Anche quest'anno l'Indie Pop Days ha puntato l'occhio su un italiano. Il festival indie pop berlinese arriva alla sua terza edizione e, dopo Le Man Avec Les Lunettes e Young Wrist, sceglie i Be Forest e li piazza come co-headliner della prima giornata. Sandro Giorello racconta.
A volte procedo per immagini. Spesso, quando vengo a Berlino, sto da una mia amica che magari in quel periodo è tornata in Italia e mi lascia la casa. La casa è più che particolare. La cucina, ad esempio: il piano di lavoro (dove c'è l'asse per affettare le cose, tutta una serie di spezie, le posate, il mobiletto con le tazzine) è ricavato appoggiando una porta (che in realtà non manca in casa, penso che l'abbiano trovata in giro) alla lavatrice. Il problema arriva quando fai la centrifuga: tutti i vasetti tremano, le tazzine tintillano, la pianta si agita, le spezie potrebbero rovesciarsi ma stranamente non cade nulla. Fissi questo mondo in miniatura che sta per esplodere in un caos tipo big bang ma che, alla fine, se ne resta dentro il suo perimetro rettangolare di un metro e mezzo per un metro. E' una bella immagine/metafora per persone che sembra abbiano un gran tumulto interiore ma poi quello che esce è una musica sfocata e fredda, che non si sposta di un millimetro dalla sua posizione rigida. I Be forest, insomma.
Sia chiaro, non sono stati impeccabili. Nonostante l'ottimo impianto del locale, il suono era poco compatto, la batteria sembrava di cartone, non picchiava come avresti voluto, mancava il reverbero, basso e chitarra non si guardavano, tre strumenti che andavano ognuno per i fatti loro. Anche Nicola a fine concerto me l'ha detto: “poteva andare meglio”. Poi, la voce di Costanza era sì eterea, fantasmatica, ma si perdeva nella sala. E va bene che Lei è obiettivamente bella, che suonava con gli occhi chiusi e poi li apriva di colpo fulminando chiunque (sembrava Karol Alt in quel film con Bud Spencer, "Un piede in Paradiso", qui e qui) ma non era sufficiente per restituire appieno quello che hai sempre riassunto con fascino quando ti riferivi a loro. Diciamo che il tumulto emotivo, il big bang sul punto di esplodere ma puntualmente frenato, tutte cose uscite solo in parte, erano un po' timidi, e Costanza tra un pezzo e l'altro parlava talmente piano che non capivi se dicesse “thanks”, “danke”, o semplicemente “grazie”.
Non è stato un brutto concerto, chiaro, quando Nicola si è spostato alla batteria (mi pare su “Florence” e su un altro paio) la velocità è aumentata e i pezzi quadravano meglio. E a prescindere dalle mie considerazioni, il pubblico era in delirio, ma sul serio: ad ogni canzone c'era una risposta formidabile, c'era vera attenzione, tanto che un minuto prima dell'inizio la sala era vuota e poi si è riempita appena hanno attaccato. E tenete presente che la maggior parte ha pagato 20 euro (all'entrata ho sbirciato la lista accrediti, era piuttosto striminzita).
Ad un certo punto mi giro verso la parete di finestre che occupava tutta la larghezza del locale, c'è la luna e il fiume che mi scorreva all'altezza del pavimento. Metto a fuoco sul vetro e trovo riflessi i tre che suonano e sembrano fantasmi. Bella immagine. Dopo il concerto Nicola mi dice: “sembra che il merchandise stia andando bene, speriamo, perché qui soldi: nulla”. Nonostante siate i co-headliner e che in locandina il nome sia bello grosso? Mi fa spallucce di risposta. Bella immagine anche questa.
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L'articolo Tra la lavatrice e il muro:: live report dei BeForest all'Indie Pop Days di Berlino di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2012-08-31 00:00:00
COMMENTI (2)
ti citano nei titoli qui eh @babolt :-)
Concordo sul fatto che abbiano suonato live migliori (es. a Bagnolo Mella un paio di mesi fa con i Drink to me, gran bei suoni). Va tuttavia aggiunto che il livello delle altre band era decisamente basso, ragion per cui alla fine ci han fatto un figurone. Bella la location, ma secondo me il fonico non c'azzeccava granché.