Siamo davanti a un momento di svolta per la musica e il sistema su cui si sorregge. È una convinzione, non solo un auspicio. Perché la lunga traversata nel deserto della "transizione digitale" è stata gestita in maniera affatto impeccabile, accentrando potere e guadagni nelle mani di pochi, dipingendo vizi come virtù. Ora ci sono bolle che paiono sul punto di scoppiare e una reazione che proviene dal basso si sta facendo sentire.
Non è affatto detto che quello che arriverà sarà meglio – non è mai detto –, ma un cambiamento è necessario. In queste fasi discutere, analizzare, monitorare sono pratiche fondamentali. Lo fa ogni anno, in profondità e con lucidità, Medimex 2024, l'International Festival & Music Conference promosso da Puglia Sounds, il programma della Regione Puglia per lo sviluppo del sistema musicale regionale (al centro di questo nostro speciale). L'evento è in programma dal 19 al 23 giugno a Taranto, città in cui si era svolta anche la scorsa fortunata edizione. Qua trovate tutto il programma, molto ricco e in cui ognuno può trovare quel che cerca.
Ci saranno incontri con i protagonisti della musica live e della discografia, showcase di giovani artisti, momenti di incontro e formazione, appuntamenti per i professionisti della musica. E poi tre grandi live internazionali, con protagoniste band leggendarie come The Smile, Pulp e The Jesus and Mary Chain. Questa edizione ruoteranno intorno all’intelligenza artificiale. Da qui partiamo per la nostra conversazione con Cesare Veronico, coordinatore artistico Medimex/puglia Sounds.
Quest’anno il tema del Medimex è l’AI. Secondo te quanto è usata già oggi per fare musica, in maniera non dichiarata?
Più di quanto appaia. Per questo è fondamentale parlarne.
Non c’è futuro senza intelligenza artificiale?
Ci troviamo di fronte a una rivoluzione epocale, come lo è stato l’avvento di internet. L’AI è un fenomeno che non possiamo impedire, ma che l’uomo deve governare. È determinante affrontarlo e non provare a scansarsi, bisogna approfondire le questioni legate alle regole, ai diritti, a come la creatività possa rimanere il fulcro del processo. Per questo il tema sarà al centro di questa edizione di Medimex, con tanto di mostra dedicata a Lennon, la cui Now and Then, a oggi, è la canzone simbolo della “rivoluzione artificiale”.
Per il momento come ti poni: apocalittico o integrato?
Registro una grande confusione. Capisco l’approccio preoccupato e prudente di buona parte degli artisti. Ritengo che sia determinante l’intervento della politica internazionale sul tema: servono regole chiare e che valgano per tutto il mondo. Non è affatto semplice: ci sono Paesi che non ne vogliono sapere di regolare il processo, che giocheranno come sempre una partita a parte. Penso che in un recinto di regole precise si possano aprire spazi nuovi di creatività. L’obiettivo dovrebbe essere quello di fare in modo che l’AI sia un nuovo strumento a disposizione degli artisti, con cui mettere alla prova il proprio talento e le proprie idee, in un contesto in cui si sa sin dall’inizio cosa si può fare e cosa non si deve fare.
Veniamo ai grandi live dell’evento. Come sempre te li faccio raccontare a uno a uno. Partiamo dagli Smile.
Mettiamola così: The Smile sono i Radiohead sotto mentite spoglie. Il loro secondo album, Wall of Eyes, è molto migliore qualitativamente del primo, e potrebbe tranquillamente essere un disco dei Radiohead. Quando tanti anni fa mi dissero quale fosse il gruppo che sognavo di fare un giorno a Medimex, risposti convinto: “I Radiohead”. Per me questo live è dunque la chiusura di un cerchio. Anche perché da un lato è vero che li abbiamo inseguiti da anni, dall’altro ci hanno scelto loro. Avevano varie proposte e hanno scelto noi per fare la loro seconda data italiana oltre a Roma. Portare Thom Yorke a Taranto è motivo di grande orgoglio.
I Pulp hanno fatto, a parere di tutti, uno dei live più incredibili dell’ultimo Primavera.
