo sempre. Di certo quel viaggio verso un porto sicuro ha rappresentato qualcosa di importante per una persona che si trovava a bordo della barca, assieme alle 48 persone tratte in salvo. Si tratta di Kento, rapper e scrittore di Reggio Calabria con all’attivo 3 libri, 10 dischi e più di mille concerti. Da sempre impegnato nel sociale, da oltre 10 anni tiene laboratori di scrittura in carceri, scuole e comunità di recupero. Questa volta ha deciso di partire sulla Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee che da anni contribuisce a rendere meno brutale l'inaccettabile conta delle morti in mare.
Kento ha raccontato questa esperienza a Rockit.
Quante volte nella vita ti può capitare di fare un concerto sulla Ocean Viking, di fronte a persone appena salvate da morte certa, e urlare insieme a loro la meraviglia e la gioia di essere vivi insieme? Ormai non è poco tempo che faccio musica e, se guardo indietro, sono più di mille i live che ho sulle spalle. Dal centro sociale al locale fashion, dalla dancehall estiva a, perfino, qualche incursione nei palazzetti. Eppure questo tipo di emozione purissima e primordiale, ve lo giuro, non l’avevo mai provato e difficilmente lo proverò in futuro. Di fronte a me 48 ragazzi, quasi tutti minorenni, che la Viking aveva salvato un paio di giorni prima da un gommone alla deriva a Nord della Libia, praticamente distrutto. Dal mezzo veloce su cui mi trovavo durante l’operazione di soccorso, li vedevo tutti calmi e tranquilli e non riuscivo a capirne il perché. È stato solo il giorno dopo che uno di loro me lo ha spiegato: avevano perso ogni speranza e, quietamente, si erano rassegnati alla morte. Aspettavano solo che la barchetta affondasse e che il Mediterraneo si chiudesse su di loro.
E invece, passano 48 ore, ed eccoli a cantare, a ballare, a ridere e piangere, a gridare insieme a me nella splendida lingua universale di chi fa musica. A quel concerto siamo nati insieme, sia io che loro… e sinceramente le parole per descrivervelo meglio di così ancora le devo riuscire a trovare.
Prima di quella serata, ci sono stati giorni e giorni di addestramenti, esercitazioni, prove teoriche. Tutto deve funzionare perfettamente. E, durante il salvataggio, tutto ha funzionato. Perfino quando si è palesata, a forte velocità, una motovedetta libica: uno dei mezzi forniti dall’Italia nell’ottica dei famigerati accordi bilaterali, che ha dovuto fare il suo show di ridicola e grottesca intimidazione.
Una volta che i ragazzi sono a bordo, si parte. Volente o nolente, la nave di SOS Mediterranee si deve adeguare al decreto Piantedosi: interrompere immediatamente i salvataggi dopo il primo soccorso e dirigersi subito verso il porto sicuro, che in questo caso era stato individuato a Ravenna, il che significa più di 3.000 km tra andata e ritorno dal centro del Mediterraneo. Per fortuna, dopo numerosi solleciti, siamo riusciti a far sbarcare i ragazzi a Brindisi, dove speriamo che trovino un po’ di buona sorte, per la prima volta nella loro vita. Pur essendo così giovani, molti mi hanno raccontato di aver addirittura passato anni nell’inferno libico, il che significa che ci sono arrivati da bambini, partendo dall’Africa sub-sahariana. Qualcuno di loro è stato anche prigioniero in Libia, nelle condizioni che tutti conosciamo o, almeno, dovremmo conoscere.
Io sono ancora sulla nave, dove ormai la musica tace, e tutti sono indaffarati a pulire e sistemare, perché già si sta tornando verso Sud, verso una nuova missione di salvataggio. Quei 48 sono ormai lontani, e probabilmente non ci vedremo mai più. Ma, in una notte di luna e mare, la musica ci ha fatti fratelli.
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L'articolo "In una notte di luna e mare, la musica ci ha fatti fratelli": Kento racconta il viaggio sulla Ocean Viking di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-12-02 17:40:00
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