Un paio di estati fa ero a Barcellona con le mie migliori amiche, alloggiavamo in un sudatissimo ostello nel quartiere gotico rubando il wi-fi dall’hotel vicino. Dopo una nottata fatta di sudore e chupiti di pessima qualità, alle sei di mattina ci ritroviamo sul balcone a celebrare la nostra giovinezza. Era un momento così bello che non poteva passare inosservato, almeno così sembrò a me. Andava festeggiato con il pezzo giusto. Mi allaccio al wi-fi dei vicini e digito su YouTube “Le mie amiche + La Pina”, a mio parere il pezzo italiano che ogni ragazza dovrebbe ascoltare per imparare che cos’è l’amicizia tra donne.
“Raga. Voglio dedicarvi un pezzo -il dito pronto sul play- è della migliore MC italiana mai esistita.”
Era fatta, avevo il mio pezzo e quel momento sarebbe stato ricordato da tutte per sempre, sarebbe diventato un aneddoto da inserire in una sceneggiatura dall’estetica mucciniana, l’avremmo ricordato ogni volta che ci saremmo ritrovate insieme a bere vino.
“Ma chi, Ambra Angiolini?”
Ok. Le mie vere amiche ci hanno messo un po’, ma io non ho mai avuto dubbi sulla risposta: la migliore rapper italiana è La Pina. E basta proprio ascoltare il brano “Le mie amiche” per capire i perché: glamour e cazzimma, femminismo e leggerezza, la Pina è quel cappotto rosa a cui nessuna donna sarebbe in grado di rinunciare, così eccessivo, così chiassoso eppure così effimero e squisito. Lo voglio.
Chi non conosce La Pina ha probabilmente vissuto sull’Isola dei Famosi ma senza usufruire dei quotidiani collegamenti con il mondo civile. Orsola Branzi, per tutti La Pina di Radio Deejay, è speaker, rapper, conduttrice televisiva e ideatrice di neologismi indispensabili nell’odierno vocabolario femminile come cessa a sonagli. Ma facciamo un passo indietro, un back in the days come si direbbe nella scena.
Nel 1988 Jovanotti pubblica “Jovanotti for President”, un disco che miscela diversi generi, con campionamenti che spaziano dall’house al rap, i cui testi in inglese vengono affidati all’energia del giovane Lorenzo. Il disco è un grande successo e grazie al suo carisma Jovanotti passa con naturalezza dalle stazioni radio alle ospitate in televisione. È fatta, Jovanotti è una star, ha fatto i soldi sfruttando la cultura black, ha appena tradito il rap. Dopo questo primo peccato originale, i padri della Old School italiana impongono la legge non scritta dell’identificazione totale del genere con le periferie e con i centri sociali, ma a queste purissime condizioni il rap è destinato a bruciare in fretta. Così, dopo il periodo delle politicizzate posse, nella prima metà degli anni '90 la scena italiana cambia nuovamente pelle: a Milano vincono le liriche scanzonate degli Articolo 31 e il romanticismo gangsta dei Sottotono, a Bologna troviamo Neffa e i suoi acidi Sangue Misto mentre il centro-sud pare ancora preferire il tono impegnato dei Colle der Fomento e di Lou X.
È proprio in questi anni a che Orola Branzi, figlia dell’architetto e Compasso d’oro Andrea Branzi e di Nicoletta Morozzi, oggi direttrice dell’area Fashion della Naba di Milano, entra in contatto con la scena hip hop milanese, ma è durante i seguenti anni dell’università a Bologna, la città della scena underground e degli incontri al centro sociale Kantiere, che entra a far parte del movimento in maniera attiva formando il gruppo femminile Le Pine.
Il gruppo non decolla così rimasta unica e trina Pina, Orsola inizia a collaborare con il gruppo OTR (Otierre) finendo a farne parte e ad aprire con loro il concerto dei Public Enemy. Nello stesso anno la Pina conosce e si innamora della radio. Nel 1994 l’hip hop sbarca a Radio Deejay, Albertino e J-AX conducono "Venerdì Rappa", il format radiofonico rap che diventerà celebre con il nome "One Two One Two", ritornato in radio nel 2012. Il programma vede l’alternarsi alla co-conduzione diversi mc di quell’epoca d'oro, da Neffa, ai Colle der fomento fino agli Otierre dove milita proprio La Pina. Dopo quella prima esperienza La Pina passerà a Radio Due per poi tornare su Radio Deejay nel 1999. Questa è la storia fino a oggi, ma cosa ha trasformato La Pina in un culto?
