Non ricordo esattamente le date. La stessa cosa mi capita con i nomi di persona o i titoli delle canzoni. I miei genitori sostengono che questa sia una scarsa attenzione per i dettagli. Sempre se si possano considerare dettagli. Io, pero', non sono tanto d'accordo. Pongo la mia attenzione in modo differente. Non dimentico tanto facilmente una cosa accaduta piu' o meno in quel periodo e se me lo si chiedesse potrei fare una rapida fotografia dei miei pensieri in quel momento passato. Oppure potrei canticchiare il giro armonico che si ripete in una canzone. Ai senza-nome sono capace di dare sempre un volto, io. Le cose me le ricordo, tutte, in modo un po' diverso.
Cosi, non saprei dirvi esattamente se nel ‘94 nel ‘95 o ‘96 incontrai per la prima volta gli Altro. Sono però sicuro che a metterci tutti sulla stessa strada fu Andrea Pomini, che per molti oggi e' un redattore di Rumore e componente dei Disco Drive, ma per me rimane mr. abBestia. A dispetto del nome della sua fanzine, per l'appunto Abbestia, Andrea era l'espressione che piu' mi piaceva del punk italiano nei medi-anni-novanta. Attento a tutto quello che si muoveva nella scena punk e limitrofi. Fu il primo ad accorgersi di me e Marco Sagona, della nostra piccola fanzine e produzioni musicali(che non rimarrano certo nella storia della musica, ma nella nostra storia si!). A quel tempo realizzavamo una piccola fanzine che prendeva il nome da un brano degli Embrace: si chiamava "No More Pain". Trattavamo hardcore/punk ma con lo sguardo rivolto sempre altrove. Ci piacevano i tipi della K, della Kill Rock Star, gli irregolari di San Diego e la Washington DC che emozionava.
Proprio quello sguardo "altrove", e letture come Abbestia (importanti per l'attitudine ed il modo di trattare le cose e le persone, prima ancora di vicinanza musicale - che importava relativamente, se non poco) ci fecero incontrare gli Altro. Un gruppo con grafiche e testi che ce li proiettavano come alieni nel panorama hc italiano. La nostra scena totalmente dedicata all'espressione della "Rivolta contro il sistema", anche estetica, non sembrava poter comprender quanto gli Altro fossero genuina espressione punk. Con i loro testi che non parlavano dei massimi sistemi, ma di piccole rivoluzioni personali. Le loro grafiche che non si ispiravano alla vecchia tradizione libertaria/antagonista o a collage situazionisti tanto cari alle pratiche istituzionali penx: erano minimali racconti di adolescenza, oneste dichiarazioni di se stessi.
Tutto questo, mischiato ad un approccio alla materia musicale cosi' naif e genuino - e per questo punk all'osso - non poteva non essere parte anche della nostra esperienza nella musica. C'era una comunanza che non saprei spiegare a parole. Ma ci stavano simpatici, e questo bastava.
Oggi gli Altro sono ancora lì in mezzo, nella terra di nessuno. Non appartengono a nessuna scena. Sono la scena in cui si muovono, semplicemente impermeabili a condizionamente esterni, grazie ad uno strato di genuinità e provincia che non permette il degrado dell'onestà. Non si arrendono all'evidenza dell'essere troppo deboli ed alieni per questo mondo. Spero solo che Milano non li rovini.
Proprio in questi giorni mi e' capitato di vedere un paio di volte il vostro video. Mi racconti com'e' andata? Chi ha avuto l'idea, dove lo avete realizzato e come mai un video così? Mi sembra davvero molto carina l'idea di fare finalmente un video dove la gente suona (magari in playback), ma... ok... sembra davvero "darcene" sullo strumento... e non e' impalata proprio come se fosse lì, dietro ad una telecamera. E' un'idea molto piu' fresca, con il ragazzo che raccoglie l'asta. Sai, c'e' un bel gusto nella semplicità della cosa, ed e' anche molto punk. Fotografare tutto nel momento in cui "brucia". Poi, ok, due canzoni per un video... bello... dimmi un po’ tu...
