Avete mai sentito parlare di Michele Schirru, l’anarchico sardo che voleva uccidere Benito Mussolini? Secondo lui, non c’era altro modo di sconfiggere il fascismo: il duce doveva morire e sarebbe stato proprio lui il suo assassino. Nel gennaio del 1931, dopo un lungo peregrinare tra la Sardegna, New York e Parigi, Schirru andò a Roma per studiare gli itinerari quotidiani di Mussolini, così da trovare il momento più adatto per colpire. Non ci riuscirà, come ci insegna la storia: Schirru verrà arrestato ancora prima della stesura di un piano concreto, il 3 febbraio, per poi essere condannato a morte e giustiziato nel maggio dello stesso anno. Al momento dell’esecuzione, morì al grido di: “Viva l’anarchia!”.
Quello di Michele Schirru fu un processo alle intenzioni: lui era innocente, non aveva neanche progettato un attentato e non aveva in alcun modo messo in pericolo la vita di Mussolini. Di fronte al tribunale fascista, pur dichiarando tutto il suo odio per il regime, ammise che aveva desistito dal portare a termine il suo piano. Non gli credettero. Michele Schirru morì senza colpa. "Kenze neke", come si dice in sardo. Lo stesso nome di una band nata nel 1989 a Siniscola, in provincia di Nuoro, per mano del chitarrista Enzo Saporito e del batterista Sandro Usai, che hanno voluto omaggiare l’eroismo di Schirru nella canzone omonima al gruppo. E che dopo trent’anni dal loro disco d’esordio/demo, Chin Sas Armas O Chin Sas Rosas , è finalmente possibile ascoltare su tutte le piattaforme streaming.
Quella dei Kenze Neke è una storia punk, dove fin dal nome si manifestano l’anima politica del gruppo e il forte legame identitario con la Sardegna: la storia di Michele Schirru rappresenta sia gli ideali a cui la band aspira sia l’attaccamento con la loro terra. E con la loro lingua, visto che tutte le canzoni sono cantate in sardo. Per ora sono disponibili solo i primi tre album della band: il già citato debutto di Chin Sas Armas O Chin Sas Rosas, Naralu! De Uve Sese – con in copertina la bandiera dei Paesi Baschi e quella irlandese assieme ai quattro mori, per sottolineare la vicinanza con questi paesi che lottano per l’indipendenza – e Boghes De Pedra.
La musica dei Kenze Neke è un incredibile amalgama di ska, punk, blues, rock and roll e musica tradizionale, dove l’elemento linguistico diventa l’immediato tratto di riconoscimento. Il rozzo cantato in sardo è sia incomprensibile per chi non conosce l’idioma che ipnotico, data la sua genuinità e quello spirito do it yourself che si riesce a cogliere fin da subito. D’altronde, tutta la carriera dei Kenze Neke si è evoluta basandosi sull’autoproduzione, senza aiuti da parte di major o grandi nomi. Qualche collaborazione sporadica c’è stata, ma prima di tutto era il gruppo a lavorare in autonomia e senza aiuti.
Il primo album vero e proprio dei Kenze Neke è Naralu! De Uve Sese, dove ricompaiono alcuni brani del lavoro precedente riarrangiati. Emerge sempre di più l’intento politico e sociale all’interno delle canzoni, dove vengono denunciati i maggiori problemi che colpiscono la Sardegna: tra queste risalta in particolare l’antimilitarista Amerikanos, A Balla Ki Bos Bokene (Americani, che vi uccidano con le pallottole), che affronta di petto la presenza delle basi statunitensi in Sardegna, problema che ancora oggi è vivo nell’Isola. "Le vostre basi, le vostre armi, le vostre bombe ficcatevele nel culo!", cantano in una traduzione abbastanza fedele del testo – che risulta intuibile anche nella versione originale – su scariche di chitarre allucinate e con tanto di intermezzo offerto dalle voci dei Tenores.
Boghes de Pedra del 1994 è però il disco capolavoro della band: omaggio ai nuraghi sardi, quelle misteriose costruzioni che si trovano in ogni parte dell’Isola e che rappresentano la tradizione millenaria del popolo sardo. Attaccamento che si fa sempre più evidente negli arrangiamenti, dove strumenti folkloristici come le launeddas – dei flauti di origine preistorica – si ritagliano uno spazio sempre maggiore nei brani e si sposano con l’animo hard rock del gruppo. Su Balente rappresenta un ottimo esempio da questo punto di vista.
Dopo anni di scioglimenti, confluenze in altri gruppi, ritorni a sorpresa e tanto silenzio, i Kenze Neke sono rimasti estranei al mercato digitale – se escludiamo video su YouTube caricati da chissà chi e file piratati recuperabili nei meandri del web – e conservati solo su supporti fisici dai vecchi appassionati. Ora, grazie all’etichetta NOIS, creata da Fabio Carta – ex manager del gruppo – e Alberto "Bobo" Murru, è possibile riscoprire l’incredibile patrimonio musicale di una band che è riuscita a contaminare la tradizione sarda con tutto l’impeto del punk più sincero.
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L'articolo Launeddas, chitarre e anarchia: 30 anni di punk sardo con i Kenze Neke di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-07-30 11:56:00
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