Le regole del videoclip perfetto

La rassegna cinematografica Indocili quest’anno ospita anche le registe Martina Pastori e Giada Bossi, tra le migliori a realizzare videoclip nella musica italiana. Ecco quali sono i loro segreti per farne uno che lasci il segno

Madame nel videoclip di "Aranciata"
Madame nel videoclip di "Aranciata"
25/09/2023 - 18:05 Scritto da Redazione

Il Cinema Beltrade è uno di quei posti unici all’interno di Milano. Una piccola sala nella zona della città che da qualche tempo ha preso il nome di NoLo, con un occhio dedicato ai film indipendenti e al cinema d’essai. È qui che si tiene la rassegna Indocili dell’associazione culturale Tafano, quest’anno alla sua terza edizione: 6 appuntamenti dal 26 settembre (già sold out, mentre ci sono ancora biglietti per l’appuntamento successivo, il 3 ottobre) al 23 aprile, per vedere in sala i film delle migliori promesse under 35 del cinema indipendente selezionati dall'associazione Tafano. Fiction, documentari, videoclip e animazione accomunati da tematiche e sensibilità affini.

Tra i nomi protagonisti di questa edizione ci sono anche Martina Pastori e Giada Bossi, due registe a noi note in particolare per la regia di videoclip di Madame, Ghali, Mecna, Fabri Fibra, Joan Thiele, Ceri e molti altri. Per l’occasione le abbiamo contattate, per farci raccontare come si sono avvicinate a questo tipo di medium e capire quali siano i segreti per realizzare un videoclip che lasci in qualche modo il segno.

Uno scatto dalla scorsa edizione di Indocili - foto di Vieri Dalla Chiesa
Uno scatto dalla scorsa edizione di Indocili - foto di Vieri Dalla Chiesa

Come vi siete avvicinate al mondo dei videoclip?

Martina: Da teenager mi occupavo di fare video reportage ad eventi, concerti e festival. Ero affascinata dall'ambito musicale e dal mondo brulicante e vivo che ci stesse dietro. Volendo compiere lo step successivo iniziai a fare piccoli videoclip a band di amici, che, nei mesi e negli anni, tramite passaparola e visibilità esponenzialmente sempre più grande, sono diventati artisti più noti. E' stato un processo lungo, tortuoso e inaspettato, dove ho imparato sbagliando, sperimentando, cercando di capire, con umiltà, e a forza di strafalcioni (e alcuni colpi azzeccati), l'industria delle major musicali.

Giada: Il mio primo approccio è stato come spettatrice, avendo guardato numerosi video di tutti i generi. Sono sempre stata affascinata dalla sinergia tra immagini e musica nei video musicali. Ho cominciato come videomaker, dotata di un piccolo set di attrezzature, accettando qualsiasi tipo di lavoro, dai matrimoni alla copertura di eventi, al fine di pagare scuola e spese. In quel mix, il mondo dei video musicali rappresentava un'opportunità per esprimere la mia creatività in modo relativamente libero. Ho iniziato con budget minimi o addirittura senza budget, lavorando per amici o artisti che incontravo in progetti "commerciali", cercando sempre di migliorare e lottando con le limitate risorse a mia disposizione per ottenere qualcosa che si avvicinasse al mio gusto personale.

Martina Pastori
Martina Pastori

Qual è stata la vostra primissima esperienza nel campo dei videoclip? E l’ultima?

Martina: Premetto che ci sono stati 3/4 anni dove cercavo di imbastire video con risorse inesistenti, aiutando come dicevo prima, band di amici e conoscenti: sono stati degli anni stimolanti e divertenti, ma purtroppo non mi procacciavano da vivere. Il primo vero e proprio videoclip, con un'etichetta e un budget, è stato nel 2015: Pace, di Mecna. Sono molto soddisfatta di quel video, anche a distanza di quasi un decennio. L'artista mi ha dato fiducia, e una completa libertà creativa. Mi ricordo che ho ri-investito tutto il budget per creare un video narrativo itinerante, nelle Dolomiti, utilizzando per la prima volta una camera 'adulta' (alexa studio) e un drone. Mi sono recata con un van e una piccola crew di ragazzi che mi hanno aiutata, tra cui Anna Adamo ed Edoardo Bolli, tutt'ora il direttore della fotografia con cui lavoro spesso. L'ultimo videoclip a cui ho lavorato è Aranciata, di Madame, che, per coincidenza, è strutturato più o meno alla stessa maniera: una storia dallo stampo narrativo/documentaristico, cosa quasi l'assenza dell'artista all'interno del video. È stato girato anch'esso in natura, fra le cascate di Ferrara e i boschi del varesotto.

Giada: La mia primissima esperienza credo sia un ormai disperso video in stop motion e passo uno, fatto al liceo artistico nell’ambito di un laboratorio creativo. Un bel pastrocchio visivo da quel che mi ricordo. Ma è stata Joan Thiele, talento incredibile e da allora una delle mie amiche più vicine, la prima artista a notarmi e a dare fiducia a me e la mia SonyA7s, condividendo gli inizi, i sogni e i progetti. L’ultimo è Quattro pareti di Arssalendo, un altro progetto che porto nel cuore, e per il quale non finirò mai di ringraziare il team di persone incredibili che vi hanno lavorato e l’hanno reso possibile. 

video frame placeholder

Quali sono le affinità e le divergenze con le altre forme di audiovisivo, e il cinema in particolare? Qual è la peculiarità di lavorare su questo formato?

