Luchino non ha visto la Luce

Luchino Luce ha 24 anni e si definisce il “Nuovo Maschio”, come il titolo del suo ep. Ama Il signore degli anelli e gli psichedelici, sembra un mix tra Pop X e tutte le musiche del mondo, racconta un sacco di storie assurde e ha un’adorazione per Padova. È il momento di farci quattro chiacchiere

Luchino Luce è il Nuovo Maschio
Luchino Luce è il Nuovo Maschio

Luchino Luce è un cantante padovano, classe 1998 e la sua città natale se la porta anche nel medaglione in copertina del suo ultimo ep dal titolo Nuovo Maschio. Citiamo dalla sua biografia: "Genitori, fratelli, parenti, amici, scuola e quartiere normali. Ama la geografia, la recitazione, il signore degli anelli e gli psichedelici". Ecco, potremmo fermarci qui con la descrizione, perché Luchino è un personaggio tanto autentico quanto assurdo.

Un mix tra Pop X, dream pop, post trap, musica latina, elettronica e tutto quello che passa dal suo caos, per un artista con un approccio multidisciplinare, che scrive, canta ma è anche direttore artistico  e regista. Nel suo disco racconta del Veneto e di Milano, del suo mondo spirituale, delle allucinazioni, delle canzoni napoletane, della chiave per il futuro del pop.

"Durante il covid ho smesso di far musica, o quasi. Ci si trovava in garage da me. Si tirava fuori un beat trap da youtube e tutti dovevano scriverci le peggio porcate. Io facevo finta di essere un insegnante di acquagym e la mia top line tra bestemmie e insulti era: 123 Luchino, muovi il bacino. E tutti giù a ridere". Il momento è adatto per farci quattro chiacchiere e conoscerlo meglio.

 

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Quali sono le caratteristiche del Nuovo Maschio? Quando hai iniziato a concepire questa figura?

E’ un maschio che ha preso la sua mascolinità e l’ha resa nuova. I movimenti di emancipazione stanno rendendo molti maschi tradizionalisti ancora più chiusi e rigidi, perché si sentono giudicati. A me questo non torna. Da lì ho concepito questa figura mascolina, aggressiva e demoniaca, che nasconde però un lato più morbido e femminino. E’ un unire i mondi, invece che segregarli.

Etero-non binary, tamarro-intellettuale, nostalgico-futurista, credente-ateo. Come si legano questi opposti?

Si legano perché credo in tutto e nulla allo stesso tempo. E non lo faccio apposta, credo sia la mia natura. Sono genuino solo nella contraddizione, nell’ambiguità. 

Chi è Alexander? Che preghiera araba canti nel ritornello?

Alexander purtroppo è un segreto e non ho voglia di condividerlo. E’ una cosa che mi è successa. La preghiera invece è del Corano, si chiama l’Al-Fajr, ovvero l’Alba.

È un brano in cui parli delle tue credenze, di religione, di astrologia e spiritualità. Qual è il tuo rapporto col divino?

Qualcuno mi parla e qualcosa mi guida. Non so spiegartelo bene a parole, sono delle sensazioni che mi porto dietro costantemente. Ma non sono stati i tarocchi o i segni zodiacali a rendermi così. E’ stato il mio approccio alla vita. Durante il lockdown ho usato il corpo per esplorare la realtà. Ho dei video di archivio pieni di mie urla, sangue, convulsioni. Creavo rituali. Ho sempre saputo perché lo facevo. Ho solo posto la mia attenzione dove la gente non guarda. E’ così che ho scoperto queste cose.

Da che trip nasce Leone?

Stavo sulla tratta Amsterdam-Utrecht dopo un trip di allucinogeni e scrivevo cose a caso sulle note del cellulare. È nata da lì Leone. Mi intrippavo a guardare il tattoo
che ho sulle mani e credevo fossero stigmate. Chiudevo gli occhi e camminavo per Eboli, il paese di mio padre in cui secondo un libro Cristo si è fermato. E’ una
canzone-preghiera.

In che modo il Veneto ti ha salvato?

Perché la provincia è noia assoluta e così sono nate cose originali. Nella desolazione sono diventato pazzo e nella pazzia sono diventato Luchino.

Padova è centrale nel tuo ep: che rapporto hai con la città? E dopo che ti sei trasferito a Milano come la vedi?

Padova è mia madre simbolica, una figura fredda e nostalgica. E’ stata soprattutto la mia adolescenza. La porto su di un medaglione  perché non è più un rifugio fisico per me, quanto un’accozzaglia di ricordi condivisi con gente che non vedo più. A Milano non ci penso alla mia città natale, perché qui
sono al 100% a casa e sono felice di poterlo finalmente dire.

In Nuovo Maschio ci sono diversi paesaggi che si fondono. Cosa unisce Padova, Eboli, Milano e l’Olanda (e forse qualcos’altro che mi sono perso)?

Non ho idea di cosa colleghi tutto ciò che dico e faccio. Anzi, non lo voglio sapere. E’ il grande mistero che non ho voglia di risolvere. Accettare il caos è stata la scelta migliore dei miei vent’anni.

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L'articolo Luchino non ha visto la Luce di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-06-24 09:48:00

Tag: album

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