Con Oasis e gli stessi Radiohead, i Pulp rappresentano la “terza gamba” del periodo di massimo splendore del pop inglese (non lo chiamo brit pop, termine mai amato dai protagonisti). Dal vivo sono pazzeschi, hanno brani che hanno fatto la storia. Jarvis Cocker, oltre che un grande frontman, è un personaggio pieno di fascino, che nel suo Paese fa opinione per ogni cosa che dice e fa. All’interno di un tour estremamente limitato hanno scelto di venire in Italia, al Sud. La cosa ci fa molto piacere.
The Jesus and Mary Chain sono forse più “piccoli” rispetto ai precedenti due nomi (anche per via delle sonorità), ma per gli amanti delle distorsioni sono un’autentica leggenda.
David Bowie li definì con una battuta ironica “i Velvet Underground senza Lou Reed”. Sono una band che piace da matti a quelli che ascoltano la musica con passione, a chi acquista i dischi e vive per questa cosa. Hanno al loro attivo dei capolavori, a Taranto li sentiremo tutti: stanno portando in tour il live per i 40 anni di attività e nel set hanno previsto tutte le loro hit.
Come sta andando la vendita di biglietti?
Sta andando bene, un po’ ovunque… Grazie soprattutto a live super esclusivo dei Pulp stiamo vendendo biglietti in Argentina, Ecuador, Stati Uniti, Australia, ma anche Turchia, Romania, Polonia. Chi compra ha cognomi “locali”, non sono membri delle comunità italiane all’estero: questo per noi è importante perché fa girare il nome di Medimex, di Taranto, della Puglia. Era uno degli obiettivi che ci eravamo posti sin dall’inizio.
Non è che state abituando troppo bene il pubblico del Medimex? È dura trovare ogni anno realtà così…
Ogni anno si alza l’asticella e aumentano anche le aspettative. Ma il segreto non è per forza avere i nomi grossi, ma fare ciò che ti piace: in quel caso sarà più facile fare le cose bene.
Un tempo Medimex cambiava location ogni anno. Perché vi siete “stanziati” a Taranto?
Secondo un recente sondaggio del Sole 24 Ore sulla qualità di vita nelle province italiane, Taranto ha buona parte degli indicatori stabilmente in negativo. Per quanto riguarda cultura, concerti e tempo libero, invece, ha guadagnato 30 posizioni. Dal 2018 in poi la città ha cambiato volto da questo punto di vista: sono nati club come lo Spazio Porto, c’è il Primo Maggio, figure come Riondino e Diodato sono diventati punti di riferimento per la città, ci sono tanti festival di natura differente. Noi siamo una piccola parte di un processo virtuoso. Gli investimenti pubblici che sono stati fatti sul territorio hanno avuto effetti positivi che sono sotto gli occhi di tutti. Questo crea un legame e un senso di responsabilità fortissimo nei confronti della città e del suo tessuto sociale. La vedo difficile lasciare Taranto ora.
E cosa manca alla città?
Sulla cultura e la musica il cambio di passo è evidente, servirebbero investimenti governativi sui siti produttivi, ma anche sull’istruzione e altri settori. Quelli continuano a mancare. Ma la città ha dimostrato che, se chiamata in causa, risponde.
Perché credete tanto negli showcase dei giovani artisti?
Il fatto che la qualità aumenti, anzitutto, è una prova che facciamo bene a farlo. In quei giorni ci sono programmatori da tutta Italia, oltre che tanto pubblico (lo Spazio Porto è sempre pieno, ottimo segnale). Ci muoviamo in un quadro di azioni e relazioni. Per noi è importante creare legami solidi tra artisti, soprattutto i giovani, manager, promoter, festival, che si trovano sotto il palco oppure ai panel e poi si conoscono e magari faranno delle cose assieme.
A proposito dei panel, come ogni anno saranno trattati i vari temi e scenari che riguardano la musica in Italia. Dove rivolgete lo sguardo in questa edizione?