Giada: Lasciando un attimo da parte la pubblicità, dove fare regia si tratta fondamentalmente politica e vendere al meglio un brand o un prodotto in una manciata di secondi, nei videoclip la stella polare è il brano, la traccia, e credo che il video, nella sua totalità, debba asservire principalmente a questo: i dialoghi sono rari e minimi, il tempo e il ritmo sono dettati dalla musica e, per quanto esistano video album o sperimentazioni con la dilatazione del brano, comunque si è vincolati a una struttura musicale, a un bpm, a dei suoni e delle atmosfere specifiche. Anche se si parla di un videoclip narrativo, questo non prescinde dal brano. Nel mondo cinematografico invece è il contrario, tutto deve servire alla storia, a raccontare, e anche la musica deve essere subordinata a quello. Il ritmo e il respiro sono diversi. In modo specifico nel cinema di finzione, il lavoro con gli attori è totalmente differente e fondamentale, fa il film, corto o lungo che sia. Il montaggio, la fotografia, i movimenti di camera. Tutto deve funzionare intorno alla storia e per la storia, lasciando perdere manierismi fine a se stessi.

Da quando ricevete la canzone alla consegna del "prodotto", come funziona (in sintesi) il vostro processo? È sempre uguale o caso per caso lavorate in maniera diversa?

Martina: L'approccio ad ogni videoclip è diverso, e dipende dall'interlocutore che si ha davanti.  In fase embrionale di solito faccio una breve ricerca sull'artista (se non lo conosco) e cerco di capire quale sia la sua vibe, le sue intenzioni, il suo passato, per non snaturarlo con idee totalmente fuori rotta. Dopo aver ascoltato il pezzo, prima di iniziare la scrittura dell'idea, è essenziale confrontarsi con l'artista e il suo team, per capire cosa hanno in mente. A volte si affidano alla visione del regista e ci permettono di proporre e sperimentare, a volte invece hanno gia le idee molto chiare su cosa vorrebbero mettere in scena. Talvolta è un back-to-back, dove si aiuta ad indirizzare l'artista in una direzione che si pensa gli sia più consona e che possa valorizzarlo al meglio, arrivando ad una via di mezzo che soddisfi entrambi. Poi le variabili sui processi sono infinite: budget/tempi/compatibilità con l'artista etc etc.

Giada: La fase di ideazione è la principale. Lavoro molto con l'artista, cercando di capire se esiste un terreno comune in cui il mio immaginario e il suo possano incontrarsi. Prima di tutto, la traccia. Il brano deve prendermi e darmi qualcosa, e da qui nascono le prime idee, ma sempre cercando di avere un principio di concretezza rispetto alle risorse a disposizione compromesse. Poi scrivo, raccolgo references, faccio un trattamento più approfondito possibile, in alcuni casi un vero e proprio script. Da lì la produzione, coinvolgimento delle figure creative, casting, scouting, e shooting. Cerco di tenermi dei tempi più dilatati possibile, soprattutto per la preparazione e per il montaggio. Se non si hanno troppe risorse economiche, il tempo diventa la cosa più preziosa.

Giada Bossi
Giada Bossi

Ci dite tre videoclip che per voi rappresentano un modello per qualche motivo?

Martina: Windowlicker di Aphex Twin, All is Full of Love di Bjork, Yo Mama di Fatboy Slim.

Giada: Non posso non citarne almeno quattro.

Einstürzende Neubauten - Sabrina (2000) di John Hillcoat: Questo è decisamente uno dei miei preferiti. Che traccia, e che video perfetto per quella traccia. Grezzo, oscuro, minimale, straziante, grottesco. Piccole azioni raccontano che parlano del diverso e del cercare di adattarsi a un mondo che nemmeno ti nota. Ed è così reale. La sua recitazione è autentica. Il modo in cui è realizzata la protesi è semplicemente perfetto. Il modo in cui la location piange praticamente insieme a lui mi commuove ogni volta.

DJ MEHDI - Signatune (2006) di Romain Gavras: mi ha colpito davvero. Un mix letale di documentario e messa in scena, un'immersione profonda nella passione ossessiva del protagonista. Periferia, arroganza, adrenalina, auto da tuning, baci tra tenerissimi tra genitori non più giovani, una forte fede. Cos'altro?

Flying Lotus - Never Catch Me ft. Kendrick Lamar (2014): ho pianto guardando questo video, mi ha dato un grande sollievo in un momento specifico della mia vita, con la sua prospettiva leggera e sincera sulla morte. Visivamente stupefacente, un cast incredibile e quell'ultima inquadratura silenziosa è tutto. Dopo averlo visto, ho desiderato girare video musicali.

Oneohtrix Point Never - Boring Angel (2013) by John Michael Boling, per la serie video fatti con nulla: puro ed essenziale storytelling.

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L'articolo Le regole del videoclip perfetto di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-09-25 18:05:00

Tag: videoclip

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