Abbiamo incontrato Jake la Furia in un caldissimo pomeriggio milanese di metà giugno, in Sony, con il vinile del suo ultimo disco, Ferro del mestiere, appena arrivato e appoggiato sul divanetto. Abbiamo parlato di queste sue venti primavere passate a rappare, e non solo, si è parlato di certe sue passioni che non muoiono mai, ma che magari si modificano nel tempo, come le moto o i serpenti. Abbiamo parlato di amicizie, di ricordi e del tempo che passa, inesorabile e per tutti, anche per i rapper.
L'intro del terzo disco di Jake la Furia è proprio un ritorno alla sua maniera, inconfondibile: Io ho passato venti primavere a fare musica per prevalere, per uscire ricco dal quartiere e diventare forte nel mestiere, ma il disco, dieci tracce più l'intro, poi si svela più malinconico, cupo e meno goliardico del solito.
"Questo è un disco più street, più serio, proprio più rap", spiega Jake. "Perché ho visto che quelle cose più simpa che magari sono piaciute tantissimo alla gente, a me poi con il tempo sono risultate fatte male, per cui le ho lasciate fuori da questo disco dove ho preferito fare cose più dark, un po' più introspettive, anche molto tamarre, però senza quella vena ironica".
Solo nel brano con Emis Killa c'è quella vena lì, con lui ormai la sintonia è collaudata. "Con Emis siamo come Franco e Ciccio, e posso dirti che questo disco è un po' il seguito di 17, viene dal quel filone lì, rimane più o meno su quella linea lì; forse ci sono delle sonorità un po' meno tamarre in alcuni brani, però sicuramente viene da quella deriva rap, per cui il pezzo Yeah è un po' la naturale continuazione di Broken Language, che è uno dei pezzi di 17 da cui tutti si aspettavano meno, ma che alla fine è stato uno di quelli che ha dato più soddisfazione in assoluto. È addirittura un disco d'oro quel pezzo lì, ed è una cosa incredibile perché é senza ritornelli. Comunque, avendo scritto tutto un disco insieme diventava una roba pesante fare una canzone di concetto e abbiamo scelto di proseguire su quello stile".
Ferro del mestiere è lontano anni luce da Fuori da qui, secondo album in studio di Jake, mentre riprende molte cose dal suo primo disco, Musica Commerciale.
"Ferro del mestiere è diverso da Fuori da qui, ma Fuori da qui è molto diverso da tutto", spiega Jake. "Forse troppo diverso e infatti m'hanno pisciato tutti (ride, ndr); per questo disco sono partito da Musica Commerciale, cosciente dei difetti e dei pregi che aveva quel disco. Ho cercato di tenerne i pregi, e anzi migliorare ancora, e aggiustarne i difetti, come appunto i pezzi simpa che non ho voluto fare. Pezzi che alla fine erano stati chiusi di fretta solo perché dovevano esserci, ho deciso di non inserirli. Ho lavorato moltissimo e infatti questo disco è uno di due, arriverà anche la parte due".
E questo è lo spoiler.
Quindi malinconia, voglia esplicita di un po' di passato, nei testi o nel sound. Tante collaborazioni per raccontare momenti diversi e storie diverse, ma sempre vissute in prima persona, scegliendo chi potesse rappresentarle al meglio queste storie. Con Mace e Inoki, La cosa giusta è un vero inno agli anni '90 e a Milano. "Se ti piace quella roba lì il pezzo è stupendo, è proprio un tributo all'hip hop nineties", continua Jake con gli occhi che quasi brillano.
"E poi ho rifatto Weekend degli 883! Max è un amico, abbiamo anche la stessa passione per le moto, insomma è un grande e poi è sempre gentilissimo, mi ha detto subito sì quando gli ho chiesto se potevo rifare anche Weekend, visto che gli avevo messo pure il Milan ne Gli anni, sai com'è, e invece mi ha detto sì. Weekend è la mia canzone preferita di sempre degli 883, e anche questa è un po' malinconica. Perché alla fine, diciamoci la verità, le canzoni tristi sono le più belle, a me piacciono di più, o comunque io ho sempre avuto una parte cupa, un animo dark, forse in fondo sono un po' emo".
Parlando del pezzo prodotto da Don Joe Indiani e Cowboy, non gli ho chiesto volutamente nulla su un'ipotetica reunion dei Club Dogo, magari l'anno prossimo per i vent'anni di Mi fist, perché nel pezzo ho apprezzato la citazione di una rima di Gué di un brano di Dogocrazia, assolutamente ragionata e calcolata, messa lì come un cameo olografico. E poi perché mi è parso che sia più la gente a volerla e sognarla questa reunion, io compresa, che i Dogo.
A loro accenniamo quando gli chiedo di spiegarmi il significato della pistola fumante sulla copertina del suo disco: "Questo è un disco rap, e il rap ha anche quell'immaginario lì, droga, collane, grossi orologi, soldi, donne, pistole; il rap è fatto da gente incappucciata che fa le rapine, non lo puoi snaturare più di tanto. Anche con i Club Dogo, ci hanno sempre rotto i coglioni per ste storie, ma io ribadisco quello che dicevo allora: che un disco del genere non mi aspetto che lo ascoltino i bambini, ma delle persone in grado di ragionare mentre ascoltano un pezzo. Io ho due figli, non sono un educatore o un assistente sociale e soprattutto non posso evitare che i miei figli incontrino la droga e le cose brutte del mondo, che non sono comunque prerogativa del rap".
Spara così Jake, come nel suo disco che lo ritrae appunto come il fumo uscito da una pistola che ha appena colpito. Un disco che è comunque un bilancio per lui, forse la prima parte di un bilancio, visto che si aspetta una parte due, e anche qui il succo del discorso è quello che mi sono sentita dire anche da Don Joe, da Big Fish, da Noyz Narcos, da Clementino: sono vent'anni che sono in giro, sono stati criticati, osteggiati, censurati, alcuni querelati, mentre ora sono osannati, ma se sono ancora qui un motivo c'è.
D'altronde sono più di vent'anni che ascoltiamo Jake, da solo, in gruppo, nei featuring, e da qualche tempo lo sentiamo alla radio con il suo programma su 105, lo vediamo in televisione e continua a fare le serate in discoteca: "Mi piace tantissimo, è una passione, mi diverto e sto bene, il programma in radio va bene e mi piace anche la tv, mi trovo bene in tutto quello che faccio, magari divento il nuovo Jerry Scotti. Per il tour voglio aspettare un attimo o qualcuno rischia di farsi male. Tengo il piede in tante scarpe, ma il rap c'è e ci sarà sempre perché ho ancora tante cose da dire e tanti dischi da fare".
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L'articolo Jake la Furia: "Basta fare il simpa, ora beccatevi le mie canzoni tristi" di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2022-06-21 11:30:00
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