Alessandro: L'idea era nata dal video che ha fatto Davide al concerto a Pisa questa estate. Concerto bellissimo anche se mentre dormivamo di notte ci hanno divorato le pulci. Noi credevamo fossero zanzare, comunque c'erano anche quelle. Gianni si coprì con il sacco a pelo come un sudario. Io e Matteo ce ne siamo andati a dormire sulla Twingo. Verso le cinque di mattina, doveva ancora albeggiare, ho visto lo spettro di Davide intorno alla macchina. Mi sono svegliato per salutarlo. Era pieno di bolle rosse per i morsi degli insetti, non ne poteva più. La sera del giorno dopo avrebbe suonato a perugia, e quindi ci siamo salutati all'alba, avrebbe cercato la strada per la stazione da solo. Quando ci siamo ritrovati a Milano mi ha fatto vedere il filmato ed era l'idea che abbiamo rifatto nel videoclip. Il ragazzo che raccoglie l'asta è Dani dei Minnies, mentre quello con la maglietta rosa é Andrea. Mi piace che ci sia sempre qualcuno di amico mentre suoniamo o facciamo le cose con gli Altro. L'altra cosa divertente era fare un video che da solo durasse meno di tutti i video visti fino a oggi. Poi venne una idea ancora più divertente: fare due video che durassero meno di tutti i video del mondo e fare una cosa tipo due canzoni in una! Nel video stiamo facendo le prove, ed è per quello che non suoniamo davanti alla telecamera, anzi cinepresa. Gli amplificatori sono girati verso di noi perché dobbiamo sentirci quando suoniamo: è un'idea così semplice che non ci ha mai pensato nessuno, ah ah! Per fare questo video abbiamo dovuto fare il concerto più lungo e ripetitivo degli altro: 2 ore di fila suonando tre canzoni. Si c'è anche un altro video, “Rumba”. Ma cosi diventavano 3 minuti e 58 secondi.
Per un gruppo come il vostro, che si e' sempre mosso in ambiente punk diy (do it yourself), fare un video che finisce dritto dritto su Mtv e' cosa strana. E i soliti puristi sono gia' li pronti a darvi addosso. Io però non ci vedo davvero nulla di strano, per un semplice motivo: credo che il video rientri appieno nel vostro mondo. Cioe' sia un bel "documentario", prima ancora che un video: dà una bella idea di chi siete e come siete. Senza artifizi. E quindi la cosa funziona. Butta alle ortiche mille critiche che possono essere riassunte sotto la parola "venduti". E' real - direbbe Bagatta o qualsiasi mc! La commistione con Mtv (ovvero il video che passa in tv) vi ha reso dei venduti? Ovviamente scherzo... La mia curiosita' sta piu nel chiederti che tipo di gruppo vi considerate. Cioe' qual e' il vostro ambiente naturale e perche' fate musica.
Alessandro: Domanda difficile. Ci sono quei posti dove ti senti sempre a casa e i posti dove non avresti mai voluto suonare. È difficile capire sempre prima di un concerto quale sarà l'ambiente che trovi perché il concerto comincia dalla cena. Da come ci si mette a tavola si capisce come sarà la serata. Ad esempio: mangiare in piedi in una stanza senza finestre non sarà mai come mangiare con Tizio e Paffu (fooltribe) sul prato davanti a casa in prima primavera.
Sul video invece non abbiamo ragionato molto, nel senso che non abbiamo fatto una riunione dove abbiamo deciso, stanziato dei fondi, fatto pronostici. E’ stato tutto un po' come andare al mare e dire: guarda cosa faccio, tiro questo sasso lontano, lontano, vediamo dove arriva? Detta cosi sembra una frase bella, ma assomiglia ad una scena di un film di Muccino.
Agli inizi, per anni, già registravate delle canzoni e dei dischi, ma non avevate strumenti vostri, cioè dovevate chiederli agli amici. Non è un aspetto secondario, cavolo. O no? Sai spesso i musicisti passano per maniaci dello strumento prima ancora che del fare musica. Voi invece nulla...
Alessandro: Semplice! Quando a sedicianni abbiamo cominciato a parlare di suonare in un gruppo (poi però iniziammo a suonare verso i venti), la cosa più facile da trovare in casa è stata la chitarra di mio fratello. Funziona un po' come in “Petzi e la nave”. Conosci Petzi? Era un libro illustrato che leggevo sempre da piccolo, nel primo libro Petzi e Pingo (Petzi è un orsacchiotto e Pingo un pinguino. Okey! Petzi era difficile da indovinare ma Pingo ci si poteva pure arrivare) trovano in un barile vuoto un timone di una nave, prima pensano che sia una ruota di bicicletta, così provano a costruire una bicicletta con una ruota sola. Poi arriva il pellicano e gli dice: guarda che quello serve per far girare le navi! Cosi decidono di costruire una nave. Noi invece con gli strumenti ci abbiamo costruito una bicicletta.
