La carica dei 101 fan di Lil Kvneki

Siamo andati a sentire in anteprima di “Crescendo”, il primo disco da solista di Lil Kvneki. Le nostre impressioni e, soprattutto, quelle dei suoi fan su una svolta rock che davvero in pochi si aspettavano

Lil Kvneki tra i fans – foto di Giovanni Peirone
Lil Kvneki tra i fans – foto di Giovanni Peirone

Dopo una carriera molto fruttuosa in duo con Drast nel progetto PSICOLOGI – presenti nel 90% delle playlist tristi create fino a oggi – Lil Kvneki ha deciso di lanciarsi in un nuovo mondo sonoro con il suo primo lavoro da solista. Niente più autotune, tante chitarre, stesse pare. Eccoci quindi a curiosare al release party di Crescendo.

La serata è stata organizzata alla Redazione – la sede di Scomodo – tra piante, libri, tavolo da ping pong e un piccolo palco rialzato. La sensazione è da subito quella di una serata tra amici. Per ingannare l’attesa osservo la comitiva storica di Alessio – aka Lil Kvneki – che si raduna intorno a lui, come fosse una serata normale, in attesa dell’arrivo dei fan che porteranno il totale delle persone in sala a 100. Sono stati selezionati tra i fan ragazzi e ragazze da tutta Italia per partecipare al party.

Ma insomma, questo disco? Lo ammetto: non me lo aspettavo. Non perché fossi scettica, chiariamoci, ma dopo i primi singoli estratti pensavo di trovarmi davanti a una decina di brani pop rock abbastanza leggeri, in un lavoro emulo di altri grandi nomi passati e proiettati in un 2023 fatto di posacenere pieni e sconforto. Invece, per una volta sono contenta di aver sbagliato. Crescendo – prodotto da Valerio Bulla e Fabio Grande – non è una copia sbiadita degli anni Novanta, ma è il mettersi a nudo di un artista che stava già cominciando a sentirsi imprigionato dietro le hit e che aveva bisogno di trovare il suo spazio, rielaborando il suo percorso in chiave alternativa.

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Affiancato dai The American Boyfriends – band formata da Giuseppe Bartolini (meglio noto come Bartolini), Matteo Domenichelli e Francesco Aprili (che ha registrato la batteria in studio, mentre live è presente Lorenzo Lupi) – Lil Kvneki si racconta come non aveva mai fatto prima. Passa da momenti più riflessivi, razionali anche nel dolore, come Angoscia, dove un tappeto di chitarre attutisce l’impatto di parole che sembrano affilati vetri rotti, a brani più (auto)ironici come Domani (feat. Villabanks). C’è anche un feat. con Drast, Lunedì, uno dei brani dal ritornello più catchy, che però non si presenta, per sound e scrittura, come un ponte nostalgico con i lavori degli PSICOLOGI. Sono le canzoni senza featuring quelle che riescono a far emergere al meglio l’anima di Alessio, non perché debba sempre essere Solo come un cane, come canta nel primo singolo pubblicato, per mostrare le sue debolezze e i suoi dubbi, ma è attraverso pezzi più introspettivi come Se vuoi o Umore a spirale che riesce a trovare la cifra stilistica più interessante. È in questi brani che l’anima più post punk e intensa delle sonorità disco diventa protagonista.

Verso le undici e mezza arriva il momento del live. Dopo aver preso posto tra i membri della band che iniziano a creare da subito un bel muro sonoro, Kvneki dal vivo mostra di saper far emergere la sua anima angosciata e meno pop. La voce a tratti non è pulita, soprattutto appena inizia a cantare, ma va bene così, l’intento è quello di riuscire a rendere meglio il tormento dei testi. Sigaretta tra le labbra, accendino chiesto al pubblico, esegue tre brani ma torna poi sul palco per un bis, chiedendo al pubblico un mosh pit: richiesta esaudita alla lettera, con persone sballottate ovunque e sedie rovesciate. L’affinità con la band è evidente, l’insieme funziona. Andranno sistemate alcune dinamiche, certo, ma per quello c’è tutto il tempo di un tour.

