Ciascuno ha la propria idea d'estate. Tolti tutti i balli di gruppo latino-americani, che suscitano certo interesse in insospettabili – vedi Nanni Moretti in Caro Diario –; tolta l'infinita trafila di hits "porzione singola", che intasano l'etere da che ne abbiamo memoria; tolti i Festivalbar o chi ne fa le veci; tolti i Righeira di Vamos a la Playa e L'Estate sta Finendo e la dance anni '90 che, di anno in anno, sembra avvicinarsi sempre più nell'immaginario collettivo all'idea di perfezione; tolti il reggae e il reggaeton: ciascuno se la figura come meglio crede, l'estate.
Un mio ex-collega di Rumore la ritrova nelle foto promozionali del secondo disco degli Syle Council, Our Favourite Shop. Uscito nel giugno del 1985, costrinse Paul Weller e Mick Talbot ad abbandonare i pullover annodati sulla giacca, i cardigan e gli impermeabili beige con foulard stretti intorno al collo, a favore di polo dalle tinte pastello su pantaloni bianchi o poco raccomandabili pantaloncini scozzesi. La (ri)definizione, appunto, di uno stile. Musicale ed estetico. Il mio collega ne rimase così affascinato e stravolto che, mi disse, ancora oggi lui l'estate se la figura così: con il Paul Weller del 1985 intento a sorseggiare felice e accaldato un mojito all'anguria sulle pagine di una rivista comprata a diciott'anni.
Personalmente sono molto più fumoso. Ho molte idee di estate. Ko de Mondo dei C.S.I. ascoltato in loop sulla sdraio a casa di mio zio Piero in Sicilia, nel 1994; l'estate in cui mi impuntai che il mare è meglio viverselo senza andarci. Kill 'Em All registrato di straforo da Luigi sul lato B di una cassetta il cui lato A prevedeva un Ma Cosa Vuoi Che Sia Una Canzone, destinato con affetto da suo fratello Stefano a mia sorella e mai giunto a destinazione. Così, mentre il sogno di un amore estivo s'infrangeva sui riff di Metal Militia, io scoprivo una delle mie canzoni preferite del Sig. Rossi: Ed il Tempo Crea Eroi. E ancora: You Fat Bastards dei Faith No More nell'agosto del 1990 consumato in VHS; i Litfiba allo stadio Maino nel settembre del 1991, quando ci scappò il morto; Jon Spencer vestito interamente di pelle dieci anni dopo; l'Italian Party di Umbertide, in tempi recenti. Insomma, tanta roba. Se pensate che tutto questo faccia un po' Il Favoloso Mondo di Amelie, vi prego di non immaginarmi con la frangetta. Se pensate faccia un po' Robespierre, immaginatemi vestito meglio di Max Collini.
Un capitolo a parte, però, lo occupa The Album dei Bluebeaters di Giuliano Palma, pubblicato nel 1999. Quell'anno, nel numero di luglio/agosto, l'ormai defunto Rockstar pubblica un trafiletto intitolato Un'estate Ska: rettangolino incorniciato a scacchi bianchi e neri, foto B/N di Giuliano Palma con i suoi due bull terrier. L'articolo ha un effetto straniante. Al suo interno riferimenti atavici alla Blue Beat Records, ovvero una tra le prime etichette Ska negli anni Sessanta, e l'invito ad andare sul sito della band, "www.blue-beaters.com", per acquistare il disco "a sole 28.000 lire". Leggo e immagino da qualche parte nell'Universo Musicale un'ipotetica collisione tra la presa bene degli Statuto e la lungimiranza di Claudio Cecchetto.
Soprattutto, sono entusiasta all'idea che qualcuno abbia deciso di riprendere il suono e gli ideali di Specials, Madness e Selecter in un contesto storico dove a farla da padrone sono le manie suicidare del nu-metal. Bene. Bravi. Bis. Come dite? Che nel 1999 erano almeno cinque anni che la scena punk di scuola Rancid scodellava omaggi allo Ska? Ok, segnato. Ora però potete pure smettere di leggere perché qui si parla d'altro. Qui si parla di Ska. Qui si parla di stile. Altro che di matita nera sotto gli occhi, piercing e bermuda, con buona pace degli Shandon.
Il manipolo di stelle che si cela dietro The Album di Giuliano Palma & the Bluebeaters, quando arriva alle mie orecchie, è diventato un firmamento. Da quando, nel 1993, l'allora King dei Casino Royale si è incontrato con i Fratelli di Soledad, uno dei più riusciti tentativi di ricreare una via italiana allo ska, molti entrano a far parte della gang, tra cui Paolo Parpaglione e Cato Senatore dei Loschi Dezi, Mr. T-bone e Bunna degli Africa Unite e Count Ferdi dei Casino Royale. "Siamo nati come one night band per un concerto a Torino nella primavera del 1994", ammetteva ironico Giuliano: "Abbiamo mantenuto la promessa per cinque anni, non potete lamentarvi!". Promessa infranta con un tour di venti date tra il 1998 e il 1999 che spinge i nostri a inventarsi un'etichetta, la King Size Records, e a incidere questo disco.