Viene spesso da pensare che gli Altro siano una tua creatura, perchè - oltre alla musica ed i testi - ci sono le grafiche, che credo siano parte integrante del messaggio che il gruppo trasmette. Insieme ad una certa intercambiabilità con gli altri componenti del gruppo (a proposito, c'è stato un cambio definitivo della formazione?), tu sembri il punto fermo. Mi spieghi come sono le dinamiche del gruppo? Come funziona un gruppo come il vostro che con il tempo si è separato e vive in differenti parti dell'Italia?
Alessandro: Gli Altro siamo noi tre. Io ci metto molto, ma non posso dire che sia una creatura mia. Quando con Bugo siamo andati a fare la masterizzazione di prodotto al Nautilus, il tipo continuava a chiamare il disco il mio "progetto", definendolo "un progetto musicale interessante", ma questa persona suonava jazz e quindi usava parole sbagliate per indicare la musica. I progetti si fanno per costruire i palazzi - come dice Simone - non per fare canzoni. Purtroppo esistono parole proprio brutte in campo musicale e spesso bisogna ricorrere all'inglese. Se dici di suonare in un gruppo non pensi ad una band ma ad un gruppo parrocchiale, se dici band a me viene in mente la banda di paese dove suona mio babbo. La cosa più divertente è stato quando, come per tutti i dischi masterizzati in questi posti seri, anche noi siamo stati inseriti in un archivio con una scheda. Il nostro file in mezzo a Renato Zero e Elisa si è chiamato Altro, “Prodotto”. Tra parentesi in quel posto ci abbiamo lasciato 300 euro. Però la differenza si sente, ma Rico, sicuramente, avrebbe fatto la masterizzazione ugualmente bene. Forse.
Scusa se ritorno al video, ma questo esce a distanza di quasi due anni dall'album che dovrebbe promuovere. Quindi mi viene spontaneo chiedere se 1) è stato fatto perchè "gli altro sono un gruppo cosi. fanno le cose come e quando ne hanno voglia" oppure 2) avete cose nuove in cantiere e questo video potrebbe servire da traino? In poche parole: avete un disco nuovo in uscita?
Alessandro: Andrea (Pomini), quando gli abbiamo detto che il nostro video passava su Mtv, non ci credeva e stava quasi deragliando, ci chiese se avessimo pronto un tour o qualcos'altro in testa, io gli ho detto di no e lui è svenuto. "Come si possono suonare le stesse canzoni dopo due anni?". Poi il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto che siamo come i Nirvana. "Fate le cose così tanto per farle, per vedere se ci riuscite, ah ah!".
La sera del video, a cena, Andrea ricominciò la sua filippica sugli amplificatori da comprare e da portare ad ogni concerto. "Possibile che siete in giro da 10 anni e ancora non avete i vostri strumenti, la batteria?". Noi, invece, che da quando abbiamo scoperto, dopo Arezzo Wave, che non siamo sfigati senza strumenti perchè vogliamo il backline, siamo più contenti ad andare in concerto con una persona in più invece che di un amplificatore. In questo modo possiamo prendere anche il treno. Stefano - Sprinzi - al concerto dei Wire mi disse: "sai che per venire in tour in Italia, i Wire giravano col treno, si facevano venire a prendere in stazione e gli strumenti sul palco se li facevano trovare direttamente dal locale come voi, ah ah ah!".
Mi piacerebbe avere dei remis degli Altro, ma mi sembrano più difficili da fare che un video. Enrico - Offlaga Disco Pax - mi ha fatto ascoltare qualcosa che mi sembrava bellissimo! Dico mi sembra, perché ho ascoltato quello che ha combinato soltanto via telefono. Sembravano le produzioni dei New Order della b-music periodo “cool as ice”, section 25 della svolta. Lui e Dario (accorgitene) vorrebbero fare il disco degli Altro di remis e chiamarlo “riprodotto”, ma ancora c'è poco e mostrare sempre troppo entusiasmo non porta a niente. Un po' come quando vai a suonare: può capitarti che chi ha organizzato il concerto ti prepari una pasta al pomodoro scotta, come un buonissimo piatto tipico di testaroli con il pesto genovese, come è successo l'ultima volta che abbiamo suonato a La Spezia. Non farsi troppe aspettative rende piacevole la serata perché non sai cosa ti sta aspettando. Riesci anche a divertirti.
Toglimi un'ultima curiosità. Gli altro, quando si sono trovati assieme, oltre ai prudori adolescenziali, cosa volevano esprimere formando una band? Che potevi dire con un gruppo che i fumetti non ti permettevano?