The American Boyfriends e Kvneki sul palco – foto di Giovanni Peirone
The American Boyfriends e Kvneki sul palco – foto di Giovanni Peirone

Mi dispiace non sentire altro, devo dirlo, anche perché avrei voluto poter curiosare di più sulla nuova attitudine dell’artista e sul sound dei pezzi dal vivo, ma devo rassegnarmi anche io e accettare la fine.

Posso però andarmene così? No. Con la solita discrezione che mi compete agli eventi e vista la quantità di fan da cui sono circondata, perché non sfruttare l’occasione per fare qualche domanda sul disco? Prima di tutto, scopro che le persone scelte vengono da varie parti d’Italia.

La maggior parte dei fan con cui parlo stanno frequentando l’ultimo anno di liceo o l’università, e la risposta che mi danno i più timidi quando gli chiedo di parlare dell’album è solo "bomba" o "molto bello". Una coppia, in prima fila durante il live, si scioglie piano piano parlando: pensano che il lavoro di Alessio, con cui hanno scambiato qualche chiacchiera, sia "assurdo". "Devo risentirmelo meglio ma già dopo il primo ascolto ero curiosa di vederlo live e sentirlo suonare", "troppo bello, non me lo aspettavo sinceramente così tanto intenso da parte sua".

Kvneki in mezzo al pubblico dopo il live – foto di Giovanni Peirone
Kvneki in mezzo al pubblico dopo il live – foto di Giovanni Peirone

Una ragazza abbruzzese, studentessa di scenografia a Roma, mi mostra il suo tatuaggio: un verso di Pagine degli PSICOLOGI. Dice che la sua prima reazione dopo averli visti divisi e dopo un cambiamento così netto è stata "un colpo al cuore". "Io li amavo insieme e non penso che questo potrà cambiare mai, anche se il disco lo trovo interessante, altrimenti non sarei qui". Non mi sento di contraddirla, anche perché il disco di Lil Kvneki non è quello che i suoi sostenitori dal giorno zero si sarebbero potuti aspettare, ma è proprio per questo che lo trovo coraggioso.

Altre persone, andando più a fondo con i commenti, tra un urlo e l’altro per sentirci sopra la musica altissima, mi dicono che a renderlo interessante è proprio il fatto che sia così tanto "suonato". "Io non so i termini tecnici della musica, ti so solo descrivere qualcosa e per il resto ascolto e basta. Di solito sento rap, hip-hop, ma quello che ha fatto Kvneki secondo me funziona, le chitarre stanno tornando un po’ ovunque e in realtà a me non dispiacciono", dice un ragazzo del barese. Quello che mi ha colpita e che in fondo riassume anche il senso di questo articolo, è un parere nello specifico di un fan di Marino: per lui è un’operazione che senza dubbio funzionerà per un pubblico più di nicchia rispetto a prima, ma "chi se ne frega degli ascolti, io sono più contento se diventa roba per pochi ma che ha senso di esistere, soprattutto se lo rende diverso da tutto quello che è uscito nell’ultimo periodo".

Vero. Magari qualcuno non si troverà più in sintonia con questo tipo di sound, ma scrivere pensando agli altri è limitante: adesso invece abbiamo sentito Kvneki essere Kvneki fino in fondo per la prima volta. Il lavoro da fare c’è, per maturare ancora, per esplorare altro, ma si tratta comunque di un nuovo esordio.

Mentre la pista inizia a svuotarsi a ritmo di bicchieri vuoti lasciati sui tavoli e Florence + The Machine nelle casse, me ne vado riflettendo sul fatto che in fondo no, io di The Strokes in Kvneki non ci sento così tanto, ed è questo che mi piace (non solo perché YOLO si, ma anche basta), che mi fa andare via soddisfatta a fine serata. Sul palco non ho visto un piccolo Casablancas dagli occhi vitrei o un revival spettinato dell’originale. Ho visto Lil Kvneki e la sua band, ho visto il peso dei primi vent’anni, che ridendo e scherzando non sono proprio un gioco, descritti con le parole di chi non deve per forza aver già vissuto tutto per raccontarsi. Gli basta sapere che quello che scrive resterà inciso, che sia poi per due o duecentomila persone non importa, perché quello che conta è sapersi muovere, crescere, crollare, reinventarsi e continuare a cantare.

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L'articolo La carica dei 101 fan di Lil Kvneki di LucreziaLauteri è apparso su Rockit.it il 2023-02-28 15:50:00

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