Io andai a vederli al vecchio Tenax di Firenze, a pochi chilometri dal Arno. Un parallelepipedo dall'aspetto di un albergo per camionisti, non a caso ex-Casa del Popolo. In quegli anni il Tenax era una venue esplosiva, ci suonavano quasi tutti, dai Radiohead a Tricky. Per i Bluebeaters il locale ha a stento settecento paganti su un ipotetico sold-out di mille e cinquecento. Bene ma non benissimo. Tra i presenti due futuri Baustelle e uno che mi chiede almeno sei volte se ho dell'erba. Il caldo ci uccide tutti.
Gli otto, stilosi sul palco, si presentano con un sound ondeggiante, ballabilissimo, come capiscono fin da subito quelli delle file sottopalco, ma anche caldo e malinconico come solo certe sere d'estate sanno essere con noi eterni sognatori, che non ci fermiamo alle apparenze. Non ci piove che sia un progetto per dare libero sfogo alla passione e ad uno stile che non è più suonato in molti dei gruppi di appartenenza. La scaletta è molto particolare: si spazia da Wonderful Life di Black alle colonne sonore di I Don't Know Why I Love You di Forrest Gump e Shot In The Dark di Mancini; in mezzo Skatellities, hits rocksteady e un titolo tra i più belli di Bob Marley, Coming From The Cold.
Al termine del concerto avvicinai Bunna al bar. Mi disse, e parlò a nome di tutti i Bluebeaters: "Noi facciamo più che altro qualcosa col cuore. Non abbiamo iniziato questo progetto con l'intento di lanciare una moda, ma di avvicinare le persone a un genere che amiamo. La tua maglia dei NIN lo dimostra!". Un Pensiero d'Amore, come poi si troveranno a (re)incidere anni dopo, su un altro disco.
Ciononostante la miccia quella sera era già innescata e da lì a breve sarebbe scoppiato "Il caso Bluebeaters", come titolò La Repubblica in un articolo più che entusiasta pochi mesi dopo. Colpevole il video di Che Cosa C'è, realizzato con la partecipazione di Gino Paoli, in alta rotazione sulle Tv musicali. Seguì una seconda edizione del disco con i due inediti – oltre Che Cosa C'è, Domani, sempre con Paoli – e un contratto discografico con la V2 di Underworld e Mecury Rev a sottolineare l'andazzo. Da qui il delirio. Comprensivo della svolta Un'Estate Fa dei Delta V per BMG Ricordi e, soprattutto, un infinito nuovo stuolo di gruppi insostenibilmente ska-ndalosi e ska-denti, intenti a ska-ssare i cosiddetti con cover di qualsiasi cosa passasse il convento. Immuni allo scempio, ovviamente, gli originali.
Poche uscite, cinque in vent'anni, calibrate e per bene – proprio nel senso della creanza. Per assurdo, nel maggio del 2005, l'inglesissimo New Musical Express pubblica un intero articolo intitolato The Summer Of Ska. Pagina incorniciata da scacchi bianchi e neri, e foto B/N di Ordinary Boys, Hard-fi ma anche dei meno celebrati Dead 60s e Burningpilot. Tutti sbarbelli, con un'età compresa tra i 18 e i 25 anni. Parlano di un'infanzia "segnata dai Madness" che fuoriescono dagli impianti di mamma o papà, parlano di concerti frequentati "anche da normali", parlano del loro "amore per i Ramones" o "per Stevie Wonder".
Se non fosse un articolo sullo Ska sembrerebbe quasi che lo Ska gli stia un po' sul culo. Che gli sia piovuto dal cielo. Li vedo e vedo su un manipolo di kids tirati su a Guinness e Mtv. Un piccolo esercito fatto in serie, coi piedi per terra e la testa alle arene dei Kasabian o degli Oasis. Cultura basica, nessun background di cui vantarsi, nessun retaggio storico da approfondire, nessun divertissement che non sappia più d'astuzia che di colpo di genio, come invece traspare in Giuliano Palma e i suoi Bluebeaters: solo facce sbarbate e outfit giusto per "Cool List" di fine anno.
Piace dirlo: per una volta mi sento contento di essere nato in Italia.
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L'articolo L'estate del "caso Blubeaters" e del trionfo dello ska in Italia di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2020-08-19 13:30:00
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