Alessandro: Con i fumetti scrivo quello che mi succede, o meglio quello che vorrei mi accadesse, o quello che avrei voluto dire in quel momento, in quella situazione con quella persona, ma che poi non è andata a finire così. Dentro i miei fumetti ci sono un po' di storie di persone che mi scrivono per posta e un po' di cose mie; ma, a queste cose, ci sono arrivato molto tempo dopo che ho iniziato a suonare, e a dire la verità ci sono arrivato proprio perché ho iniziato a suonare. Fare fumetti e difficile e noioso e l'unica forza che puoi trovare è quando qualcuno decide di abbonarsi (appunto) alle tue storie e ti legge da lontano, ti scrive, e con un piccolo contributo ti costringe (pena il senso di colpa!) a disegnare.
Questo scambio di lettere, fanzine e dischi nel mondo dei fumetti non esisteva. Nella musica è la prima cosa che scopri quando capisci che suonare alla Festa dell'Unità nelle frazioni di Pesaro non è quello che avevi in testa quando ti sei messo a fare un gruppo. Gli Altro e Jukka si sono conosciuti quando ancora scrivevi No More Pain, una fanzine di cui Gianni costudisce il primo e forse unico numero. Le notizie giravano così, uno invitava un gruppo a suonare a Pesaro e al concerto trovavi nuovi dischi e fanzine di un'altra parte d'italia, prendevi gli indirizzi di queste fanzine, gli scrivevi una lettera, aspettavi un mese per la risposta, ma un mese ce l'avevi messo tu per scrivere, così dopo quattro mesi e due lettere potevi ricevere il disco di cui avevi sentito parlare nella fanzine (le due lettere erano obbligatorie per le regole di galateo della posta: la prima lettera era scritta soltanto per sapere se si era interessati a scambiare il disco o la cassetta con la tua). Quando abbiamo scoperto che c'erano altre persone in italia che suonavano come te e che ascoltavano la tua stessa musica era divertente. Gianni a casa ha un disegno con l'Italia con le città e i numeri di copie dei dischi che sono in quelle città.
A proposito di fumetti. Mi racconti un poco la storia delle tue uscite? Una cosa molto breve, e se c'è qualche cosa di nuovo in arrivo... magari mi abbono subito. Così, forse, riuscirai a farmelo arrivare con solo due mesi di ritardo rispetto all'uscita, eh!? Anche lì, con i fumetti, direttamente dal produttore al consumatore, rispettando la tradizione diy. Ma hai mai pensato di pubblicare le tue storie online? Il fumetto on-line non funziona?
Alessandro: Non ho mai pensato di fare un fumetto on-line, però ho finito di ri-disegnare e completare tutte le storie che erano state raccontate negli abbonamenti postali. È un lavoro di 160 e oltre pagine, sono molto contento di averlo finito e tra un po' stampato. Forse. Ci stavo lavorando da quasi due anni, ma ho sempre rimandato anche perché l'ho sempre fatto nei momenti di ritaglio.
Prima ho detto l'ultima curiosità... ma, in verità, questa è l'ultima! Senti, un caro amico comune mi disse che quando andaste a comprare i vostri strumenti per la prima volta, il negoziante rimase impressionato, perchè non vi interessava il suono degli strumenti, ma come funzionavano su di voi davanti allo specchio. Lo strumento come un abito, deve avere una sintonia estetico/visiva con chi lo suona? Sta cosa mi piace un sacco...
Alessandro: E’ vero! Te l'ha detto Andrea? Quando dopo “Candore” (Love Boat, 2001) Andrea iniziò la sua filippica sugli strumenti musicali, non aveva tutti i torti. Al tempo abbiamo registrato il disco (e suonato in giro a concerti) con degli strumenti che ti guardavano negli occhi e ti chiedevano : bruciami, ti prego! Gianni aveva completamente sfasciato il ponte (si chiama così?) e non gli entrava più la quarta corda, la mia aveva l'ingresso del jack arruginito ed era partita la meccanica in alto del mi cantino. A noi piacevano perché avevano gli stessi colori. Non ci piacevano quei gruppi dove il chitarrista aveva la chitarra rossa e il bassista il basso color legno. Se ti devi comprare un strumento, e poi da sotto la gente ti guarda e ti dice che ti sta male addosso, e come andare in giro con quel cappotto, che ti piaceva tanto quando l'hai comprato, ma che non riesci mai a metterti perché sembra che tutti ti guardino.
Detto questo un buon negozio di chitarre dovrebbe avere sempre un bello specchio per potersi vedere. Farebbe comprare più chitarre.