I live di cui abbiamo parlato prima, per dire, sono due di 75 eventi che si terranno a Medimex 2024. Si parlerà di tantissime cose, con grandi professionisti del settore. Uno degli eventi che più reputo interessanti verte sul concetto di “artistic-centric”. Oggi troviamo sempre più spesso questo approccio, un segnale positivo che potrebbe portare a un’inversione di tendenza quanto mai auspicabile. Ci sono discografiche che studiano nuovi approcci nella ricerca di artisti rispetto ai numeri di follower e streaming, alla loro possibilità di bucare la rete. Sta prendendo piede, più in generale, una visione meno miope della discografia e del talento. Trent’anni fa non sarebbero nati Dalla o Pino Daniele se fossero stati usati gli strumenti di scouting che utilizzano quasi tutti oggi.
Sei ottimista o devi esserlo?
Auspico un’inversione di rotta: non ho certezze perché non ho elementi ripetuti che mi facciano dire che si va verso un cambiamento in meglio. Pero abbiamo dei segnali interessanti, e siamo qua apposta per verificare che ciò che speriamo accada.
I live, intanto, in Italia e non solo si fanno sempre più grandi e costosi. Siamo prossimi allo scoppio (doloroso) di una nuova bolla?
Mi è piaciuto molto quello che ha detto Billie Eilish, che non ama i live negli stadi perché quando ci vai da spettatrice non hai mai la sensazione che l’artista sul palco sappia che sei lì. È vero: c’è grande domanda, ci sono tanti eventi e festival, ma spesso ospitati in luoghi improbabili. Penso che possano funzionare di più eventi non ciclopici, organizzati in luoghi sostenibili. Il pubblico va coccolato e gli va offerta bellezza, se no prima o poi arriverà la disaffezione. Nel nostro Paese spesso non rispettiamo il pubblico e la mancanza di luoghi adatti alla musica dal vivo è cronica.
Di chi è la responsabilità?
Ce ne sono di storiche. Ma ultimamente mi sento di dire che gli artisti, o meglio i loro manager e le agenzie che lavorano con loro, dovrebbero misurare le loro richieste. I cachet sono lievitati troppo, così come le pretese per quanto riguarda la logistica e l’accoglienza: poi è normale che il promoter deve sparare alto con i biglietti. A scapito del pubblico, come sempre.
Come se ne esce?
Con la creatività, il coraggio e una visione del futuro. I Radiohead hanno “creato” gli Smile proprio per poter suonare in giro. Con il nome Radiohead devono per forza fare gli stadi, un luogo non del tutto sostenibile per i concerti (anche se c’è di molto peggio in Italia), con gli Smile possono vivere esperienze di tour diverse, più piccole e più affascinanti per loro in questo momento. Noi siamo felicissimi di cogliere questa occasione: ascoltare artisti meravigliosi a prezzi contenuti, che possiamo tenere ancora più bassi grazie al finanziamento pubblico che ha Medimex.
Un ultimo pensiero vorrei lo dedicassi a Ernesto Assante, che di Medimex è stato figura fondamentale per anni.
Ernesto è stato uno dei fondatori di Puglia Sounds e di Medimex. Lui c’è sempre stato, sin dal 2011, e ha caratterizzato tutte edizioni dell’evento. Era giovane nell’animo. Non a caso tanti artisti oggi noti hanno ricordato come si fosse interessato a loro quando non erano nessuno, e lo avesse fatto con rispetto e grande passione. Viveva sempre il presente con lo spirito di un ragazzino.
Com'era lavorare con lui?
Era uno che sapeva far squadra, che non aveva mai atteggiamenti negativi, che migliorava costantemente le idee che erano sul tappeto, arricchiva ogni cosa con la sua instancabile presenza. Per me è l’esempio vivente del tipo di figura che dovremmo auspicare apicale in ogni ambito di questo Paese, per competenza e approccio personale e umano. Per noi ricordarlo sarà inevitabilmente un momento commovente e triste. Sarà un po’ come per la messa in onda del Postino: Massimo Troisi allora era già morto, ma la sua aura si estendeva ovunque.
---
L'articolo "La musica è vicina alla rivoluzione, a Medimex si vuole capire come governarla" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-06-03 09:55:00
COMMENTI