(Una foto di La Pina a Sarajevo, pubblicata sulla sua Pagina Facebook)
Il suo nome è la chiave di tutto. La articolo determinativo femminile singolare, non una tra tante, esattamente quella di cui parlo, e Pina, nome celebre nel cinema italiano dal personaggio della sottomessa moglie del ragionier Fantozzi. Le possibilità di sfondare con un nome del genere paiono improbabili, o forse no? Dalla fine degli anni '80, il panorama americano della scena hip hop si arricchisce di figure femminili dal nomi ad alto tasso d’impatto come Queen Latifah, Lil' Kim e Foxy Brown. Con questi tre nomi si crea una formula: il nome di una rapper femminile deve far venire i maschi nei boxer oppure deve incitare le donne a credersi delle regine e ad esigere rispetto dalla propria comunità. Ai tempi, una Patricia, una Kelly, una Jenny non avrebbero mai potuto reggere il confronto con i giocatori maschili, tutti Big Momma, Grande cazzo, Pistola lucida etc etc… Essere una qualunque nel pensiero del grande sogno americano non può funzionare, soprattutto nel mondo del rap: devi essere il primo a parlare bene di te e della tua merda, il primo a incensare il tuo lavoro, altrimenti gli altri non ci crederanno mai. Ma l’Italia non è l’America, così, all’interno di una scena ancora da consolidare, nel 1995 a intrecciare tra di loro le vite di molte fly girls dello stivale ci pensa “Il CD della Pina” che con questo nome così comune diventa il simbolo di una rete di pine sparse per tutta ltalia: donne e ragazze che amano la cultura hip hop e che sognano uno spazio tutto per loro. Quel nome così amichevole, ma così autoreferenziale (perché di Pina ne può esistere una e una soltanto), diventa la password di un network popolato da donne, anime affini a livello musicale, che vedono nella Pina la loro unica portavoce nel rap italiano, la loro migliore amica del cuore. Quel ragazzo ti ha trattato male? Oggi ti senti proprio da buttare? Basta mettere su “Il CD della Pina” per tornare ad avere voglia di uscire. Stile sciallato, voglia di essere sé stessa senza mai scendere a compromessi, testi leggeri e ben scritti che raccontano le giornate della Pina come se fosse al telefono con te. Il ritmo è piacevole e i testi si trasformano in chiacchiere sull’amicizia, sull’amore e sull’ego che ancora oggi, vent’anni dopo, sono così vere. Bingo.
Da allora, questo suo ruolo di miglior amica non l’ha mai abbandonata, nemmeno durante il passaggio da rapper a speakear radiofonica. Ancora oggi è facile sentirla ammettere di identificarsi con i suoi ascoltatori, sempre sinceri, a volte un po’ fuori di testa, mai perfetti e incasellati.
Tre anni dopo La Pina è pronta per il suo secondo album intitolato “Piovono Angeli” che racchiude alcune delle canzoni più belle del suo repertorio. Il suono si arricchisce di sfumature sempre più calde capaci di trasportare in atmosfere più seducenti, le collaborazioni diventano sempre più gustose, a partire dalla traccia che dà il nome all’album che vede il featuring di Tosca, fino agli amici Soul Kingdom che saranno presenti anche nel terzo album della Pina “Cora” uscito nel 2000. “Piovono Angeli” è il disco della maturità della rapper, ma non fraintendete questa mia uscita come una frase alla Vincenzo Mollica. La maturità di cui parlo io è quella amorosa: sfido chiunque ad ascoltare pezzi come “Piovono Angeli”, “Parla piano” e “Scegli me” senza essere rapiti da un tornado di emozioni simile al primo giorno di ciclo: si piange, ci si innamora, si ride, viene voglia di fare l’amore. Amiche innamorate, è impossibile non sognare ad occhi aperti ascoltando “Scegli me”, un inno all’amore, uno dei quei pezzi talmente giusti e romantici da farti cadere la maschera della stronza e da invogliarti a fare davvero qualcosa di reale per l’altra persona. È impossibile non esclamare wow sul passaggio Tu stai all'amore come San Gennaro a Napoli / come gli anni ai secoli / a Gesù i discepoli. WOW.
È vero, passano gli anni e gli album, ma con le amiche si parla sempre della stesse cose, amicizia, amore, sesso, rispetto e stile. Stile, perché La Pina è un riferimento di stile e personalità, e questa volta partiamo di abiti. Intelligente e coraggiosa, mai schiava delle tendenze, piuttosto attenta fruitrice naïf, capace di passare dalle Stan Smith al tacco Prada con assoluta eleganza, La Pina costruisce il suo stile eclettico sulle esperienze vissute e sul suo personale desiderio di non volersi mai sentire solo ben vestita o decorosa, ancora una volta mai una tra le tante. La Pina è la Miuccia dell’hip hop italiano e anche in questo caso non abbiamo bisogno di scrivere il cognome: come di Pina, di Prada c’è ne una sola.
Amichevole e inimitabile, un personaggio che oggi come allora unisce le donne -ieri solo le fly girls, oggi un target vastissimo- sotto un’unica bandiera: quella del desiderio di esprimersi, a noi la scelta se farlo attraverso una canzone o con una telefonata a Pinocchio, il programma che conduce da oltre dieci anni su Radio Deejay insieme al suo team. L’amica Pina è quella che crede sempre in te, è seria ma civettuola, pettegola ma mai ingiusta, è leader ma sa fare gruppo ed è sempre dalla parte delle donne, meglio se sono un po’ scoppiate. La Pina è una femminista di quelle che oggi i media definiscono moderne come Beyoncé, Amy Schumer o Olivia Pope. Donne intelligenti, divertenti e di successo che amano esibire la loro femminilità, il loro credo sociale o la loro voglia di leggere Novella 2000.
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L'articolo L'importanza di chiamarsi La Pina di Elena Mariani è apparso su Rockit.it il 2015-09-08 15:18:00
COMMENTI (1)
Ma perchè smise di rappare.....?
Piovono Angeli è una pilastro, un muro portante della discografia Rap ma in generale della Musica Italiana CANTAUTORALE.
Oltre ai brani da voi citati aggiungo IN MEDIA CI STO DENTRO.... pezzo meraviglioso con un Giuliano Palma che chao!
Che nostalgia.....
Ma che ne sanno i 2000....