Sull'altro versante, non ho mai capito molto di suoni di chitarra, so soltanto che la Stratocaster è quella imitazione, ma devi guardare sul manico per vedere da dove viene: Mexico cattiva, Usa molto buona, anche se l'imitazionestratocaster della Squire la fanno in Giappone. La Telecaster è pesante, non ci si riesce a muovere suonando. Una volta me l'ha prestata Matteo e mi sono fatto male nella pancia perché me la sono sbattuta addosso mentre suonavo. Poi ci sono le diavoletto, ma fanno solo un suono distorto tipo punkcaliforniano. E quelle emo tipo Rikembergher, che era un famoso tennista che si slogo il braccio giocando e poi creò questa chitarra per suonare in un gruppo surf. La mia è una Danelectro, che il nome sembra la marca del mio frigorifero. È stata costruita con i pensili delle cucine, l'interno è vuoto, molto leggera, ma si scorda praticamente subito. Poi sei li che fai di-diiin, diiiii-diiiiin, diii-doooon, tutto il tempo. Ah! i pickup sono a forma di lucidalabbra anni '50 si chiamano lipsticks (appunto). Il basso di Gianni invece è una imitazione Thunderbird della Epiphone e l'ha comprato dopo aver visto il video “Crystal” dei New Order.
Sai che questa piccola intervista forse chiude un cerchio? "Rimane" degli altro, ricordi?
Alessandro: Si, mi ricordo. Mi piacerebbe riascoltarla, magari se riesci ad abbasare la voce. A quei tempi ero più stonato di adesso. Non c'era la tecnologia di oggi e soprattutto non si sapeva come registrare. In queste cose ci si deve inventare tutto dall'inizio. Ci si inventa giornalisti e si scrive una fanzine, discografici e si fa un' etichetta, fonici e si fanno un sacco di cazzate. Con il registratore a quattro piste, una traccia sopra l'altra, non ci abbiamo mai capito niente. Da qualche parte dovrei avere ancora il dat con le prese originali. A quei tempi impazzivamo per i God Machine, tranne Gianni che impazziva per la raccolta dei Sensefield con il Budda in copertina e Ale per gli Indian Bingo. Registrammo questa canzone nell'officina degli attrezzi di mio babbo. Simone suonava il mulinello e la radio, io la chitarra acustica e Gianni la chitarra elettrica.
Mmm, fammela ascoltare prima, valà!
Jukka Reverberi, un nome che forse avete già sentito, anche solo grazie agli Offlaga Disco Pax, che ne narrano le geste di strappa-biglietti in “Piccola Pietroburgo” (che poi sarebbe Cavriago, dove JR abita). Principalmente chitarrista dei Giardini Di Mirò, se siete di quelli che s’annoiano quando le canzoni abbattono il muro dei i tre minuti, sicuramente l’avrete già tacciato d’essere un intellettualino modaiolo. E invece no, errore. Jukka ha un passato emo importante, una cultura “do it yourself” che lo trasferisce dritto dritto verso l’olimpo dei punk guitar heros. E poche menate.
Alessandro Baronciani è invece il cantante della band punk-hardcore meno allineata d’Italia, gli Altro. Ma non solo. Fumettista trasognato, pubblica mensilmente una striscia su Rumore, e se vi abbonate ai suoi fumetti, forse ogni tanto ve ne arriva uno.
Insieme sono una strana coppia che fa un po’ da specchio a quell’Italia nascosta e brulicante che noi di Rockit amiamo alla follia, cioè la provincia che ama e produce le cose indie, emo, hardcore senza martellarsi i coglioni. Se scrivessi su un giornale locale, forse li racconterei come la rivincita dei sobborghi contro le metropoli. Ma sarebbe fare un torto alla verità, ricoprendola di una insostenibile melassa retorica. Perciò, al di là delle rivendicazioni geografiche, pubblichiamo questa intervista che Jukka ha intrattenuto con Alessandro per sganciare una bomba-scena su tutto il territorio nazionale. E già che ci siamo, rimettiamo in pista San Dj Gruff, che se non lo conoscete è un fottutissimo sardo che ha conquistato l’Italia a suon di rime e scratch: “Va di moda essere vaghi sulle cose della vita, fa figo essere costipati nell'impossibilita' del fare, dice ‘ma io ci provo, faccio del mio meglio’... cosi' mi han detto svariati sucker cercando di giustificarsi... idioti!”. Ecco. Prendete esempio. E poche menate. C-Pa
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L'articolo Jukka Reverberi intervista Alessandro Baronciani di Giardini di Miro' è apparso su Rockit.it il 2005-12-03 00:00:00
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