Keith Flint ha fatto ballare chi suonava e non ballava mai

Negli anni '90, se andavi a ballare non suonavi la musica rock e viceversa. Poi sono arrivati i Prodigy.

04/03/2019 - 17:40 Scritto da Simone Stefanini

Keith Flint, il punkettone dei Prodigy si è suicidato a 49 anni, stando a quello che afferma Liam Howlett (il fondatore del gruppo), lasciando un buco enorme dove prima c'era un'icona. Per capire la sua importanza è necessario fare un passo indietro.

Negli anni '90 c'era una regola non scritta che tutti seguivano alla lettera: se suonavi non ballavi (a meno che tu non facessi parte della cultura hip hop, ma ai tempi non era recepito come "suonare"). Gli altri, gli alternativi, i punk, i metallari, di ascoltare elettronica e mettersi a ballare in discoteca non ci pensavano neanche. Da questo punto di vista, la cultura rave di quegli anni era ben più aperta e favoriva un senso di comunità rivoluzionaria, allargata, inclusiva, molto meno settoriale e conservatrice di quella della vecchia musica suonata con gli strumenti del rock. Addirittura Joe Strummer, uno che la scena punk degli anni '70 l'ha inventata, durante i '90s rivedeva lo stesso senso di appartenenza e di comunità nella scena rave.

 

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In Italia, che una volta era tutta provincia, le contaminazioni sono sempre andate a rilento. Noi teenager, una volta entrati nella pubertà e nella voglia di spaccare tutto, ci trovavamo di fronte due strade ben definite, che potevano andare dritte per chilometri e chilometri senza incontrarsi mai: far parte di una band grunge/punk/metal e saltare sul palco gridando a tutti la nostra rabbia oppure andare fare gli after sotto cassa ai rave. Le discoteche pettinate erano per quelli che avevano i soldi e che non gliene fregava niente di ribellarsi, tutti gli altri facevano parte di caste più o meno chiuse che non si calcolavano a vicenda. A spiegarlo ora che tutto è liquido e iperconnesso, il lavoro fisso non esiste più e le sicurezze devi andartele a cercare nella cultura pop, sembra di parlare di ere geologiche fa, ma si parla dell'altro ieri: se il tuo migliore amico andava in discoteca e te ai concerti, probabilmente smettevate di frequentarvi per lunghi periodi.

La rivoluzione, specialmente nel nostro paese, è arrivata dagli schermi colorati di MTV che ha pompato in heavy rotation un paio di video claustrofobici, allucinati, che vedevano come protagonista un folletto diabolico, con due creste colorate ai lati della testa, il piercing al setto e gli occhi fuori dalle orbite. Quel pazzo era Keith Flint e la musica che usciva dalle casse della tv era una cosa totalmente nuova. La chiamavano Big Beat, ma le descrizioni servivano a poco, l'unica cosa che sapevi è che ti faceva muovere il culo anche se non ne avevi voglia e che non ti sentivi sporco per aver tradito la fede del ruock, perché quella musica sembrava pestare esattamente come le band spaccasassi che eri solito ascoltare. La musica la componeva tutta Liam, ma i volti della band erano quelli di Maxim e (soprattutto) di Keith Flint. La voce di quest'ultimo trasudava punk inglese e tra le poche pause del ritmo incessante, non erano forse chitarre elettriche quelle che si sentivano? Che sollievo, che liberazione, finalmente anche quelli che facevano i duri e puri potevano ballare, dimenarsi, fare i matti e scoprire un mondo inesplorato, quello dell'elettronica che di lì a poco sarebbe diventata una costante di ogni rock band del pianeta, creando quel crossover di generi che avrebbe saturato il mercato fino a implodere.

Questa però non è una riflessione puramente musicale, piuttosto un flash a caldo, la prima cosa che ci è venuta in mente quando abbiamo letto che anche il volto più estremo degli anni '90 se n'è andato, portando via un milione di Polaroid dell'era pre social, quella in cui i ricordi te li dovevi stampare sulle foto oppure in testa. Keith Flint ha impersonato il contrario del disagio atavico e indolente tipico del grunge, ha dato voce a tutti quelli che volevano gridare ballando, muovendosi un po' come gli andava, senza voler essere giudicati. Non possiamo che ringraziarlo.

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L'articolo Keith Flint ha fatto ballare chi suonava e non ballava mai di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-03-04 17:40:00

Tag: addio

COMMENTI (1)

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  • ivan.b.zamellisar 5 anni fa Rispondi

    Unicamente atavicamente pazzesco personaggio....sarei sempre nel mio DNA/RNA/LINFA....ovviamente come una sorta di immortale icona pura e vera seppur immersa nella totale merda del mondo...troppo un figo!!!